Presentata al Toronto International Film Festival e in altre importanti rassegne cinematografiche (tra cui il nostro Torino Film Festival), l’opera prima di Aaron Schneider, The Funeral Party – Get Low (disponibile in blu-ray grazie a Koch Media), è una dramedy estremamente interessante che può vantare un cast stellare, composto da grandi nomi come Robert Duvall, Sissy Spacek e Bill Murray.
UN EREMITA VUOLE CELEBRARE IL SUO FUNERALE PRIMA DI MORIRE
La pellicola racconta la storia di un eremita, interpretato da un irriconoscibile Robert Duvall, che decide di celebrare il suo funerale prima di morire. Per organizzare l’evento chiede aiuto a Frank Quinn (Bill Murray), impresario funebre con grandi problemi di denaro. Il ritorno alla civiltà dell’eremita Bush, dopo quarant’anni di isolamento, farà tornare a galla un vecchio mistero che riguarda la vedova Darrow (Sissy Spacek), complicando notevolmente le cose.
Siamo nel Tennessee degli anni ’30, in un piccolo villaggio. La religione, la chiesa e il reverendo sono al centro della vita del paese, essendo il luogo di ritrovo domenicale. L’istituzione religiosa non accetta che venga fatto un funerale ad un uomo in vita, dato che andrebbe contro i propri principi. Frank Quinn invece di principi non ne ha, le regole non lo interessano e pertanto non solo accetta di organizzare il funerale ma lo pubblicizza pure: compra spazi sui giornali, manda l’eremita Bush in radio e si cura di creare un manifesto che possa essere il più accattivante possibile. Diventa, insomma, un vero e proprio promoter.
UN FILM IMPERFETTO MA STRAORDINARIAMENTE POETICO
Il film di Aaron Schneider regala i suoi momenti migliori (e più divertenti) quando racconta l’organizzazione del funerale, diventando a tratti addirittura paradossale e surreale. L’eremita Bush è ritratto come una specie di Jay Gatsby, la cui festa diventa l’evento del secolo; Bill Murray e Robert Duvall sono bravi a mantenere un tono di serietà nella loro recitazione, senza mai sfociare nel ridicolo. Quando poi si arriva alla “festa”, l’eremita Bush pronuncia un discorso splendido, recitato e scritto magnificamente, che rende il finale ancora più toccante e commuovente.
La seconda parte di The Funeral Party è però la più debole, dato che risente di una mancanza di inventiva e fantasia. Quando il centro dell’azione si sposta dalla città all’eremita, il lavoro di Schneider non fa nulla per uscire dai binari del melodramma e dello stereotipo. Il personaggio di Duvall viene raccontato come un uomo segnato da un profondo dolore che ha scelto l’isolamento per scappare dalla tristezza; inoltre il segreto che nasconde si comprende troppo presto e lascia poco spazio alla componente mystery che il lungometraggio vorrebbe avere.
Tuttavia, nel complesso, The Funeral Party è un’opera riuscita, esaltata dalla performance di due attori incredibili. Purtroppo in alcuni punti il film risulta eccessivamente telefonato: con una seconda parte diversa, più dinamica e movimentata, avremmo potuto gridare al capolavoro. In ogni caso, l’idea di partenza della pellicola è geniale e la scena del discorso finale di Robert Duvall (che, ricordiamo, viene pronunciato in occasione del proprio funerale!) rimarrà a lungo nella mente dello spettatore.