La guerra lascia strascichi difficili da cancellare: il Libano oggi è un Paese pacificato al suo interno ma i focolai che hanno causato in passato conflitti sanguinosi sono ancora tutti lì che covano sotto la cenere e nessuno è in grado di sapere se il tempo sarà in grado di spegnerli (grazie anche al ricambio generazionale) oppure se l’odio tra diverse etnie e culture un giorno si riaccenderà violentemente. E’ questo il dilemma che il regista libanese Ziad Doueiri mette in scena nel suo acclamato film L’Insulto, disponibile ora in blu-ray grazie a Lucky Red, Mustang Entertainment e CG Entertainment. Il lungometraggio ci porta a Beirut, una città che dal 1990 si sta lentamente e faticosamente rimettendo in piedi. Dal punto di vista urbanistico molto è stato ricostruito ma, se consideriamo il suo eterogeneo tessuto sociale, ci sono ancora lacerazioni che non riescono a risanarsi.
UNA LITE CHE DIVENTA AFFARE DI STATO
La lite che scoppia tra il cristiano libanese Toni (Adel Karam) e l’ingegnere civile palestinese Yasser (Kamel El Basha) nasce per un motivo futile: Yasser è il capomastro della ditta che ha appaltato i lavori nel quartiere dove vive Toni e la sua giovane moglie Shirine (Rita Hayek); quando comunica al libanese che dovrà mettere a norma la grondaia del suo balcone Toni si rifiuta, non permettendogli di entrare in casa per sistemare l’irregolarità. Yasser ordina allora agli operai della ditta di salire su una scala e di eseguire ugualmente i lavori dall’esterno. Tornato dal comizio di un leader del partito cristiano Toni interrompe i lavori e affronta Yasser, il quale lo accusa di irresponsabilità offendendolo a più riprese. Sarà questa la scintilla che scatenerà uno scontro che non riguarderà più due singole persone ma due etnie. Da qui inizierà una dura battaglia giudiziaria che pian piano monterà fino a portare la vicenda in televisione, scatenando prese di posizione da una parte e dall’altra. Verrà così alla luce una difficile convivenza, spaccando di fatto per l’ennesima volta l’opinione pubblica in maniera netta e diretta, tanto che il libanese verrà difeso da un anziano principe del foro (Camille Salameh) e il palestinese da sua figlia (Diamand Bou Abboud).
UN FILM POLITICO CRITICO VERSO IL LIBANO
Ziad Doueiri rappresenta sul grande schermo il clima ancora teso che si respira oggi a Beirut e in Libano ma l’elemento principale che il cineasta vuole evidenziare nel suo film è legato ad un grande quesito: l’odio potrà mai essere messo da parte per promuovere una convivenza pacifica e civile? Una domanda vecchia quanto il mondo che in questo lungometraggio rimane senza risposta, non tanto per come la storia viene raccontata quanto per la scelta compiuta dall’autore di concludere la sua opera con un finale particolarmente enfatico ed eccessivamente rassicurante (unico vero limite de L’Insulto). Detto questo, va dato atto a Doueiri di aver confezionato un film ben girato dallo script solido, frutto del lavoro di scrittura del filmmaker assieme a Joelle Touma. Il regista libanese nella sua carriera ha lavorato come operatore di macchina a Hollywood in produzioni importanti (in particolare con Quentin Tarantino): probabilmente la sua esperienza negli States gli è stata utile anche per il casting, assolutamente perfetto. Le interpretazioni di tutti i protagonisti sono infatti di grande livello e sono senza alcun dubbio uno dei grandi punti di forza della pellicola.
L’Insulto, vincitore della Coppa Volpi a Venezia 74 per la miglior interpretazione maschile e candidato agli Oscar 2018 come Miglior Film Straniero, riflette infine sull’importanza delle parole che, in un contesto già di per sé esplosivo, possono avere lo stesso effetto della dinamite.