Il martellante riff della Les Paul di Jimmy Page, il tagliente falsetto di Robert Plant, la trascinante sezione ritmica di John Paul Jones e John Bonham: niente meglio delle note di Immigrant Song racchiude l’essenza di Thor: Ragnarok, pellicola che conclude il trittico di trilogie che ha dato forma al Marvel Cinematic Universe per come lo conosciamo.
Il naturale istinto all’headbanging che deriva dal celeberrimo brano dei Led Zeppelin sembra il complemento naturale di una pellicola inarrestabile nella sua volontà di intrattenere con azione, colori e umorismo: una festa per gli occhi che in tutta onestà rivela l’intenzione della Marvel di far finta che non siano mai esistite le tribolazioni Shakesperiane impartite da Kenneth Branagh al Dio del Tuono e di abbandonarsi a un’esplosione di energia che ha molto di rock.
“E ORA QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIVERSO”
“And Now for Something Completely Different”: questa la formula che accompagnava gli eterogenei sketch dell’omonimo film di Monty Python. Thor: Ragnarok, che in fin dei conti si regge proprio su un susseguirsi quasi ininterrotto di gag e battute, non potrebbe esistere senza la visione registica intrisa di commedia di Taika Waititi (dietro la macchina da presa per l’esilarante What We Do In The Shadows), e il pensiero che, quando il cineasta neozelandese propose ai dirigenti Marvel un mood-reel per convincerli ad assegnargli il film sull’eroe asgardiano, nessuno di questi avesse mai sentito la opening track di Led Zeppelin III, al contempo diverte e atterrisce.
Ora che la pellicola ha raggiunto i cinema di tutto il mondo e registrato uno straordinario successo al botteghino, è naturale chiedersi quale impatto avrà sul futuro del MCU. Anche perché, se da una parte i prossimi due Avengers ci trascineranno in toni semi-drammatici da fine del mondo, è pur vero che gli altri appuntamenti già inseriti in calendario promettono un tono quantomeno affine a quello appena usato per il figlio di Odino.
COMMEDIA ED ECCENTRICITÀ PER COMPENSARE L’ARRIVO DI THANOS
Con il suo spudorato mix di commedia, fantascienza ed eccentricità, Thor: Ragnarok è infatti sostanzialmente un buddy movie on the road zeppo di azione e dai toni epici ma mai seriosi, e costruisce la sua peculiarissima identità su una paletta di colori accesa e variegata, su costumi tecno-tribali e su astronavi avveniristiche: tutti elementi che abbiamo già imparato a conoscere in Guardiani della Galassia e che ritroveremo, sotto steroidi, in Black Panther.
Se poi consideriamo che i film stand-alone già annunciati dalla Marvel sono Ant-Man and The Wasp (con una matrice screwball), Captain Marvel (che giocherà la ‘carta eccentricità’ con l’ambientazione anni ’90 e i villain alieni), il nuovo installment di Spider-Man e il terzo capitolo di Guardians Of The Galaxy (sui cui toni ‘leggeri’ sembrano non esserci grandi dubbi), è evidente che la Casa delle Idee ha intenzione di schiacciare l’acceleratore in direzione dell’intrattenimento puro, con una strategia di diversificazione che – prima di Justice League – sembrava consolidare la distanza dalle tinte cupe del ben più giovane DC Extended Universe.
SI POSSONO RACCONTARE EVENTI ‘DRAMMATICI’ DIVERTENDO
Con una selvaggia originalità nel tono unita a una solidissima interconnessione al contesto narrativo, Thor: Ragnarok ha un impatto dirompente sulle proprietà fumettistiche della The Walt Disney Company, molto più grande di quello che ebbe il primo Guardiani della Galassia (che rimaneva una storia piuttosto isolata) e con un ruolo di chiusura speculare a quello che ebbe il primo Iron Man nell’avviare il percorso che tutti conosciamo.
Quel che più conta è che, pur con il suo approccio alla “famolo strano”, il film di Waititi – forte dello script meravigliosamente bilanciato di Pearson, Kyle e Yost – non rinuncia a incidere sull’evoluzione del main character più di quanto abbia fatto ogni precedente pellicola del MCU: alla fine dei titoli di coda Thor non ha più un padre, non ha una patria cui tornare, non ha più il suo martello e ha perso un occhio. Dimostrazione che per stravolgere la vita di un personaggio non è necessario utilizzare toni drammatici, soprattutto se lo scopo finale è quello di regalare due ore e dieci di intrattenimento. In tale senso Thor: Ragnarok centra magnificamente il bersaglio, promettendo una serie di pellicole che ancor più di quanto avvenuto in passato punteranno a intrattenerci, a compensare la vera caduta degli Dei, quella che arriverà con Infinity War. Forse alla Marvel qualcuno starà canticchiando Immigrant Song, nel punto in cui il testo recita “Hammer of the gods will drive our ships to new land”: d’altronde pare proprio sarà Mjolnir a condurre la TWDC verso una nuova fase dei suoi cinecomic.
Per quanto concerne il macrociclo narrativo che verrà avviato dopo Thanos, invece, è decisamente presto per fare previsioni, ma stando alla CNBC la Disney ha intavolato trattative preliminari con la Fox per acquisire la branca cinema e TV dello studio, e con essa i diritti di sfruttamento degli X-Men e dei Fantastici Quattro. Ma questa è tutt’altra storia.