Milena (Kate Chill) abbandona la città per l’outback australiano cercando di riallacciare i rapporti con il padre malato (Daniel P. Jones), burbero minatore in convalescenza dopo un infarto. Sommersa in una natura arida ma comunque piena di vita, farà la conoscenza degli altri anziani minatori che proprio come il padre quasi dimenticato, cercano la fortuna nella variegata luce delle pietre di opale, ma le insegneranno anche a godere della libertà che una vita più modesta comporta.
Presentato nella sezione Biennale College della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, con Strange Colours la regista Alena Lodkina entra in punta di piedi nella storia privata dei suoi personaggi, con la grazia di chi non vuole rovinare piccoli preziosi momenti, sfuggenti come il colore dell’opale, che nel film si trasformano in piccole epifanie dei vari protagonisti: Milena disprezza quei luoghi lontani dalla civiltà e non crede che qualcuno oltre quei vecchi minatori possa apprezzarne la naturale vitalità, ma quando conosce Frank, più giovane degli altri minatori e stretto collaboratore del padre, è attratta dal suo sguardo enigmatico e curiosa di trovare un nuovo amore; Frank d’altro canto, è costretto a rivedere la sua vita quando si trova davanti questa giovane donna, ed è combattuto tra una possibile felicità futura e il suo passato tormentato da un incidente stradale in cui morì un ragazzo; il padre Max deve ora combattere con un grave stato di salute e un ladro che si intrufola nella sua miniera per rubare pietre di opale, ma si rende conto che il tesoro più prezioso che possiede è il dente da latte di Milena, nonostante i loro rapporti siano freddi da tempo. Tutte queste storie si incontrano e si scontrano nel bel mezzo della natura australiana, vero e proprio personaggio, che ribadisce la solitudine anelata da tutti quei personaggi, ma anche la libertà che appartiene solo a loro, lontani da quel capitalismo che nel resto del mondo scandisce inesorabilmente le giornate.
Alena Lodkina sceglie per questo una regia asciutta, quasi documentaristica, che non si intrometta nei delicati rapporti dei personaggi, che vivono nella dualità continua di desiderare qualcosa, come un rapporto amoroso o un affetto paterno, e respingerla improvvisamente.
Il film forse perde di intensità nei silenzi fin troppo lunghi, nei dialoghi aridi come la terra australiana, che non aggiungono pathos alla storia e giungono a un finale che se non può dirsi scontato, non è comunque d’impatto. Allora, forse, la regista è stata fin troppo delicata, lasciando che tre protagonisti taciturni riempissero così tanto le inquadrature, facendo però venire meno la giuste coordinate da dare allo spettatore, che si trova escluso dalle dinamiche intime e dalle lotte che ogni personaggio, Melina su tutti, compiono nelle loro menti.
Potete vedere Strange Colours su Festival Scope, la piattaforma che rende disponibili in streaming e in contemporanea i film dei grandi festival, compresi quelli di Venezia 74.
Venezia 74 – Strange Colours: in Australia tra i minatori (recensione)
Di Elena Pisa
Alena Lodkina presenta la sua pellicola prodotta da Biennale College alla 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.