Quest’anno non si erano ancora viste al cinema pellicole comiche concepite da registe italiane che fossero degne di nota: cerca di colmare questa lacuna l’attrice e sceneggiatrice Michela Andreozzi con il film Nove Lune e Mezza, opera prima che uscirà in sala il 12 ottobre distribuita dalla Vision Distribution, la nuova società frutto dell’unione tra Sky Italia e cinque case di produzione (Cattleya, Wildside, Lucisano Group, Palomar e Indiana Production).
Nove Lune e Mezza racconta la bizzarra vicenda di due sorelle sulla quarantina.
Livia (Claudia Gerini) e Tina (Michela Andreozzi) sono diversissime tra loro: Livia è una bella musicista dall’indole ribelle e indipendente mentre Tina (nome di battesimo Modesta) è un vigile urbano dal carattere mite e sensibile. Le due donne sono legate da un rapporto solido, talmente forte da spingere Livia a compiere un gesto molto altruista e audace: consigliata infatti dall’amico ginecologo Nicola (Stefano Fresi), la musicista decide di portare avanti una gravidanza per conto della sorella che non può avere figli. Supportate dai due compagni, l’osteopata Fabio (Giorgio Pasotti) e il vigile Gianni (Lillo Petrolo), Livia e Tina non svelano il loro piano a nessuno ma ciò darà vita ad una serie di situazioni tragicomiche durante la gestazione.
Malgrado non riesca a staccarsi completamente dagli stereotipi e dal politically correct, il film si regge in piedi grazie agli attori e alle gag.
Co-produzione italo-spagnola, Nove Lune e Mezza è la classica commedia degli equivoci, vista innumerevoli volte sul grande schermo, che riesce comunque a raggiungere il suo scopo, quello di regalare un’ora e quaranta di svago e leggerezza agli spettatori in sala. La pellicola si divide idealmente in tre parti: all’inizio la Andreozzi trova un buon equilibrio, tanto che Nove Lune e Mezza sembra quasi, nella prima mezz’ora, un film indie americano o francese. Nella seconda parte però il ritmo cala vistosamente per poi riprendere vigore nei minuti finali, dove la sobrietà viene messa da parte a favore di un approccio molto più semplicistico e fracassone; questa scelta non è stata certamente delle più felici ma non compromette quanto di buono ha fatto vedere il lungometraggio. A differenza di molte commedie italiane insulse e quasi mai divertenti, Nove Lune e Mezza ha un paio di punti di forza: oltre ad alcune gag riuscite, il vero valore aggiunto sono gli attori. Claudia Gerini (perfettamente in parte) e la stessa Andreozzi sono credibili come sorelle, Lillo e Stefano Fresi sono semplicemente strepitosi e anche Giorgio Pasotti, pur rimanendo in ombra rispetto ai suoi due colleghi, ha la fisicità giusta per il ruolo. L’intento della regista è quello di raccontare in chiave ironica e divertente il desiderio di maternità di donne che non possono usufruire della fecondazione assistita perché vietata nel nostro paese. Le premesse per criticare aspramente un’anomalia legislativa tutta italiana c’erano tutte ma la Andreozzi non si sofferma troppo sul tema, perdendo in questo modo una ghiotta occasione; lo script inoltre, anche se riesce nell’impresa di non presentare uomini gay stereotipati, non valorizza come dovrebbe i personaggi di contorno come, ad esempio, i membri della famiglia di Livia e Tina, semplici macchiette funzionali solo allo sviluppo della trama.
Nove Lune e Mezza è un film lontano dall’essere perfetto ma nei suoi momenti migliori funziona, per la gioia soprattutto di un pubblico femminile che, una volta ogni tanto, ha di fronte una commedia italiana ideata e realizzata da una donna.