Love Disease è il nuovo film del giapponese Kota Yoshida, prodotto dalla casa di produzione cinematografica Nikkatsu e presentato in anteprima all’Asian Film Festival di Bologna.
UNA GIOVANE MAMMA IN DIFFICOLTÀ TRUFFA UN INGENUO OPERAIO
Emiko (Tomoko Fujita) è una giovane neomamma che scappa dai continui abusi del compagno Eiji. Assieme alla neonata Ran torna a vivere con i suoi genitori (assieme al fratello e alla sua fidanzata) ma la famiglia le è ostile e la obbliga a pagare l’affitto. Emiko si iscrive così ad una chat erotica in cui abborda Shinnosuke (Amane Okayama, premiato come miglior attore all’Asian Film Festival), un giovanissimo operaio con un ottimo conto in banca che la donna vuole truffare.
LOVE DISEASE È UN FILM GROTTESCO CHE NON PUNGE MAI
Yoshida è un regista che ama particolarmente inserire nei propri film una venatura bizzarra. Love Disease non fa eccezione ma il suo mix di erotismo, grottesco e commedia non convince affatto in quanto confusionario e dal ritmo troppo altalenante. Il lungometraggio propone una serie di personaggi borderline privi di qualsiasi tipo di valore o senso della misura, esplorando le loro degenerazioni e affrontando la loro solitudine. La famiglia di Emiko è completamente fuori di testa, tanto che quando suo padre viene colpito da un ictus nessuno vuole chiamare un’ambulanza per via del fatto che, se l’uomo dovesse subire danni permanenti, nessuno sarebbe in grado di pagarne le cure o di accudirlo. Il fidanzato di Emiko inoltre è un violento che non si cura né della salute della compagna né di quella della figlia Ran, mentre Shinnosuke è un ingenuo di buon cuore incapace di rendersi conto della truffa di cui è diventato vittima.
Tutta la pellicola è costruita attorno a questi aspetti ma troppo spesso ciò che accade sullo schermo risulta gratuito e pacchiano, con una sceneggiatura che alterna momenti concitati (più o meno violenti) a lunghe sequenze piuttosto noiose e per nulla ispirate. Il ritmo narrativo adottato da Yoshida non convince, così come non convincono le sequenze più comiche che non riescono né a divertire né tanto meno a strappare un sorriso amaro perché non sufficientemente taglienti ed incapaci di analizzare realmente la situazione assurda in cui Emiko ha trascinato Shinnosuke.
Shinnosuke, a dire il vero, è l’unico character davvero interessante di tutto il film (grazie anche alla buona interpretazione di Okayama): spesso viene ridotto ad una semplice macchietta ma nonostante ciò la sua solitudine è resa molto bene grazie alla sua totale devozione all’amata, anche dopo che questa gli svela la truffa che sta portando avanti a suo discapito e gli confessa di essere innamorata di un altro uomo.
In conclusione, Love Disease è un’opera che mette in mostra delle ottime intenzioni e delle buone potenzialità che vengono, purtroppo, del tutto eclissate dal suo tono incerto e dal suo andamento troppo confusionario. È incapace di punzecchiare davvero lo spettatore, ridimensionando quella che poteva essere la cruda rappresentazione di uno spaccato sociale del Giappone contemporaneo perché, nel corso dei minuti, si trasforma semplicemente in una banale commedia.