Certi film, pur essendo straordinari, non troveranno mai spazio nella grande distribuzione tradizionale. È qui che subentra il fondamentale ruolo culturale dei migliori festival di cinema, e i cinefili che hanno la fortuna di presenziare alle proiezioni del concorso del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018 non dovranno lasciarsi scappare All You Can Eat Buddha, anteprima italiana del visionario debutto alla regia del direttore della fotografia Ian Lagarde.
Il soggetto basterebbe da solo a dare la dimensione della peculiarità dell’opera dell’autore canadese: un uomo sovrappeso e trasandato, di cui non sappiamo nulla, arriva in un villaggio vacanze in Sud-America, dove esercita da subito un’irragionevole fascinazione sul personale della struttura. Disinteressato ai futili divertimenti offerti dall’animazione, sembra cercare un limbo in cui perdersi piuttosto che una distrazione. Sarà l’incontro con un polpo gigante arenato sulla battigia a fare da fulcro alla storia: da quando la seducente voce dell’animale proferirà delle misteriose profezie all’uomo, questi inizierà a manifestare poteri taumaturgici, e mentre diventerà una presenza luminosa per chi lo circonda, inizierà ad autodistruggersi per l’eccesso di cibo e l’assenza di cure del suo diabete. Quando il corpo dell’uomo inizierà ad andare in cancrena, anche il villaggio e il paese tutto in cui si trova inizieranno a sprofondare nel caos e nel degrado.
La pellicola, presentata originariamente al Toronto International Film Festival, è caratterizzata da un inusuale equilibrio tra ironia grottesca, surrealismo e dramma. Interamente costruita su un non luogo quasi metafisico, che con il suo intrattenimento di plastica – straordinariamente commentato da un sonoro disturbante – sembra votato a far perdere ogni percezione di sé agli avventori, la provocatoria pellicola di Lagarde si muove in un terreno vicino alla poetica del Sartre di Huis Clos, pur procedendo poi in tutt’altra direzione.
Il protagonista (Ludovic Berthillot) sembra un eletto inconsapevole, irrimediabilmente distaccato da un mondo che invece lo cerca, prova per lui empatia, lo accoglie. In tal senso il personale dell’Hotel Palacio – soprattutto nelle bellissime figure del cameriere e della donna delle pulizie – ha un ruolo che dall’ospitale trascende nel protettivo, quasi come se le figure erranti che si occupano dell’albergo ne fossero in qualche modo dei sacerdoti.
La figura del polpo, che non può non far pensare alla creatura seducente de La Region Salvaje di Amat Escalante, con la sua estraneità quasi divina e divinatoria contribuisce a fare della storia che si consuma sullo schermo una sorta di delirio lisergico, che accompagna in un percorso di rovina e purificazione che coinvolge tanto il protagonista quanto lo spettatore.
Una pellicola come All You Can Eat Buddha richiede ovviamente agli spettatori un coinvolgimento interpretativo ben diverso rispetto a un cinema più convenzionale ma, pur senza darci certezze, sembra offrire una denuncia allegorica dell’imperialismo dell’occidente capitalista, che colonizza paradisi del sud del mondo con un turismo volgare e superficiale, vendono la promessa del benessere ma portando rovina, violenza e ‘cannibalismo’.
Un lavoro selvaggiamente creativo e fuori dal comune, che vi consigliamo assolutamente di vedere.
All You Can Eat Buddha sarà proiettato al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018 alle ore 17:00 del 9 aprile al Cinema Centrale.