Roo-mi (Shim Eun-kyung) è una giovane donna che da bambina è stata abbandonata da suo padre e che oggi gestisce un ristorante di successo assieme alla madre. Per far spazio ad un nuovo centro commerciale viene ordinato lo sgombero di tutte le piccole attività che animano il quartiere in cui lavora: per questo motivo Roo-mi e tutti gli altri commercianti si asserragliano nei negozi opponendo una strenua resistenza, subendo soprusi e violenti pestaggi fino a che sua madre non viene uccisa in uno dei tanti tentativi di sfratto. Seok-heon (Ryu Seung-ryong), il padre di Roo-mi, è una guardia di sicurezza che sopravvive come può e che sfugge ad ogni tipo di responsabilità, fino al giorno in cui un meteorite precipita sulla Terra riversando una strana sostanza nell’acqua di una sorgente in cui Seok-heon si ferma a bere. La sostanza dona all’uomo dei poteri straordinari che userà per aiutare Roo-mi nella sua battaglia e per riavvicinarsi alla figlia dopo averla abbandonata.
Il nome di Yeon Sang-ho è stato sulla bocca di tutti i cinefili quando, nel 2016, è uscito lo zombie movie Train To Busan, suo primo lungometraggio live action dopo una lunga carriera nel mondo dell’animazione. Train To Busan è riuscito contemporaneamente a dare nuova linfa vitale ad un genere estremamente inflazionato negli ultimi anni (complice il grande successo di The Walking Dead), che sembrava non avesse più nulla da dire, e a mostrare al mondo intero le grandissime capacità dell’industria cinematografica sudcoreana, capace di reggere il confronto con realtà più grandi e apprezzate. Psychokinesis è, almeno nelle intenzioni, un proseguimento di quanto messo in mostra con il suo film precedente, perfettamente integrato all’interno dell’enorme sistema produttivo della Corea del Sud ma rivolto ad un pubblico internazionale: non a caso è uscito in sala solo in patria, mentre nel resto del mondo è stato distribuito su Netflix. Il progetto era ambizioso: in un’epoca dominata dai cinecomic che macinano record su record d’incassi, Yeon voleva creare il primo film supereroistico sudcoreano, allontanandosi però dalla spettacolarità estremizzata per dare vita ad un personaggio di umili origini (sulla scia di Zebraman di Takashi Miike), lontano dagli scontri galattici dei supereroi Marvel e legato alle battaglie ordinarie contro i soprusi e la corruzione del governo che si combattono nelle piccole realtà di quartiere.
Purtroppo il risultato finale è un’opera sottotono e decisamente ordinaria, che da un lato cerca di denunciare la corruzione e l’abusivismo edilizio del proprio paese ma che, quando arriva il momento di approfondire tali tematiche o i rapporti tra i vari personaggi, lo fa in maniera estremamente superficiale, rifugiandosi spesso in gag dalla risata garantita ma davvero poco incisive. Psychokinesis si rivela essere così una banale commediola che sfigura su tutti i fronti: da una parte non regge il confronto con la grande tradizione della commedia coreana, che in patria è il genere trainante dell’intera industria e da cui sono nati dei veri e propri capolavori (basti pensare allo stupendo I’m a Cyborg But That’s Ok di Park Chan-wook, a Castaway on the Moon, al campione d’incassi My Sassy Girl o all’ingiustamente semisconosciuto A Man Who Was Superman, che già nel 2008 strizzava l’occhio ai supereroi in maniera del tutto originale), mentre dall’altra non riesce minimamente ad avvicinarsi all’intrattenimento puro offerto dai cinecomic americani, mettendo tra l’altro in evidenza il divario sia economico che tecnologico con le produzioni estere più blasonate. È un vero peccato, perché si riesce ad intravedere il vero potenziale del lungometraggio ma non emerge in nessun momento. Psychokinesis, in poche parole, è un’occasione sprecata.