Il 2017 è stato un anno straordinariamente ricco per il grande cinema. Certo, il livello qualitativo medio delle produzioni italiane è stato a dir poco deludente, ma fortunatamente dall’estero sono arrivate decine di pellicole capaci di rendere onore al meglio alla settima arte.
Tra tutti i film che hanno avuto una distribuzione cinematografica in Italia nel 2017, abbiamo scelto di selezionare 20 titoli che rappresentino il meglio di quanto abbiamo visto in sala lo scorso anno. Pellicole che spaziano tra i generi e i temi più disparati, ma che hanno in comune un altissimo livello tecnico e artistico.
A seguire troverete le prime dieci voci della nostra classifica Top 20 dei migliori film del 2017 (cioè quelle dalla decima alla prima posizione), accompagnate dall’indicazione del distributore italiano, da un commento compendioso e dal link alla recensione completa e al trailer. Dieci film che, qualora non li aveste visti, non possiamo che consigliarvi di recuperare immediatamente, perché sono senza dubbio lavori imperdibili. Buona lettura!
10. STAR WARS: GLI ULTIMI JEDI di Rian Johnson (The Walt Disney Company)
Quando si ripropone un franchise quarantennale – probabilmente il più importante e amato nella storia del cinema – ci si muove su un terreno minato, in cui ogni nuova idea rischia di suscitare un cieco disprezzo nei fanboy più oltranzisti. Con Star Wars: Gli Ultimi Jedi Rian Johnson fa un’operazione incredibilmente coraggiosa: non solo evita ogni fan-service ma addirittura si prende il rischio di disattendere le aspettative degli spettatori e di stralciare quanto necessario dal capitolo precedente, per rendere Star Wars significativo per il nostro tempo. Il risultato è un racconto di crescita ispirato e profondo, un’opera di grande contemporaneità che trascende i limiti del blockbuster, nonché un manifesto progressista che sottolinea l’importanza per le nuove generazioni di non vivere nel passato. Se tutta la saga era imperniata su quell’indimenticabile «io sono tuo padre», ora Star Wars ci invita a uscire dall’ombra dei padri e rivendicare il nostro tempo. Un film audace.
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9. SCAPPA – GET OUT! di Jordan Peele (Universal Pictures)
Il cinema di genere e, in particolare, l’horror stanno vivendo un’importante rinascita in chiave autoriale e l’acclamata opera prima di Jordan Peele rientra pienamente in questa nuova ondata. Scappa – Get Out racconta con raffinata semplicità ma grande potenza la borghesia bianca statunitense che, dietro una facciata di progressismo più o meno compiaciuto, nasconde un razzismo mai sopito e una mentalità prepotentemente classista. Con interpretazioni solide, una brillante costruzione della tensione e uno script capace di un discorso politico complesso e quanto mai ficcante, questa fortunatissima produzione Blumhouse è riuscita a incidere sul dibattito pubblico molto più di altri lavori ben più tradizionali e didascalici. Un film politico.
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8. THE SQUARE di Ruben Östlund (Teodora Film)
Poco importa se l’ultima pellicola di Ruben Östlund, discussa vincitrice della Palma d’Oro a Cannes, possa essere interpretata come una serie di sketch spesso irrilevanti ai fini della narrazione principale: The Square, nel suo cristallizzare una serie di fondati luoghi comuni sull’arte contemporanea, diventa un arguto, caustico e divertentissimo ritratto di un certo Occidente intellettualoide che trasforma la cultura in uno status symbol borghese, cogliendo perfettamente tutte le sfumature del ridicolo involontario in cui almeno qualche volta si è imbattuto chiunque sia avvezzo a frequentare mostre, rassegne e musei d’arte contemporanea. Un film esilarante.
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7. MOONLIGHT di Barry Jenkins (Lucky Red)
Basterebbe la torreggiante performance di Mahershala Ali a rendere il secondo lungometraggio di Jenkins un’opera imperdibile, ma in realtà Moonlight è molto di più: un dramma asciutto e mai retorico sulla tortuosa strada che ci porta a costruire la nostra identità; magnificamente girato, forte di interpretazioni solidissime e di una colonna sonora impossibile da migliorare. Attraversando tre diverse fasi della vita del protagonista, il regista riesce a dare tridimensionalità ad aspetti della cultura afroamericana che vengono spesso appiattiti nei cliché (il machismo delle gang, l’abuso di sostanze nelle realtà disagiate), trattando con grande delicatezza il tema delle minoranze multiple e dell’identità di genere. Un film intenso.
