La 12. edizione della Festa del Cinema di Roma, in collaborazione con Alice nella Città, ha presentato in anteprima un film che è stato in America un vero e proprio caso: stiamo parlando di Saturday Church, il musical LGBT di Damon Cardasis che ha fatto impazzire il pubblico del Tribeca Film Festival.
IL PERCORSO DI CRESCITA DI UN GIOVANE OMOSESSUALE
A New York il quattordicenne Ulysses (Luka Kain) ha appena perso il padre, costringendo la madre Amara (Margot Bingham) a dover crescere i suoi due figli con l’aiuto della severa e conservatrice zia Rose (Regina Taylor). Ulysses è un ragazzo molto timido e alla scoperta della propria sessualità; la sua esistenza cambierà radicalmente quando entrerà in contatto con un gruppo di transessuali. Tutto ciò farà crescere i sospetti della zia, mettendo il ragazzo nella scomoda condizione di rivelare la verità alla famiglia.
UN MUSICAL INTERESSANTE MA DECISAMENTE IMPERFETTO
Negli Stati Uniti Saturday Church è stato etichettato come un incrocio tra La La Land e Moonlight: di sicuro l’opera prima di Damon Cardasis è stata fortemente influenzata dalle due pellicole che hanno dominato la Notte degli Oscar 2017; il film è un coming of age inusuale che mostra le difficoltà ma al tempo stesso la grande forza di volontà di un giovane che deve farsi strada in un mondo che non lo accetta per quello che è.
Dal punto di vista dello script, Saturday Church lavora bene sulla caratterizzazione dei personaggi: lo spettatore infatti parteggia sin da subito per il protagonista (interpretato benissimo da Luka Kain), che si troverà ad affrontare moltissime vicissitudini, e anche i characters secondari sono molto credibili, soprattutto la madre e la cattivissima zia di Ulysses. Nonostante la storia non sia originale e i temi affrontati siano ormai abusati (l’integralismo religioso che rifiuta i gay, la società che tende a ghettizzare le persone transgender) lo sviluppo narrativo è coerente e coinvolgente, dall’inizio alla fine.
Le criticità maggiori del lungometraggio le troviamo nell’elemento che dovrebbe distinguere Saturday Church dagli altri film LGBT-oriented ovvero il lato musical perché le musiche composte sono dimenticabili e mediocri (con qualche eccezione), così come poco convincenti sono le coreografie che accompagnano i brani. Inoltre Damon Cardasis commette un errore imperdonabile per una pellicola del 2017 ovvero quello di sbagliare i tempi del playback durante le esecuzioni delle canzoni da parte degli attori, totalmente fuori sincrono (col risultato di creare situazioni al limite del trash involontario).
Saturday Church è un esperimento ambizioso e in parte riuscito sotto alcuni punti di vista ma, in un panorama cinematografico pieno zeppo di giovani cineasti di talento, la cura per i dettagli è ormai diventata fondamentale e certe ingenuità sono difficili da giustificare, anche per un’opera dal forte messaggio sociale come questa.