Negli ultimi anni sta succedendo qualcosa di molto interessante nell’industria cinematografica: finalmente qualcuno nel mondo ha deciso di riesumare il concetto di film di genere e ha cominciato a girare pellicole di un certo spessore che rimangono però ancorate a concetti che il mondo della Settima Arte sembrava voler dimenticare. L’apice si è raggiunto nel 2015 quando George Miller ha insegnato cinema a tutto il mondo con Mad Max: Fury Road facendo incetta di premi agli Oscar, mancando di poco (e ingiustamente) la statuetta per il miglior film ma la lista di pellicole di genere di grande valore è sempre più ampia e copre l’intero panorama internazionale. In Italia, tanto per citarne un paio, abbiamo avuto l’exploit di Non Essere Cattivo e Lo Chiamavano Jeeg Robot, il panorama horror ha sfornato titoli pregevolissimi come It Follows o Man in the Dark, abbiamo assistito al ritorno insperato delle home-invasion con La Notte del Giudizio e la fantascienza è tornata alla ribalta con Interstellar prima e Arrival dopo (a proposito di Villeneuve, manca poco all’uscita di Blade Runner 2049). Non è così facile spiegare a cosa sia dovuta questa improvvisa attenzione di pubblico e critica per un certo tipo di cinema, ma forse l’enorme esplosione del revival anni ’80 ha avuto un certo peso (per informazioni chiedere a Steven Spielberg che uscirà in sala nel 2018 con il suo Ready Player One, un film che attinge a piene mani dalla cultura pop degli eighties).
Questa analisi preliminare, per nulla esaustiva ma su cui si potrebbe discutere a lungo, a cosa serve? Serve a contestualizzare l’uscita di Atomica Bionda, l’ultima fatica di David Leitch. E, per la cronaca, Atomica Bionda è un film d’azione fatto davvero come si deve, ambientato alla vigilia del crollo del muro di Berlino nel 1989.
Quella raccontata è una storia di spionaggio internazionale, fatta di doppi e tripli giochi, in cui opera Lorraine Broughton (Charlize Theron, protagonista e produttrice del lungometraggio), agente dell’MI6 incaricata di prendere contatto con Percival (James McAvoy), agente inglese con base a Berlino, per trovare un orologio in cui è contenuta una lista delle principali spie del mondo che, nel caso cadesse nelle mani sbagliate, potrebbe determinare l’esito e la durata della guerra fredda. Lorraine ha anche un secondo obiettivo: deve scoprire chi è Satchel, una spia che sembra essere legata alla più grande fuga di notizie classificate di sempre.
Andiamo per gradi: Atomica Bionda è un film d’azione duro e puro, girato da un regista che è al suo secondo lavoro dietro la macchina da presa (nonostante annoveri nel curriculum anche un’esperienza da regista di seconda unità nella trilogia di Matrix) ma che di esperienza nel cinema action ne ha da vendere. Leitch infatti ha alle spalle una lunghissima carriera come stuntman e coreografo di stunt, e a quanto pare serviva proprio un cascatore per ricordare al mondo intero come vadano fatte certe opere, perché per anni sembrava quasi ci fossimo dimenticati che il principale obiettivo di un action è quello di intrattenere e Atomica Bionda lo fa in maniera superlativa.
Due ore di inseguimenti, botte da orbi, tradimenti, botte da orbi, spionaggio spietato, botte da orbi, retate di polizia e ancora botte da orbi, con un ritmo serratissimo ed incalzante che sembra non voler lasciar quasi mai rifiatare lo spettatore.
Calato in un’ambientazione curata maniacalmente e in un’estetica splendidamente anni ’80, giocata sul contrasto nettissimo tra gli esterni spogli e freddi di una Berlino alla vigilia del crollo del muro e l’esplosività degli interni ipersaturi di luci al neon coloratissime, Atomica Bionda è un film fatto di continui eccessi.
Leitch ha pochissimi concetti da snocciolare e non si perde in chiacchiere, quindi poco importa se la pellicola poggia su una serie di cliché abbastanza ingombranti dello spy movie (ma dopotutto un annunciatore della televisione tedesca ad un certo punto pone l’interrogativo “il sampling è una forma d’arte o è da considerarsi plagio?”), il suo intento è solo quello di far divertire il pubblico e mostrare tutta la violenza provocata da una serie di risse, spingendo sull’estrema fisicità espressa dalle coreografie. Ogni pugno, calcio o schiaffo viene sottolineato con forza dalla cinepresa, quasi come se il regista volesse far provare gli effetti di ogni colpo sulla pelle dello spettatore. Non a caso Leitch inserisce un meraviglioso piano sequenza di cinque minuti in cui Lorraine massacra di botte un agente del KGB in una piccola stanza dove qualsiasi oggetto viene trasformato in arma non convenzionale. La macchina è lì, non stacca mai lo sguardo e anzi si tuffa in mezzo alla colluttazione, schivando e incassando ogni singolo colpo sferrato o ricevuto dalla protagonista. È proprio questa la forza di Atomica Bionda, il fatto che non stacchi davvero mai e che in due ore mantenga il ritmo altissimo, nonostante una narrazione decisamente macchinosa e un po’ ingenua. Una ricetta molto simile a quella che decretò il successo di John Wick, di cui Leitch è co-creatore e co-regista (non accreditato per motivi sindacali) insieme a Chad Stahelski.
Purtroppo il dinamismo dell’opera non è supportato dalla sceneggiatura, non impeccabile perché si aggroviglia nella seconda parte conducendoci ad un finale che sembra non arrivare mai. Non per noia, sia chiaro, ma perché ad un certo punto la trama è talmente intricata che ci vorrebbe davvero troppo tempo per sbrogliarla senza creare pasticci giganteschi, considerando anche il fatto che il racconto attraverso flashback, funzionale alla scialba chiusura del film, tende ad alimentare questa sensazione.
Ma anche in questo caso è difficile muovere grandi critiche a Leitch e Kurt Johnstad (sceneggiatore anche di 300 e Act of Valor), perché giustamente possono sviare l’attenzione sui difettucci dello script grazie a Charlize Theron. Già, perché il più grande punto di forza di Atomica Bionda è proprio l’atomica bionda che lo interpreta, qui più in forma che mai. Charlize Theron è la protagonista perfetta, perché ogni volta che appare in scena si divora chiunque le stia vicino: è bella, ma bella da morire e nonostante meni come un fabbro rimane estremamente femminile. Non siamo di fronte all’ennesima donna super mascolinizzata che fa il verso alle proprie controparti maschili, tutt’altro. La Theron invece rimane femminile dall’inizio alla fine, in maniera splendidamente genuina, offrendo tra l’altro una performance strepitosa per energia ed intensità.
Insomma, se cercate un film di puro intrattenimento Atomica Bionda è ciò che fa per voi: in un’epoca in cui il cinema di genere sta miracolosamente riprendendo piede questa pellicola riesce a svettare altissima, dimostrando ancora una volta che anche l’opera più commerciale può essere considerato grande cinema e, per sottolinearlo, Leitch decide di far combattere la sua protagonista con un manipolo di ceffi del KGB davanti ad uno schermo su cui viene proiettato Stalker di Tarkovskij. Così, tanto per essere chiari. Ora più che mai siamo curiosi di vedere cosa ne farà Leitch del franchise di Deadpool, di cui ha preso le redini per il secondo episodio.
Atomica Bionda: Charlize Theron e il genere senza compromessi (recensione)
La pellicola di David Leitch è l'ennesima dimostrazione dello straordinario stato di salute del cinema di genere contemporaneo.