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6. LA LA LAND di Damien Chazelle (01 Distribution)
Damien Chazelle con La La Land torna al musical dopo Guy and Madeline on a Park Bench e confeziona un instant classic, capace di travalicare i limiti della nicchia di genere. Forte delle indimenticabili musiche del suo fido Justin Hurwitz e dei colori vivi della fotografia di Linus Sandgren, uno Chazelle sempre più tecnicamente maturo si affida al poliedrico talento di Ryan Gosling ed Emma Stone, che si troveranno a rincorrersi in una Los Angeles infestata dalle inesauribili citazioni dei grandi musical (quelli di Jacques Demy su tutti), animati da uno script che non cede alla facile tentazione di soluzioni melense ma anzi ci riporta con i piedi a terra per mezzo della sua contemporaneità e amarezza. La magnifica illusione Hollywoodiana in tutte le sue sfumature, nonché il ritratto di una società fondata sulle ambizioni individuali. Un film cult.
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5. MANCHESTER BY THE SEA di Kenneth Lonergan (Universal Pictures)
Quello del dramma è un genere a lungo abusato, in cui è facile eccedere con l’indigeribile commiserazione. Se ormai sembra che la sua commistione con la commedia sia l’unico modo per proporre al pubblico contemporaneo vicende dolorose, Kenneth Lonergan sceglie una strada diversa dal solito dramedy, puntando tutto sul tono e sul contesto. Nonostante non manchino momenti divertenti, Manchester By The Sea è una storia sul dramma più nero, quello dal quale è impossibile sottrarsi, caratterizzata però da una gentilezza dei toni e dei colori che mette l’uno contro l’altro un uomo consumato da una vita spietata e un mondo idilliaco nella sua poetica bellezza. Mai nessuna pellicola aveva saputo ritrarre così bene il dolore maschile. Un film struggente.
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4. PERSONAL SHOPPER di Olivier Assayas (Academy Two)
Se i fantasmi sono presenze immateriali e intangibili, allora, in un’epoca in cui la maggior parte delle interazioni sono remote e mediate dalla tecnologia, non siano tutti fantasmi? È da questo geniale presupposto che parte il francese Olivier Assayas per confezionare un racconto seducente e misterioso che è una riflessione brillantissima sulla società contemporanea e al contempo una storia metafisica e senza tempo, emozionante come solo gli archetipi sanno essere. Personal Shopper, nel suo continuo spostarsi dal piano del materiale a quello dell’immateriale, è un film di domande; giacché certe dimensioni dell’esperienza umana sono troppo ambigue per esser cristallizzate in una risposta. Un film perturbante.
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3. MADRE! di Darren Aronofsky (20th Century Fox)
L’ultimo lavoro di Aronofsky è il suo più audace, in cui espande il linguaggio simbolico che da sempre gli è proprio fino a sublimarlo in una pellicola compiutamente surrealista e Buñueliana. Dopo una lunga parentesi in cui ha provato con scarso successo a inseguire progetti più commerciali, con Madre! l’autore decide di abbandonarsi a una violenta reazione intellettuale e mettere in scena un racconto completamente disinteressato a regalarsi al pubblico generalista, in cui riflette sul suo percorso creativo ma al contempo gioca con il paradigma biblico ed ecologista e sfiora il tema della violenza di genere. Onore al merito alla Fox per aver coraggiosamente finanziato un’opera che resterà significativa nel tempo. Un film simbolista.
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2. BLADE RUNNER 2049 di Denis Villeneuve (Warner Bros.)
Nonostante fosse coinvolto alla regia uno dei più grandi talenti del cinema contemporaneo, nessuno si aspettava che il seguito di un leggendario noir fantascientifico di trentacinque anni prima potesse essere un’opera tanto importante, stratificata e ambiziosa. Eppure, nell’epoca dei sequel e dei revival senz’anima, Blade Runner 2049 si staglia come un capolavoro a sé stante, che sussume l’originale e lo amplifica, trasportandolo in terreni completamente diversi. Un Villeneuve mai così meditativo sembra intercettare e anticipare tutti i dubbi cui ci stiamo rapidamente approssimando con il progresso delle intelligenze artificiali, dando corpo alle preoccupate dissertazioni di Hawking, Musk, Zuckerberg e Gates in un universo poetico e commovente, con una realizzazione esteticamente inarrivabile. Un film magnetico.
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1. ARRIVAL di Denis Villeneuve (Warner Bros.)
Da qualunque punto di vista lo si osservi, Arrival di Denis Villeneuve è un film straordinario tanto negli intenti quanto nella realizzazione. Ibridando l’atterrito stupore della migliore fantascienza di Spielberg con la bellezza spirituale e riflessiva di Terrence Malick e le ambiziose digressioni psicolinguistiche del Coppola di Youth Without Youth, il regista canadese confeziona il film che meglio di ogni altro ritrae la sovrapposizione tra cinema di genere e cinema d’essai che caratterizza lo zetgeist della settima arte contemporanea. Una pellicola di fantascienza ma quasi senza azione, in cui il visitatore oltremondano diventa un pretesto per osservarci dall’esterno nella nostra ricerca di empatia e connessione; un lavoro magistrale in cui una gestione da manuale della tensione si accompagna a un uso geniale dei tempi del racconto. Un film trascendente.
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