Le instancabili menti della Pixar sono recentemente tornate con il nuovo film di animazione Coco, in cui il piccolo protagonista Miguel fa viaggiare lo spettatore in un mondo dei morti coloratissimo, pieno di musica e festeggiamenti, che rappresenta una nuova frontiera di perfezione tecnica per l’universo Disney-Pixar.
In occasione delle attività di promozione alla stampa, abbiamo incontrato il regista premio Oscar Lee Unkrich e la produttrice Darla K. Anderson, che ci hanno parlato della pellicola.
Il tema dell’aldilà è stato trattato in maniera del tutto laica, non avete sentito la necessità di inserire personaggi buoni che accogliessero le anime dopo i morti nonostante il film sia principalmente destinato a un pubblico di bambini. Come avete gestito l’argomento con la giusta leggerezza?
L.U. Volevamo assolutamente realizzare una rappresentazione della terra dei morti che fosse quanto più fedele a quella che è la tradizione messicana del Dìa de los Muertos, così come era importante far capire e dare il messaggio che questa non era la destinazione finale, in maniera che le persone possano poi affidarsi a qualsiasi cosa il loro cuore o il loro credo suggerisca loro. Ci auguriamo infatti che il film possa essere visto e condiviso in tante parti del mondo, da persone che hanno tradizioni e religioni molto diverse tra loro. Volevo lasciare libertà a chiunque lo vedesse di decidere dove si va a finire. Il mondo in cui viene catapultato Miguel non è la destinazione finale. Può esserci un altro aldilà e ognuno può decidere quale sarà esattamente, proprio come noi che viviamo sulla terra non sappiamo dove si va dopo la morte. Dopotutto, quando facciamo un film, non lo facciamo solo per i bambini, ma per tutti. Sarebbe bene dire che li facciamo per noi, accertandoci che siano appropriati per i bambini attraverso messaggi di speranza e amore.
Anche il tema della famiglia sembra seguire delle linee già battute, ossia quelle della ribellione del figlio, per poi approdare su nuove terre poco esplorate nei film di animazione.
D.A. Il Dìa de los Muertos è in fin dei conti una festività incentrata intorno alla famiglia, e quindi era importante -ed aveva senso- esplorare i temi che hanno a che vedere anche con tutti gli elementi più complicati nelle relazioni e dei rapporti tra le generazioni. Questo giovane che in un certo senso si contrappone alla famiglia per difendere chi è, nonostante il loro amore reciproco, è un personaggio che abbiamo amato tantissimo perché trova la soluzione che tutti vorremmo avere. È stato molto bello esplorare la complessità di questo aspetto.
Quali sono state le tecniche di animazione utilizzate per realizzare questo film, in particolare per la rappresentazione della terra dei morti, così colorata e ben organizzata?
L.U. La rappresentazione dei morti è stata una sfida importante non solo dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista del design perché avremmo potuto in realtà fare qualsiasi cosa. Per il film abbiamo fatto tantissime ricerche ma certo non siamo andati in viaggio a visitare la terra dei morti! Quindi fondamentalmente è stata una cosa tutta fondata sulla fantasia e sulla creatività. Volevamo comunque che fosse radicata in quello che era il Messico e in quelli che erano stati i luoghi reali che avevamo visitato nel corso delle nostre ricerche. Il mio team tecnico ha lavorato sodo per realizzare qualcosa che anche soltanto qualche anno fa non sarebbe stato realizzabile. Il risultato è qualcosa di talmente complesso dal punto di vista visivo, che i computer non sarebbero stati sufficientemente potenti e in grado di fare quello che loro hanno fatto. E io ne sono estremamente felice.
Invece per quel che riguarda la realizzazione degli scheletri, c’è un rapporto di ispirazione creativa con La Sposa Cadavere di Tim Burton o con rappresentazioni dei morti che sono già stati portati sullo schermo?
L.U. Sapevamo fin dall’inizio che avremmo realizzato un film all’interno del quale ci sarebbero stati degli scheletri: quello che abbiamo cercato di fare è passare in rassegna tutti quei film della storia del cinema in cui venivano rappresentati gli scheletri, incluso ovviamente il film di Tim Burton. Ci siamo creati un nostro spazio specifico in questo senso. Per cui, sebbene La Sposa Cadavere o altri film di questo tipo non siano stati d’ispirazione diretta, sapevamo che saremmo entrati a far parte di questo lungo retaggio di film che parlano di questo che hanno rappresentato questo mondo.
La musica in Coco ha un’importanza del tutto nuova, in quanto non si tratta solamente di un accompagnamento alle immagini come accade sempre nei film pixar, ma viene elevata a protagonista del film, in quanto sogno di Miguèl. Come vi siete approcciati a questo nuovo ruolo della colonna sonora?
L.U. Sin dall’inizio la mia idea era quella di riempire il film di musica e gran parte delle ricerche sul campo in fase di pre-produzione è stata dedicata allo studio della musica messicana. Non volevamo una colonna sonora che fosse totalmente scollegata dall’ambientazione che avevamo scelto: doveva essere naturale, un personaggio perfettamente a suo agio nella terra del Dìa de los Muertos. Ecco, se c’è stato un film di ispirazione è stato Fratello dove sei? dei Coen: qui la storia è impossibile separarla dalla musica che l accompagna, per altro di un genere musicale specifico, in quel caso americano.
Un’altra tematica importante è quella del confine e della frontiera, tema che sarà accolto probabilmente solo dal pubblico più adulto. In che modo vi siete dedicato a metterlo in scena?
D.A. La cosa forse più importante in relazione al giorno dei morti è il fatto che sia importante ricordare i propri antenati, perché se non lo si fa verranno dimenticati per sempre. Credo in un certo senso che sia parte del nostro dna abbattere la frontiera che ci separa da chi non c’è più. È importante ricordare che la famiglia è un tesoro da tenere nel cuore, dobbiamo sempre essere grati nei confronti di coloro che sono venuti prima di noi e che si sono sacrificati per consentirci di essere dove siamo.
A proposito di questo, un personaggio che non ci aspetteremmo di trovare in un film della Pixar è quello di Frida Kahlo. Gli eredi di Frida hanno visto il film e cosa ne pensano?
L.U.: Abbiamo incontrato la figlia di Frida e conosciuto le persone che gestiscono il Museo Frida Kahlo a Città del Messino. Con loro abbiamo collaborato durante le riprese del film, perché era importante per noi fare qualcosa che fosse accurato quanto rispettoso dei personaggi che andavamo a rappresentare. Devo dire che il loro aiuto è stato fondamentale e sono persone con cui è molto bello lavorare. Hanno anche partecipato alla première a Città del Messico ed erano molto felici del risultato.