Nell’ultimo anno la piattaforma streaming Netflix ha rivendicato il suo primato sulla concorrenza con una produzione di contenuti capace di distinguersi tanto per qualità che per quantità: serie di successo, film originali (alcuni dei quali presentati anche in prestigiosi festival), produzioni internazionali e addirittura il suo primo blockbuster, Bright (qui il nostro approfondimento sulla strategia Netflix). Di sicuro alla compagnia di Los Gatos non manca l’audacia di scommettere su progetti sempre più rischiosi ed eterogenei, e l’anime Devilman Crybaby ne è la prova.
Diventato un cult fra gli anni ’70 e ’80, l’originale Devilman è un’opera cruda, spietata e disillusa, un vero spartiacque per il fumetto orientale (ma non solo) e fonte di ispirazione per artisti di tutto il mondo. Netflix, considerando l’ingombrante fama della creatura del geniale fumettista nipponico Go Nagai (il padre di Mazinga Z), ha realizzato una serie animata capace di adattare fedelmente il manga nella sua interezza ma anche di portare Devilman nel presente, svecchiando gli archetipi per renderlo appetibile anche alle nuove generazioni (del resto stiamo parlando di una comic series nata nel 1972).
LE NUOVE GENERAZIONI HANNO FINALMENTE IL LORO DEVILMAN
L’ossatura della storia è rimasta invariata: il timido ed impacciato Akira Fudo, convinto dal suo vecchio amico Ryo, partecipa ad un sabba con l’intento di svelare al mondo l’esistenza dei demoni. Durante il rito di evocazione infernale, tra alcol, sesso e droghe, Akira si fonderà con il potentissimo Amon mantenendo però la sua anima e trasformandosi, da ragazzino naïf dal buon cuore in Devilman, acerrimo avversario degli esseri demoniaci.
Sebbene il succo delle vicende narrate sia rimasto sostanzialmente lo stesso Devilman Crybaby osa, sfidando i gusti del pubblico in un periodo storico dove si tende a far leva, in tv e al cinema, sull’effetto nostalgia; il prodotto Netflix si prende una libertà stilistica ed interpretativa che sulla carta poteva essere controproducente. Il giovane studio Science SARU decide di rivoluzionare la storia, i personaggi e la struttura del manga di Nagai creando uno stile grafico atipico, surreale e frenetico che deforma l’azione, portandoci in un mondo lontano anni luce da ogni nostra aspettativa. Questo spirito sperimentale è figlio dell’approccio autoriale del regista della serie, il talentuosissimo Masaaki Yuasa (Mind Game, Ping Pong the Animation, Adventure Time): un visionario dalla grande personalità in grado di inserire in ogni suo lavoro la sua impronta radicalmente intima e originale. In poche parole, la persona giusta per non lasciarsi schiacciare dal nome del maestro Nagai e del suo Devilman.
Mentre i protagonisti Akira e Ryo subiscono solo cambiamenti minori alcuni personaggi secondari come quello di Miki e della sua famiglia vengono resi più umani e tangibili, diventando individui dalla grande personalità ed emotività. Nel nuovo Devilman vengono introdotti anche characters completamente nuovi che rappresentano un ponte fra l’universo dell’opera originale e quello intriso di modernità del nuovo adattamento dove la componente tecnologica la fa da padrone, in particolare i social network (utilizzati senza alcun noioso paternalismo o critica) che sono un’estensione della società umana e della sua moralità spesso malata.
Di pari passo allo spirito d’innovazione è presente però un grande rispetto per l’opera originale: Devilman Crybaby è infatti l’unica serie animata ispirata al fumetto in grado di catturare anche le piccole concessioni goliardiche del manga, e lo stesso discorso vale per il riconoscibile e psichedelico stile, che conserva delle affinità con la visione di Nagai. Anche qui il character design si prende delle grandi libertà ma è funzionale per modernizzare i personaggi, integrandoli meglio allo stile di Yuasa. Il disegno è minimalista e spoglio, in modo da permettere agli animatori di concentrarsi sulla fluidità dei movimenti che tagliano gli sfondi immobili e intrisi di colori acidi, donando una maggiore energia ad un’azione mai così brutale e frenetica. Ci troviamo quindi trascinati in un universo perverso e deliziosamente horror che non teme di spingersi anche in un erotismo estremizzato, assumendo un valore simbolico.
Anche se apparentemente lontano dai canoni del manga, con i suoi tratti sporchi, oscuri e forse un po’ antiquati, Devilman Crybaby riesce, grazie al suo dinamismo, ad incarnare perfettamente il tratto nevrotico ed energico di Nagai, in particolare nei momenti di grande pathos dove le linee del disegno diventano irregolari piegandosi alle emozioni del protagonista in una sorta di azione impressionista (caratteristica ripresa poi da diversi autori, come Miura con il suo Berserk).
L’azione non edulcorata del nuovo anime Netflix ci accompagna in una storia dal profondo sapore misantropo dove, toccando temi come la corruzione, l’empatia e la discriminazione, vengono messi in dubbio la vera natura dell’uomo e il suo posto nell’universo: noi umani meritiamo veramente la salvezza?
Nonostante il progetto indubbiamente ambizioso e gli straordinari risultati ottenuti, Devilman Crybaby non è esente da difetti: i dialoghi sono spesso non realistici e privi di mordente e le animazioni a volte ripetitive. Inoltre alcuni elementi nella caratterizzazione sono banali (in particolare la meccanica del pianto di Akira che dà il titolo all’opera), i design dei demoni nelle scene statiche sono deludenti e il pacing dei primi episodi è praticamente inesistente. Tuttavia, anche con queste criticità, Devilman Crybaby si dimostra una boccata d’aria fresca nel panorama dell’animazione mondiale grazie alla sua unicità e al suo coraggio: ancora una volta Netflix ci mostra il suo sconfinato potenziale e la sua capacità di creare qualcosa di veramente nuovo.