Andrey Zvyagintsev, cineasta classe 1964, è l’autore russo più importante della sua generazione e uno dei più interessanti nel panorama cinematografico internazionale: a partire dalla sua opera prima, Il Ritorno (Leone d’Oro al Festival di Venezia nel 2003), fino ad arrivare a Leviathan (premio per la miglior sceneggiatura a Cannes nel 2014 e vincitore del Golden Globe come Miglior Film Straniero), le dolorose vicende umane rappresentate dal regista hanno sempre lasciato il segno per durezza e cinismo. Non fa eccezione Loveless, l’ultima pellicola di Zvyagintsev che uscirà nelle sale italiane il 6 dicembre distribuito da Academy Two.
IL DISPREZZO DI DUE GENITORI VERSO IL PROPRIO FIGLIO
Boris (Aleksey Rozin) e Zhenya (Maryana Spivak) sono una coppia benestante che sta affrontando una separazione molto burrascosa: a farne le spese sarà soprattutto il figlio Alyosha, mal sopportato dai due genitori (uno dei punti di discordia è proprio sul suo futuro, dato che Boris e Zhenya non vogliono prendersi alcuna responsabilità). Entrambi hanno un nuovo partner e vogliono cercare di chiudere al più presto un capitolo della loro vita molto triste ma ecco che accade l’inaspettato: Alyosha un giorno scappa di casa e scompare.
IL LATO PEGGIORE DELLA BORGHESIA RUSSA
Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes, Loveless è un affresco spietato della nuova classe borghese russa, nata dalle ceneri dell’Unione Sovietica: una generazione materialista, talmente ossessionata dai soldi e dalle nuove tecnologie da essere completamente indifferente a ciò che la circonda (compreso il conflitto, a due passi da casa, tra Russia e Ucraina).
Zvyagintsev, attraverso una regia fredda e distaccata (grazie anche alla splendida fotografia di Mikhail Krichman), mette in scena un dramma familiare in cui un figlio, visto dai due genitori come l’emblema del loro infelice rapporto, viene trattato con gelida sufficienza, senza alcun tipo di amore (mai titolo di un film è stato più azzeccato). Boris e Zhenya non maltrattano fisicamente il bambino ma la pressione psicologica che Alyosha è costretto a subire (in particolare in una scena veramente straziante) è tale da provocare nel pubblico una sensazione di profondo disagio.
Dopo la scomparsa del piccolo, i due main characters subiranno inevitabilmente un’evoluzione che li renderanno agli occhi degli spettatori meno mostruosi ma continueranno a ripetere gli stessi errori, accecati dal proprio individualismo e dal benessere. In questo senso, il cineasta colpisce pesantemente la borghesia per elevare i veri personaggi positivi di Loveless ovvero i volontari che aiutano i due coniugi nella ricerca di Alyosha: persone umili che, senza percepire alcun compenso, si mettono a disposizione per aiutare il prossimo, unica speranza per una società che sta progressivamente perdendo la propria umanità.
Lo stile di Loveless ricorda molto il cinema di Ingmar Bergman (il regista ha dichiarato di essersi ispirato a Scene Da Un Matrimonio): ritmo lento, montaggio essenziale, movimenti di macchina centellinati e gran utilizzo della tecnica del piano sequenza. È vero che, con queste caratteristiche, il film ha una natura anticommerciale ma la pellicola di Zvyagintsev è un’opera importante perché è in grado di parlare a tutti, cogliendo lo spirito dei tempi della Russia di oggi e, più in generale, dell’Occidente. Candidato della Russia all’Oscar per il Miglior Film Straniero, Loveless conferma il grande talento di un autore che, al di fuori del mondo dorato dei festival internazionali, meriterebbe maggior attenzione e visibilità.