È la clandestinità di un rapporto sessuale il motore narrativo di Disappearance di Ali Asgari, talentuoso cineasta di Teheran che presenta la sua ultima fatica all’interno della sezione Orizzonti della 74. Mostra Internazionale D’arte Cinematografica di Venezia. Al debutto nel lungometraggio Asgari propone l’odissea di una coppia che fa i conti con le contraddizioni dell’Iran contemporaneo, promettendo faville ma perdendosi lentamente.
La necessità di nascondere la perdita della verginità della protagonista, oltre che interrompere la ben più urgente emorragia vaginale in corso, si scontra con i vincoli di una tradizione secolare ormai calcificata e divenuta legge che ostacolano un rapporto che nella cultura occidentale non sarebbe stato stigmatizzato. Si assiste allora al girovagare dei giovani amanti da un ospedale all’altro, senza una meta precisa, in cerca di una soluzione che prima passerà per la menzogna (la ragazza dirà in ospedale di essere stata stuprata), poi per la ricerca di una clinica privata che possa eseguire l’intervento chirurgico e infine arriverà con un espediente narrativo che lascia l’amaro in bocca per faciloneria e falsa profondità.
Se infatti i primi minuti di Disappearance si distinguono per la capacità di coinvolgere lo spettatore in virtù di un automatismo sospeso tra il detto e il non detto che crea tensione, la reiterata richiesta di aiuto in ospedale e la seguente risposta negativa (per l’intervento chirurgico serve provare che la coppia sia sposata) arrugginiscono gradualmente questo meccanismo, così come il rapporto tra i due amanti.
La camera a mano si esercita dunque in un costante pedinamento dei protagonisti, spesso ripresi di spalle con un particolare gusto per il piano sequenza, il che – in assenza di un contenuto sufficientemente articolato – resta una delle qualità più apprezzabili della pellicola.
Ma ciò che si osserva sullo schermo pare confezionato per l’esclusiva fruizione da parte di un pubblico occidentale ed è questo il principale difetto del film: l’intento eccessivamente divulgativo che traspare in ogni fotogramma sembra dover assolvere alla funzione di finestra su un mondo che il cineasta obbliga ad esplorare con un approccio educativo, tanto da influenzare l’intera opera. Le contraddizioni del paese vengono infatti rese troppo plastiche nelle scene in cui si mostrano i protagonisti alla ricerca di una soluzione al problema – causato dai costumi arcaici dell’Iran – per mezzo dell’utilizzo di strumenti modernissimi come lo smartphone; lo stesso problema si avverte anche quando il regista mette in evidenza la contraddizione di una città notturna dai mille colori ancorata però a tradizioni fuori dal tempo. E’ un contrasto che funziona ma la sensazione è che lo si faccia con fin troppa insistenza, quasi a voler abbandonare il piacere della narrazione in favore di uno schema da docu-film. Sempre in questo senso non possiamo non considerare l’utilizzo della musica, totalmente assente se non fosse per quei due piccoli inserti radiofonici di genere smaccatamente pop di stampo occidentale che confermano il didascalismo dell’opera di Asgari.
L’arco temporale, ridotto qui in una notte, segue le sempre più precarie condizioni di salute della ragazza per creare il giusto senso di corsa contro il tempo che alimenta la vicenda, vero punto di forza del racconto per come è ben dosato. Resta allora il rammarico per un prodotto potenzialmente dirompente che tuttavia sembra non voler intraprendere un percorso netto: quando la descrizione/lezioncina sociale prende il sopravvento, la pellicola iraniana prende una piega disomogenea non del tutto convincente sfruttando soluzioni narrative banali, forse perché figlia della troppa attenzione prestata alla descrizione del contesto che trascura il testo vero e proprio.
Potete vedere Disappearance su Festival Scope, la piattaforma che rende disponibili in streaming e in contemporanea i film dei grandi festival, compresi quelli di Venezia 74.
Venezia 74 – Disappearance: l’odissea di una coppia iraniana (recensione)
Presentato nella sezione Orizzonti, il film di Ali Asgari racconta una vicenda che mette in evidenza le contraddizioni dell'Iran.