L’evoluzione come forma di adattamento di una specie nell’ambiente circostante, il cambiamento della propria natura per il superamento di situazioni e ambienti ostili: questo è il soggetto usato da Antonietta De Lillo per il mediometraggio Il Signor Rotpeter, presentato Fuori Concorso alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, tratto liberamente da un racconto di Franz Kafka del 1917, Una Relazione per un’Accademia.
Come nel racconto di Kafka, il protagonista di questo mediometraggio è il signor Rotpeter, una scimmia che ha iniziato ad imitarci così bene da diventare col tempo un vero e proprio umano. Se nel racconto originale la metamorfosi della scimmia viene illustrata solo all’interno di una conferenza scientifica, in questo film, ambientato a Napoli, invece viene utilizzata la tecnica del mockumentary per raccontare la vicenda attraverso un’intervista giornalistica a casa dell’uomo-scimmia e un seminario universitario. Per il ruolo del signor Rotpeter la De Lillo si è affidata a Marina Confalone, truccata in modo tale da apparire credibilissima come signor Rotpeter.
Le due scene madri presenti nel mediometraggio fanno riferimento non solo a diversi punti di vista spaziali bensì anche temporali: l’intervista condotta a casa del signor Rotpeter rappresenta il presente della scimmia, il suo modo di vivere; il seminario universitario, che può essere accomunato ad una conferenza scientifica, rappresenta invece il progresso della metamorfosi compiuta dall’animale così simile a noi. Oltre al già citato tema dell’evoluzione darwiniana, ci si sofferma molto sulla somiglianza tra uomo e primate (la similarità genetica è pari al 98%) e si parla anche di come l’essere umano non riesca a provare empatia né per i suoi stessi simili né per le altre specie animali.
Al netto dell’eccellente interpretazione di Marina Confalone, il risultato finale non sfrutta pienamente la libertà fornita da un soggetto tanto interessante, e la scelta di incentrare il tutto prevalentemente su un lungo monologo di 40 minuti con pochissimi movimenti di macchina e montaggio praticamente inesistente non aiuta il ritmo del pur breve film. Nel voler ricreare l’illusione della realtà, infatti, la De Lillo riprende le scene del seminario universitario in modo estremamente statico, ma a soffrirne è l’esperienza scenica, giacché talune (vere) lezioni telematiche sarebbero probabilmente capaci di tenere più viva l’attenzione dello spettatore. Se però volessimo paragonare questo mediometraggio non ai film più lunghi presenti al Festival di Venezia, bensì ad alcuni corti visti al Lido, allora Il Signor Rotpeter uscirebbe decisamente vincitore dal confronto.
Il Signor Rotpeter: un uomo-scimmia a Napoli (recensione)
Presentato fuori concorso a Venezia, il mediometraggio di Antonella De Lillo è il libero riadattamento di un racconto di Franz Kafka.