Format vincente non si cambia, e questo diktat è stato recepito perfettamente in casa Blumhouse: specializzata in pellicole horror a basso costo, la casa di produzione di Jason Blum (che ha finanziato anche Whiplash e The Reader) decide di puntare ancora sul franchise di Insidious , i cui primi tre capitoli hanno fruttato oltre 370 milioni di dollari a fronte di 16,5 milioni di costi di produzione. Sta infatti per arrivare nelle nostre sale il quarto episodio della saga: Insidious: L’Ultima Chiave.
Dopo James Wan (regista dei primi due episodi) e Leigh Wannell (qui nella duplice veste di sceneggiatore e attore), la macchina da presa viene affidata al giovane Adam Robitel, (regista dell’interessante horror found footage The Taking of Deborah Logan), nella speranza possa dare nuova linfa a una proprietà che, nonostante il notevole successo al box office, accusava già al terzo titolo una notevole stanchezza sia nella scrittura sia nella costruzione dello spavento. Stanchezza che anche Insidious: L’Ultima Chiave si porta dietro.
Elise Rainier (ruolo ripreso da una volenterosa Lin Shaye) viene contattata per un caso di infestazione soprannaturale in un’abitazione nel New Mexico e deve decidere se affrontare i suoi ‘demoni’ più intimi: in quella casa infatti la donna ha passato la sua infanzia e scoperto le sue capacità, che erano fonte di spavento per il violento padre (il quale non esitava a punirla ogni qual volta si manifestassero) e causa degli eventi traumatici che l’avrebbero segnata per il resto della vita. Il caso viene accettato, ed Elise, accompagnata da Specs (lo sceneggiatore stesso, Leigh Wannel) e Tucker (Angus Sampson) inizia a indagare per portare alla luce una verità nascosta e chiudere definitivamente con il proprio passato.
Nonostante Lin Shaye ce la metta tutta per salvare il film, la sua buona interpretazione non è abbastanza per considerare questo quarto capitolo della saga di Insidious come un prodotto riuscito, complice una scrittura approssimativa e un design dei demoni imbarazzante.
I dialoghi terribilmente banali sembrano usciti da un compendio di frasi fatte per il genere horror, e i momenti in cui si dovrebbe raggiungere l’apice della drammaticità sono invece quelli nei quali lo script sembra più deludente. Se in un film del terrore l’unico meccanismo che funziona senza alcun intoppo è la dinamica comica (affidata al duo Specs e Tucker), ci deve essere qualcosa di profondamente sbagliato nelle idee portate in scena.
Riguardo al design delle creature, si è passati da un primo episodio (realizzato tra l’altro con un decimo del budget assegnato a L’Ultima Chiave) in cui veniva presentato un demone esteticamente accattivante come il Lipstick Demon alla brutta copia di Eddie the Head di questo quarto capitolo, inserito tra l’altro in una scenografia identica a quella presentata negli episodi precedenti – sintomo della pochezza di idee del reparto creativo – e con VFX deludenti.
Nonostante sia difficile individuare qualche elemento che si attesti al di sopra del mediocre, Adam Robitel riesce comunque a regalare alcuni spunti interessanti: con il suo secondo lavoro, il regista di The Taking of Deborah Logan dimostra di saper gestire bene sia il meccanismo della tensione che quello dello spavento, angosciando lo spettatore nonostante gli unici tentativi di farlo saltare sulla sedia siano affidati ai soliti jumpscare.
Insidious: L’Ultima Chiave chiude idealmente il cerchio collegandosi alle fasi iniziali del franchise e potrebbe tranquillamente segnarne la fine: sfruttata fino al midollo e con una gestione dei personaggi caotica (basti pensare che al personaggio di Lin Shaye, morto nel primo film, sono successivamente state dedicate due pellicole), la saga pare aver detto già tutto ciò che doveva. Gli incassi però hanno già superato i 95 milioni di dollari, quindi è possibile che alla Blumhouse decidano un giorno di produrre un quinto episodio: cavallo vincente non si cambia.
Insidious: L’Ultima Chiave uscirà in Italia il 18 gennaio, distribuito da Warner Bros.