Alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia le pellicole provenienti dalla striscia geografica che va dal Maghreb fino al Medio Oriente hanno avuto una rappresentanza di primissimo piano: nelle varie sezioni, da Eye on Juliet a Volubilis, da Looking for Oum Kulthum a Foxtrot fino a The Insult, questi titoli hanno dimostrato come il cinema d’autore di qualità non conosca confini. Non è da meno The Cousin (titolo originale Ha Ben Dod), film di produzione israeliana presentato nella sezione Orizzonti scritto e diretto da Tzahi Grad; un’opera che contiene al suo interno diversi generi come il thriller, il dramma e la commedia.
Naftali, interpretato dallo stesso Tzahi Grad, ha sempre sognato di poter ristrutturare il proprio studio che si trova in un villaggio israeliano e per questo si fa raccomandare dal proprio giardiniere un tuttofare che possa dargli una mano. Al posto del manovale raccomandato si presenta però Fahed (Ala Dakka), un palestinese che si spaccia per suo fratello, ma la cui imperizia nello svolgere le più semplici mansioni fa immediatamente sorgere dubbi circa la sua reale identità. Presto Fahed diventa pure il sospettato numero uno in un caso di aggressione nei confronti di una ragazza adolescente del villaggio, ma non basta un pronto scagionamento a risparmiagli le vessazioni di una ronda israeliana né a sollevare la famiglia di Naftali dall’imbarazzo di proteggere il lavoratore arabo.
Il film, che inizia come un classico thriller in cui lo spettatore non riesce a capire se sia effettivamente stato Fahed a commettere l’aggressione, prende poi una direzione meno ovvia pur volendo arrivare al discorso politico intuito sin dalle prime scene. Ovviamente il regista sfrutta la carta del razzismo degli israeliani nei confronti dei palestinesi per articolare la trama, ma lo fa in modo tanto intelligente da evitare ogni retorica, sbeffeggiando questa triste realtà con gag, humour nero e autoironia. Le interpretazioni sono solide e sempre ben bilanciate, ma il vero punto di forza di The Cousin è uno script capace di alternare sapientemente tensione e divertimento, contribuendo in modo decisivo a un esito artisticamente felice.
Pellicole come questa di Tzahi Grad difficilmente arrivano a una distribuzione in sala, e quando accade è sempre limitata a un numero a dir poco esiguo di sale. È però un peccato che il grande pubblico non abbia la possibilità di entrare in contatto con questo tipo di cinema, perché l’abbattimento degli stereotipi passa anche da lavori come questo: facili da sottovalutare prima quanto da apprezzare poi.
La dimostrazione che non sono sempre necessari toni gravi per trattare in modo approfondito e non banale tematiche decisamente serie.
The Cousin: il lato sarcastico del conflitto arabo-israeliano (recensione)
La pellicola israeliana di Tzahi Grad, presentata a Venezia, tratta un argomento estremamente spinoso con grande ironia ed intelligenza.