Jennifer Lebeau è una produttrice televisiva di grandissimo successo già autrice di The Basement Tapes: The Legendary Tale, documentario sull’omonimo album di Bob Dylan. A tre anni da questo lavoro, la regista è entrata in possesso di un filmato leggendario: un concerto del premio Nobel 2016 per la Letteratura risalente all’epoca della sua fase di rinascita cristiana. Trouble No More, presentato alla 12. edizione della Festa del Cinema di Roma, è destinato a dividere il pubblico (considerando la sua durata, è più probabile che lo vedremo in televisione piuttosto che al cinema), ma detrattori e fan si troveranno d’accordo sulla geniale trovata, da parte della Lebeau, di inserire dei sermoni all’interno del film.
Il periodo cristiano di Dylan, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, è stato analizzato dalla stampa nei minimi particolari ma non a sufficienza per quanto riguarda la musica che Dylan realizzò in quel periodo. La pellicola è composta da alcuni filmati ripresi durante i concerti della seconda parte del tour di Dylan del 1979-1980, intermezzati dai sermoni scritti dallo scrittore e critico Luc Sante e recitati dall’attore statunitense Michael Shannon.
Trouble No More, che arriva a stento all’ora di durata, è un’opera che potrebbe esasperare un gran numero di spettatori perché il film della Lebeau dà la sensazione di essere realizzato in maniera pigra e svogliata: effettivamente Trouble No More è un collage di filmati, in mezzo ai quali sono stati montati i brevi sermoni di Michael Shannon. Non c’è un’introduzione agli album di Dylan e non viene specificato che i video sono stati ritrovati nel momento in cui si pensava che fossero perduti per sempre. Queste scelte della regista possono portare il pubblico ad avere un atteggiamento negativo verso il documentario, simile a quello che si ha in alcune occasioni nei confronti dell’arte contemporanea.
Tuttavia, come succede anche nell’arte moderna, è l’idea geniale che sta alla base di Trouble No More a renderlo un lavoro unico nel suo genere. La Lebeau mette in piedi un esercizio di stile divertente, pieno di energia e di musica incredibile. Il suono di Dylan e della sua band è maestoso e Michael Shannon si trova perfettamente a suo agio, recitando la parte di un prete saggio che lancia invettive contro i peccatori. Piuttosto che dare ad un grande attore il ruolo di semplice voce narrante, Trouble No More porta il corpo di Shannon in scena, riprendendolo in monologhi volutamente teatrali ed esagerati. Insomma, la documentarista ci propone semplicemente due grandi artisti in due ruoli nei quali non siamo abituati a vederli (Dylan “cristiano rinato” e Shannon predicatore), nonostante non ci sia alcun tipo di rapporto tra di loro.
Trouble No More ha il grande pregio di non voler trasmettere messaggi, non cercando di spiegare o raccontare la fase di rinascita cristiana di Bob Dylan. D’altronde, come diceva Billy Wilder: “Se volete il messaggio, andate all’ufficio postale, che ne trovate”.