Il linguaggio del corpo come manifesto della lotta per l’affermazione personale di una giovane donna ingoiata dalla grande città: Léonor Séraille, con il suo primo lungometraggio Montparnasse Femminile Singolare (uscito nelle nostre sale il 24 maggio su distribuzione Parthénos e disponibile in DVD su distribuzione Mustang/Parthenos/Lucky Red/CG Entertainment), porta sul grande schermo un personaggio femminile di grande forza che pian piano diventa anche il paradigma di una gioventù globalizzata, costretta a fare i conti con una società spezzettata, discontinua, disomogenea. Una generazione che, per affermare la propria esistenza, è disposta anche a lottare per la sopravvivenza facendo lavori non qualificati e sottopagati. Ma quella della protagonista Paula (interpretata da Lætitia Dosch) non è una battaglia per il potere (o meglio, contro il potere): lei è spinta dalla voglia di scoprirsi e di scoprire attraverso le relazioni. Il suo è un desiderio di vita, di sperare fino in fondo (nonostante si trovi in una situazione precaria) che ci sia anche per lei un’opportunità, un posto al sole per diventare un ingranaggio visibile e riconoscibile della società.
È questa la forza di Montparnasse Femminile Singolare, raccontare la storia di una ragazza diversa dalle altre che, lasciata dal fidanzato dopo una lite furibonda, rientra a Parigi dal Messico senza un soldo in tasca (avendo come compagno solo un gatto). Paula non sa fare nulla e, quando viene scaricata anche dalla madre, si ritrova in una metropoli che non riesce più a decifrare. La sua libertà ha molto poco di convenzionale ma intorno a lei tutto e tutti sono assuefatti dal conformismo e dall’indifferenza. La sua singolarità diventa un corpo estraneo contrapposto ad una indefinita identità massificata dove, per essere respinti, non serve affrontarla ma solo non riconoscersi in essa. È forse in questo senso che Paula, da “femminile singolare”, simboleggia il grido delle nuove generazioni che vogliono rivendicare il loro posto nel mondo. Ovviamente solo nel finale sapremo se gli sforzi della ragazza saranno stati vani o creeranno le premesse per una nuova chance: saranno gli spettatori a giudicare se il futuro di Paula sarà visto con gli occhi castani o con gli occhi blu.
Quel che è certo è che la regista francese ha costruito un mondo cinematograficamente accattivante, stimolante, stilisticamente raffinato e mai banale, con alcuni elementi che si inseriscono a pieno titolo nella grande tradizione della cinematografia francese, in primis l’attenzione ai dialoghi e la macchina da presa incollata ai volti dei personaggi. Con questa scelta stilistica il mondo esterno rimane sì sullo sfondo ma viene descritto attraverso le espressioni e le parole che la sceneggiatura (ad opera della stessa Séraille) mette a disposizione dei suoi protagonisti. Il linguaggio del corpo inoltre, sin dalle primissime scene del film, ci fa conoscere Paula più da vicino: la sua vitalità, la sua sofferenza, le sue contraddizioni, la sua ribellione, il suo essere giovane donna (il titolo originale del lungometraggio, non a caso, è proprio Jeune Femme). Non possiamo però non fare una menzione speciale a Lætitia Dosch, il fiore all’occhiello della pellicola: l’interprete franco-svizzera, classe 1980, ha dimostrato di essere un’attrice splendida che meriterebbe una maggiore notorietà.
Montparnasse Femminile Singolare, premiato nel 2017 al Festival di Cannes come Migliore Opera Prima, è un film che ritrae alla perfezione i timori e i sogni di una gioventù che, in un mondo senza più certezze, cerca ardentemente uno scopo, una ragione di esistere.