Un volto noto della fantascienza cinematografica, Sam Worthington (il Jake Sully di Avatar), torna da protagonista con Taylor Schilling (la Piper Chapman di Orange Is The New Black) in The Titan, film di Netflix diretto da Lennart Ruff (alla sua opera prima); rilasciata dal web service di Los Gatos il 30 marzo, la pellicola si inserisce nel ricco filone fantascientifico promosso negli ultimi tempi dalla piattaforma streaming più famosa al mondo. Lontano da astronavi e da stelle lontane, The Titan si focalizza sul nostro pianeta e sulle soluzioni da adottare per le nuove sfide ambientali che minacciano di privare la razza umana del suo habitat naturale, condannandola all’estinzione. Le premesse ci consentono immediatamente di collocare il lungometraggio nello specifico genere dello sci-fi apocalittico.
L’EVOLUZIONE ASSISTITA COME UNICO RIMEDIO PER LA SALVEZZA DELLA RAZZA UMANA
La vita sulla Terra sta rapidamente diventando impossibile: crisi alimentari, sovrappopolazione e disastri ambientali flagellano il nostro pianeta in un futuro non molto distante da noi (precisamente nel 2048). È già nata l’ultima generazione che può ancora sperare nella sopravvivenza: il tempo però stringe e l’umanità volge lo sguardo alle stelle sognando una nuova casa. L’unica speranza è Titan, una delle lune di Saturno caratterizzata da immensi oceani di metano liquido e da un livello di ossigeno nettamente inferiore a quello terrestre che rendono la vita tutt’altro che scontata, costringendo così l’essere umano a considerare alcune modifiche genetiche. L’uomo deve adattarsi, evolvere in una nuova specie: l’homo titanicus, come viene denominata dallo scienziato responsabile degli esperimenti, il professor Martin Collingwood (Tom Wilkinson). Ma l’evoluzione, in pieno stile darwiniano, permette la sopravvivenza solo di alcuni: i più forti, i più idonei. Tanto più che all’errore genetico si somma l’errore umano. L’uomo, in The Titan, gioca a farsi Dio, non più accelerando semplicemente l’evoluzione ma creando una nuova specie. Uno spunto di riflessione che, se approfondito, sarebbe stato interessante ma che invece resta silente nel corso della durata del film: regia e sceneggiatura preferiscono concentrare lo sguardo sui cambiamenti genetici che investono i soldati volontari, primi tra tutti Rick Janssen (Sam Worthington) e W.D. Tally Rutherford (Nathalie Emmanuel, la Missandei di Game Of Thrones).
UNO SPLENDIDO SOGGETTO PER UN FILM NON CONVINCENTE
Ciò che consente a The Titan di discostarsi dal classico film di fantascienza è il capovolgimento di prospettiva: non è più il pianeta a dover essere idoneo per la vita (opzione non solo scartata ma nemmeno contemplata), è l’uomo che deve adattarsi ad esso. L’integrazione tra ambiente e uomo toglie a quest’ultimo il primato di capriccioso dominatore della natura, presentando invece le due entità in un rapporto dialettico e paritario: il paradigma della sostenibilità ambientale, sempre più affermato nella società odierna, penetra (seppur in modo non direttamente afferrabile) anche nella rappresentazione culturale.
L’errore umano, la fallibilità della scienza e il fascino della casualità sono i fattori che muovono la storia stessa, influenzando le svolte della trama. Tuttavia la sceneggiatura non riesce a cogliere in profondità i temi attualissimi che si nascondono dietro l’affresco creato da Lennart Ruff, rimanendo solo accennati sullo sfondo; le potenzialità di The Titan vengono intrappolate da una scrittura poco profonda, più attenta agli eventi rispetto al messaggio che vorrebbe lanciare.
Come moltissimi lungometraggi prodotti da Netflix, The Titan propone un soggetto originale che però, alla lunga, non viene sviluppato in maniera convincente, nonostante i mezzi a disposizione ed un cast di ottimo livello.