Ogni grande artista necessita di un’uscita di scena spettacolare, e Harry Dean Stanton ha chiuso la sua mirabile carriera con un’opera basata sulla sua vita, Lucky, presentato in anteprima nazionale al Lucca Film Festival e Europa Cinema e finalmente in DVD su distribuzione CG Entertainment e Wanted.
Lucky è il racconto di alcuni giorni di vita di un sagace e scorbutico novantenne, ateo ed appassionato fumatore, in un piccolo paese americano. Entro i confini dei luoghi nei quali ha passato la sua vita, come la tavola calda e il bar, egli incontrerà diverse personalità con le quali discutere di vita e filosofia.
HARRY DEAN STANTON
Il protagonista di Paris, Texas di Wim Wenders, il Brett di Alien, “Toot-toot” ne Il miglio verde e Carl Rodd in Twin Peaks. Questi sono solo alcuni dei ruoli che Henry Dean Stanton ha interpretato, fra i più di duecento, durante una carriera cominciata negli anni ’50 e conclusasi nel 2017 solo a causa della morte. Lucky è stato il suo ultimo lavoro, cucitogli addosso da Logan Sparks e Drago Sumonja e basato sulla sua personalità.
Il protagonista è un novantenne senza figli e pertanto senza famiglia; i suoi coetanei sono già morti e quindi si ritrova ad avere a che fare con uomini e donne più giovani che cercano di prendersi cura di lui. Gli consigliano di andare in un centro accoglienza anziani e lui rifiuta, gli proibiscono di fumare dentro un locale e ciononostante si accende una sigaretta davanti ad un buon bicchiere. È un uomo che non si arrende, Lucky. Uno a cui tutti ricordano che prima o poi si muore e che non vuole accettarlo.
Stanton, insomma, è il punto di forza (e in un certo senso anche il limite) di questo film. Tutto ciò che John Caroll Lynch (ottimo in cabina di regia) aveva in mano era la sua faccia, il suo modo di camminare e di muoversi; un novantenne che sovente si mostra in mutande e canotta, che fuma con gusto e che si aggira come un estraneo fra gli abitanti di un non specificata cittadina.
UNA NUOVA IDEA OLTRE IL BIOPIC
Come in Paterson di Jim Jarmusch, i giorni si alternano calmissimi e lenti, idilliaci per un anziano che ancora è in grado di intendere e di volere. Una mattina, nella solita tavola calda dove tutti i giorni va a mangiare, Lucky incontra un veterano. Parlando, il protagonista racconta la sua vita e il suo passato come cuoco sulle imbarcazioni della marina militare americana.
Questo episodio non appartiene al film, bensì alla vita di Stanton. Lucky, infatti, non è altro che un documentario sulla vita dell’attore. Questo è il dato più importante, l’atto rivoluzionario di un film che, come detto, inizia e finisce con il suo protagonista. Il film di Lynch potrebbe dare il via ad un nuovo format. Un ibrido fra il documentario classico e l’opera di finzione, un modo per raccontare una vita diverso dal sistema canonico delle interviste e dei filmati di repertorio.
Lucky è la partita d’addio di Stanton, l’ultimo ballo di un attore silenzioso, timido e lontano dai riflettori. La grandezza dei film a cui ha preso parte non si è mai trasformata in una fame altrettanto estesa. Per celebrare al meglio la sua carriera ha voluto accanto l’amico di una vita, David Lynch, qui nella parte di “Howard”, solitario proprietario di una testuggine a cui desidera lasciare tutti i suoi averi.
John Carrol Lynch, in conclusione, gira un film molto più romantico che tradizionalmente bello. Su di esso, paradossalmente, grava la scelta di aver preso un attore di novant’anni come protagonista. Lucky potrebbe segnare l’inizio di un nuovo genere, di un documentario nuovo e necessario per commemorare i grandi professionisti del cinema. Lo ricorderemo quando penseremo a Harry Dean Stanton, scomparso a West Hollywood, il 15 Settembre 2017.