Il 2017 è stato un anno straordinariamente ricco per il grande cinema. Certo, il livello qualitativo medio delle produzioni italiane è stato a dir poco deludente, ma fortunatamente dall’estero sono arrivate decine di pellicole capaci di rendere onore al meglio alla settima arte.
Tra tutti i film che hanno avuto una distribuzione cinematografica in Italia nel 2017, abbiamo scelto di selezionare 20 titoli che rappresentino il meglio di quanto abbiamo visto in sala lo scorso anno. Pellicole che spaziano tra i generi e i temi più disparati, ma che hanno in comune un altissimo livello tecnico e artistico.
A seguire troverete le prime dieci voci della nostra classifica Top 20 dei migliori film del 2017 (cioè quelle dalla ventesima all’undicesima posizione), accompagnate dall’indicazione del distributore italiano, da un commento compendioso e dal link alla recensione completa e al trailer. Dieci film che, qualora non li aveste visti, non possiamo che consigliarvi di recuperare immediatamente, perché sono senza dubbio lavori imperdibili. Buona lettura!
20. DETROIT di Kathryn Bigelow (Eagle Pictures)
Una camera a mano frenetica e irrequieta, che zuma repentina e incerta come farebbe chi si trovasse coinvolto in una rivolta di strada. È questo lo straordinario sguardo di una delle più grandi registe del cinema contemporaneo sulle drammatiche vicende che sconvolsero Detroit nell’estate del ’67, e in particolare sui vergognosi abusi che vennero consumati tra le mura del Motel Algiers. Una pagina nera della storia americana, nella quale assistendo all’ordinaria violenza da parte di poliziotti suprematisti nei confronti di afroamericani innocenti, non possiamo non pensare agli Stati Uniti del “black lives matter”. Un superlativo Will Poulter incarna uno dei più temibili villain dell’anno. Un film necessario.
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19. L’ALTRO VOLTO DELLA SPERANZA di Aki Kaurismäki (Cinema)
Nel peculiarissimo mondo di Aki Kaurismäki gli attori sono quasi giocattoli che il regista muove a proprio piacimento sulla scena, a servizio di un cinema in cui la finzione narrativa è deliziosamente esplicitata. Nessuno si prende troppo sul serio, a partire dall’autore, eppure ciò non impedisce alle pellicole del finlandese di trattare con grazia commovente tematiche di grande importanza. Così è anche per L’Altro Volto della Speranza, che racconta con ironia e poesia il fortuito incontro tra un rappresentante di camicie che decide di improvvisarsi imprenditore nel campo della ristorazione e un rifugiato in fuga dalla Siria, arrivato a Helsinki come clandestino su una carboniera. Orso d’Argento alla Berlinale. Un film gentile.
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18. LADY MACBETH di William Oldroyd (Teodora Film)
Un’opera algida e spietata, nella quale il grigiore del contesto, la simmetria della inquadrature e l’assenza di un commento sonoro contribuiscono a costruire un senso pervasivo del disumano. E poi c’è lei, Lady Macbeth (una clamorosa Florence Pugh), che con il blu velenoso del suo vestito è un silenzioso e compassato uragano che travolge tutto. Ispirata alla creatura letteraria di Leskov, la folgorante opera prima di William Oldroyd non ha pietà per nessuno, proprio come i suoi protagonisti. Sarebbe stato facile scioccare raccontando l’indigeribile e inaccettabile violenza fisica e psicologica su una donna, ma l’autore decide di trasformare la sua vittima in una carnefice ancora più spietata, manipolatrice e immorale. Un film nero come la pece.
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17. IL MIO GODARD di Michel Hazanavicius (Cinema)
Ci vuole coraggio a fare un bio-pic su uno dei più grandi maestri della storia del cinema mentre è ancora in vita. Ma ce ne vuole ancora di più per plasmarlo come una commedia che mette in ridicolo il cortocircuito ideologico di cui cade vittima un genio dall’ego sconfinato, fino a rendersi grottesco anche agli occhi delle persone a lui più care. Il regista di The Artist non è mai stato così convincente: Il Mio Godard è una pellicola deliziosa, esilarante e intelligentissima, che con grande delicatezza racconta anche uno spaccato storico nonché la fuggevole natura delle utopie. Hazanavicius impuntisce la pellicola di citazioni della Nouvelle Vague, mutuandone anche il linguaggio metacinematografico, mentre Garrel è semplicemente perfetto. Un film delizioso.
