Dopo il non esaltante remake de I Magnifici 7 di Antoine Fuqua della scorsa edizione, la 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia presenta come film di chiusura la pellicola di un maestro del cinema moderno: stiamo parlando infatti di Outrage Coda, ultimo capitolo della trilogia noir creata dal grande cineasta giapponese Takeshi Kitano che quest’anno festeggia i vent’anni dalla vittoria del Leone d’Oro per il capolavoro che ha consacrato la sua carriera, Hana-Bi.
In Outrage Coda si chiude la storia che vede protagonista un killer della yakuza.
Otomo (Takeshi Kitano), ex-affiliato della potente famiglia criminale dei Sanno-kai, si è rifugiato in Corea del Sud dopo essere sopravvissuto al bagno di sangue derivante dallo scontro con la gang degli Hannabishi-kai. Un incidente minore che vede coinvolto un membro della famiglia rivale però rialza il livello di tensione tra i due gruppi criminali, in procinto di ricominciare una nuova guerra. Otomo, per sistemare le cose, torna in Giappone per mettere fine una volta per tutte alla faida.
Nonostante non spicchi per coraggio e originalità, il film chiude degnamente la saga di Outrage.
Facciamo una doverosa premessa: se vi aspettate da questa pellicola la stessa profondità di Hana-Bi e Sonatine siete completamente fuori strada. La trilogia di Outrage è chiaramente un’opera minore di Kitano, un divertissement per il regista che ritorna a cimentarsi con il genere dello yakuza movie. Rispetto al dimenticabile secondo capitolo (Outrage Beyond), Outrage Coda è un film molto più ironico e dinamico che non si prende troppo sul serio e riporta al centro della scena un Beat Takeshi in splendida forma, nonostante i settant’anni compiuti. Come ogni lavoro del geniale autore nipponico, anche questo lungometraggio è inattaccabile nella forma: la regia è sempre molto calibrata e, per quanto riguarda il ritmo, Kitano sa come gestire alla perfezione il minutaggio a sua disposizione (oltre ad esserne lo sceneggiatore, il cineasta si è occupato qui anche del montaggio). Certo, la natura commerciale della pellicola non si discute (è pur sempre distribuita dalla Warner Bros.) ma Outrage Coda, pur non essendo particolarmente violento e nichilista, è Kitano al 100% nella poetica e nella messa in scena. Uno dei limiti dell’ultima fatica del maestro è quello di non avere uno script originalissimo: il film segue le regole dello yakuza-eiga più classico (rilette però in chiave postmoderna) rispettando un canovaccio che gli appassionati del genere hanno visto innumerevoli volte; inoltre, nei momenti in cui il nostro amato Beat Takeshi non è presente in scena, gli altri attori non riescono a competere per carisma e intensità con la star nipponica (e l’opera un pò ne risente) ma, alla fine dei conti, l’obiettivo principale di Outrage Coda è regalare al proprio pubblico un intrattenimento di qualità, riuscendoci alla grande.
Kitano non ha più nulla da dimostrare al mondo della settima arte: dopo aver guadagnato meritatamente un posto d’onore nella storia del cinema, il suo obiettivo oggi è quello di realizzare film per puro piacere personale e l’ultimo capitolo di questa trilogia di successo (i primi due sono stati degli ottimi incassi in patria) ne è la perfetta dimostrazione.