Come da tradizione, la sezione Festa Mobile del Torino Film Festival 35 ospita diversi film sostenuti dal Torino Film Lab, comunità creativa che supporta giovani filmmaker di tutto il mondo per quanto riguarda le loro opere prime e seconde. Tra queste rientra Messi and Maud, primo lungometraggio della regista olandese Marleen Jonkman.
Maud (Rifka Lodeizen) ha quaranta anni e si sente fallita: il suo rapporto con il compagno Frank (Guido Pollemans) è vicino alla rottura, in particolare dopo aver scoperto di non poter avere figli. Per tentare di salvare la relazione, i due partono in viaggio verso la Patagonia ma la protagonista continua ad essere ossessionata dall’idea dell’avere un figlio e, dopo un violento litigio, lascia Frank e decide di proseguire il suo viaggio da sola. La donna parte verso il Cile, senza una meta ben precisa, per ripensare alle sue scelte di vita e alla maternità mancata. Ad aiutarla nel suo viaggio di riscoperta interiore ci sarà Messi (Cristobal Farias), ragazzino cileno con cui nasce una complicità imprevista e una nuova possibile identità.
L’opera prima di Marleen Jonkman è molto interessante: tratta una tematica delicata come la maternità da una prospettiva molto intima che si riflette negli atteggiamenti e nei raptus di Maud, interpretata da una straordinaria Rifka Lodeizen (Tonio, Publieke Werken). Un’ossessione che la porta addirittura a tentare il rapimento di una neonata nel corso di un viaggio in nave, un episodio che le fa capire di essere arrivata ad un punto di non ritorno. Salvifico, in tal senso, l’incontro con Messi (nome scelto in omaggio al fuoriclasse del Barcellona) e il padre. Una complicità, una sintonia tra i due che porta il ragazzino a seguire la straniera nel suo viaggio per le strade del Cile.
Presentato al Toronto International Film Festival, Messi and Maud è un road movie che sembra seguire le funzioni della fiaba di Propp, con il ragazzino in veste di ‘aiutante’ della protagonista, bella e sensuale, che deve ristabilire l’equilibrio iniziale, o almeno una sua evoluzione. La colonna sonora, curata da Daniel Sus e Matthias Klein, è originale e ricercata mentre la fotografia di Jeroen de Bruin dipinge un Cile in chiaroscuro, intenso, in poche parole vero. Un’opera prima folgorante per Marleen Jonkman: non era facile non scivolare nel ripetitivo e nel banale.