Con tre film all’attivo, il regista indiano Ritesh Batra sembra ormai aver intrapreso un percorso cinematografico molto chiaro e delineato in cui il tema dei legami personali e di quelli familiari in particolare diventa il mezzo più appropriato per poter abbracciare l’intera portata delle esperienze della vita. Già il suo film d’esordio, The Lunchbox, ruotava attorno ad una storia d’amore per corrispondenza, dove due anime infelici della loro quotidianità trovavano una nuova esistenza, dimenticando il passato e riscoprendo sentimenti a lungo sopiti. Una tematica delicata (e spesso abusata) che il regista ha saputo poi approfondire con autentica tenerezza nell’emozionante Le nostre anime di notte, presentato Fuori Concorso all’ultima edizione della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e forte della sensibilità attoriale della coppia Robert Redford – Jane Fonda, di nuovo insieme dopo 47 anni dal cult A piedi nudi nel parco.
Quello del cineasta indiano è quindi un approccio totalmente antitetico rispetto all’ipertrofia scenica e al sentimentalismo stucchevole tipico delle produzioni bollyhoodiane e ricorda – almeno nelle intenzioni – la poetica “realista” del maestro Satyajit Ray e più in generale lo stile narrativo di certa cinematografia europea.
Del resto L’altra metà della storia, tratto dal più celebre romanzo di Julian Barnes, è ambientato in terra londinese ed è la storia di un uomo qualunque di nome Tony Webster (Jim Broadbent); un settantenne divorziato e proprietario di un piccolo negozio di fotocamere Leica che ormai non sembrano più interessare a nessuno. Quando però riceve una lettera che lo informa di un diario lasciatogli in eredità dalla madre di Veronica, sua ex fiamma ai tempi dell’università, il passato comincia a riaffiorare alla mente e i ricordi di un tempo felice subentrano piano piano alla monotonia del presente. I piani temporali si mescolano così con grazia e i personaggi scivolano in continuazione attraverso i confini del tempo nella mente di Tony, mentre attonito e pensieroso sprofonda dolcemente al periodo del college, quando conobbe il brillante Adrian (prima amico poi nemico in amore) ma soprattutto la seducente e inafferrabile Veronica. Sarà proprio quest’ultima la causa scatenante di un evento infelice che cambierà per sempre il destino del giovane Tony e sarà sempre quest’ultima nel presente (interpretata da un’enigmatica Charlotte Rampling) a identificare la fine del suo percorso tutto interiore fatto di rimpianti, inganni e sensi di colpa, nella speranza di poter finalmente fare pace col proprio passato.
Il film di Batra nella sua raffinata rappresentazione della vecchiaia e di sentimenti repressi mai del tutto scomparsi si muove così attraverso le pieghe del tempo, vero protagonista del racconto, per soffermarsi sul cambiamento che esso opera incondizionatamente in ognuno dei personaggi. Vorrebbe altresì sviluppare una più ampia trattazione del tema nello studio delle passioni e dei dolori che Tony ha saputo dimenticare per risolvere le sue crisi esistenziali, ma rimane ancorato ad una certa superficialità narrativa che impedisce una vera e propria catarsi spirituale del protagonista. Il suo incontro con le tappe fondamentali dell’adolescenza avrebbe dovuto presupporre infatti una riflessione più intensa sull’importanza degli affetti, sul rapporto conflittuale con un passato mai del tutto affrontato, sul disfacimento della maschera d’indifferenza che Tony ha dovuto indossare negli anni per evitare la sofferenza e la solitudine. E se è vero che Batra tesse con una certa cura formale tutto l’intreccio e incede senza sbavature, L’altra metà della storia manca di incisività e si lascia guardare senza mai coinvolgere davvero. In sala dal 12 ottobre con BiM Distribuzione.
L’altra metà della storia: un viaggio nei ricordi con Broadbent e la Rampling (recensione)
Ritesh Batra, regista di Our Souls At Night, torna dietro la macchina da presa per raccontare un anziano che fa i conti con il proprio passato.