Finché C’è Prosecco C’è Speranza è un giallo ambientato sulle colline venete del Prosecco, trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Fulvio Ervas e debutto al lungometraggio del regista Antonio Padovan. In occasione di Alice Nella Città, sezione parallela della Festa del Cinema di Roma, abbiamo incontrato l’attore protagonista Giuseppe Battiston, l’attore Teco Celio e il regista (e sceneggiatore) Padovan, che ci hanno parlato del film in una divertente mini-press.
Antonio Padovan, ci puoi raccontare come è nato il film?
Padovan: Nonostante io viva a New York da ormai 12 anni, avevo una grande voglia di raccontare il mio territorio e le colline dove sono nato. Mi è capitato per le mani il romanzo di Fulvio Ervas e, dopo averlo letto, sono andato da lui senza un progetto vero e proprio: non avevo un produttore, non avevo soldi e non avevo un cast.
Nonostante questo ha accettato e nei mesi successivi abbiamo scritto la sceneggiatura insieme sentendoci su Skype.
Successivamente abbiamo incontrato Valentina Zanella e Alessia Gatti, due giovani produttrici per le quali, come per me, Finché prosecco c’è speranza è l’opera prima.
Considerando che non abbiamo ricevuto nessun tipo di finanziamento pubblico, né dalla regione né da produttori di Prosecco, hanno avuto un grande coraggio!
Giuseppe Battiston, ci puoi descrivere il tuo personaggio?
Battiston: Il mio ruolo è quello del vice-ispettore di polizia, Stucky, il quale si ritrova a dover indagare su ben tre omicidi. Il mio è un personaggio atipico: non è il solito eroe iper-sicuro di sé, ma esattamente il contrario. Stucky fa fatica a farsi rispettare e a relazionarsi con gli altri, a presentarsi con le donne. È un tipo molto onesto e corretto, che crede fermamente nella giustizia.
Teco Celio, del tuo personaggio cosa ci dici?
Celio: Premetto che questo è uno dei personaggi migliori che ho interpretato nella mia carriera. È scritto in modo magnifico e io ci ho dovuto mettere poco di mio: sono bastati il copione e Antonio, il regista.
Io interpreto quello che Shakespeare chiamava “fool”, “lo scemo del villaggio” che però è spesso portatore di verità. Aggiungo che ho molta esperienza per quanto riguarda i ruoli da deficiente. Non so perché ma sono sempre stato la prima scelta dei registi per queste parti. Probabilmente è a causa del mio fisico non esattamente alla Claudia Schiffer.
Io interpreto un goffo uomo che gira solo nei cimiteri e non parla mai con i vivi ma solo come le bare. Nel film il mio personaggio e quello di Giuseppe sono i rappresentanti della giustizia: sono entrambi goffi, forse un po’ ingenui ma assolutamente in buona fede. Agiscono in funzione del bene
Quanto è importante il tema della sostenibilità nel vostro film?
Battiston: Visitando le vigne del prosecco, è possibile notare come siano piene di ignoranti. Imprenditori che pensano soltanto al profitto e non si accorgono di star rovinando il territorio. Mi è capitato di osservare le vigne e pensare esattamente questo : “Cosa stanno facendo?”
Il Prosecco è probabilmente la più famosa bevanda italiana del mondo, la si può trovare ovunque. Gli imprenditori guadagnano cifre enormi tramite il vino, però a quale prezzo? Il territorio si sciupa e rovina, le colline franano; si mette a repentaglio anche le vita delle persone.
Antonio, a quali film ti sei maggiormente ispirato?
Padovan: A Mazzacurati e ai gialli inglesi. Ho sempre adorato il modo che Carlo Mazzacurati aveva di raccontare la semplicità e la quotidianità. Mi sono ispirato a lui, soprattutto da un punto di vista visivo. Invece, per quanto riguarda la storia, abbiamo lavorato seguendo le trame dei gialli inglesi. Non volevamo avere omicidi sanguinosi o “corpi sventrati”. Abbiamo preferito far procedere il protagonista lentamente, senza scene di azioni o inseguimenti. Come la goccia che piano piano cade e scava la roccia.
Celio: Anche perché Giuseppe non poteva fare come Belmondo che si appendeva agli elicotteri o cose del genere. Anche perché l’elicottero sarebbe certamente caduto…