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16. THE TEACHER di Jan Hřebejk (Satine Film)
I grandi cineasti rumeni hanno fondato un intero movimento sul racconto della corruzione di cui è intrisa la società delle ex repubbliche socialiste, ma è un regista ceco a riuscire nella difficilissima impresa di trattare in modo spietato lo stesso tema, pur con un tono leggero e uno script esilarante. The Teacher è una commedia amara e irresistibile su un’insegnante e funzionaria di partito che nella Repubblica Socialista Slovacca del 1983, dietro una blandizie affettata, esercita senza scrupoli il proprio potere sui ragazzi della propria classe e sui loro genitori. Vendicativa, prepotente e melliflua, la straordinaria professoressa interpretata da una Zuzana Mauréry incontenibile è senza dubbio l’antagonista dell’anno. Una pellicola che sarebbe colpevole sottovalutare. Un film sfaccettato.
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15. BABY DRIVER di Edgar Wright (Sony Pictures)
Edgar Wright è sempre stato un autore di culto, uno di quei cineasti capace di rendere riconoscibile ogni propria pellicola. Con Baby Driver il regista della ‘trilogia del Cornetto’ fa il salto di qualità e riesce a portare il suo cinema su un livello ancora più alto. Nessuno meglio di Wright avrebbe potuto coniugare scene action mozzafiato, un crime con personaggi magnificamente caratterizzati, una storia di formazione e redenzione, una commedia romantica a tratti esilarante e un profondo discorso sul ruolo della musica nelle nostre vite; il tutto unendo portentosamente la dimensione più spettacolare del cinema contemporaneo con un tono estremamente intimo e nostalgico, e alternando con grazia thriller e musical. Un film malinconico.
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14. CUORI PURI di Roberto De Paolis (Cinema)
Cuori Puri non è solo la storia dell’improbabile incontro tra un venticinquenne di borgata dal passato turbolento e una diciottenne votata alla verginità. È a suo modo un ritratto dell’Italia contemporanea in tutte le sue contraddizioni: la storia di vite in balia della povertà, dell’assenza di punti di riferimento e della paura dell’altro. Un film attento ritrarre il reale e che non rinuncia a uno script complesso e ben limato, in cui lo spettatore è costantemente sospeso tra l’empatia e il senso di riprovazione verso i protagonisti di una Roma allo sbando. L’opera prima di Roberto De Paolis è stata presentata alla Quinazaine des Réalisateurs a Cannes, ricevendo un’ottima accoglienza. Un film verista.
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13. LOGAN di James Mangold (20th Century Fox)
Il pubblico cinematografico conosce il personaggio di Wolverine grazie alla saga avviata sul grande schermo da Bryan Singer, ma gli amanti dei fumetti sanno quanto la settima arte abbia sempre faticato a rendere le atmosfere violente, nichiliste e a tratti meditative del fumetto d’origine. Con Logan James Mangold riesce a rendere pienamente giustizia al personaggio prima che l’ottimo Hugh Jackman debba dirgli addio, confezionando un’opera che riscrive da zero le regole dei cinecomic. Una pellicola matura e drammatica, che tanto nelle atmosfere quanto nel solidissimo script riesce a dimostrare che l’industria cinematografica è pronta a considerare i fumetti come una forma di narrazione anche per soli adulti. Un film spartiacque.
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12. LA VENDETTA DI UN UOMO TRANQUILLO di Raùl Arévalo (BiM Distribuzione)
Arévalo decide di accantonare momentaneamente la carriera da attore e debutta come regista e sceneggiatore con un revenge movie folgorante, vincitore di 4 premi Goya. Il titolo italiano, ben diverso dal molto più ispirato Tarde para la ira originale, rende comunque bene l’idea del concept dietro il film; un lavoro girato ‘all’antica’, su pellicola 16mm. Un’opera asciutta, avara, dolorosa e spietata, che si regge su una sceneggiatura solidissima e su una realizzazione che trasforma uno spaccato di quotidianità in una bomba a orologeria. Una di quelle pellicole che difficilmente vedrete nei multisala, ma che dimostrano come il grande cinema non si faccia solo a Hollywood e solo con grandi budget. Un film rabbioso.
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11. DUNKIRK di Christopher Nolan (Warner Bros.)
I film di guerra difficilmente riescono a sottrarsi a certe dinamiche narrative: la resa della psicologia del campo di battaglia – fatta di paura, rabbia, rimpianto, eroismo e fratellanza – quand’anche non scada nel retorico finisce per far somigliare molte delle sceneggiature dei war movie. In Dunkirk però è tutto diverso: Christopher Nolan giunge alla conclusione che l’essenza più profonda della guerra è l’azione; primordiale; istintiva. Liberandosi da ogni orpello narrativo, confeziona così un’esperienza mozzafiato il cui unico scopo è mettere in scena l’adrenalina, la paura e l’istinto di sopravvivenza. Un film straordinario che, visto sul grande schermo, ricorda l’ineguagliabile potenza della visione in sala, vanificando in un’ora e mezza ogni dibattito sui nuovi criteri distributivi direct-to-streaming.
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