«Per quelli piccoli uso il gas, per quelli più grandi le pallottole»: questa la frase che campeggia sulla locandina in stile grindhouse di Euthanizer, revenge movie finlandese di Teemu Nikki presentato al Biografilm Festival 2018 – International Celebration of Lives. Considerate le esplosioni che nella grafica circondano il protagonista, è facile pensare che la citazione si riferisca a vittime umane – l’allusione è tutto fuorché casuale – ma in realtà nel film è riferita a esseri inermi: animali da compagnia malati.
Veijo (Matti Onnismaa) è lo «euthanizer» del titolo: svolge infatti un’attività illegale (che però pubblicizza addirittura con dei volantini) di soppressione di animali domestici. I suoi modi burberi e i metodi di uccisione lo fanno inizialmente sembrare un sadico spietato, ma allo spettatore basterà poco per capire che si tratta di un servizio che offre a prezzi più che modesti e a scopo compassionevole: pur di non veder soffrire gli amati cani e gatti ammalati, è disposto ad aiutare chi non avrebbe la disponibilità economica per una soppressione dal veterinario.
Come è prevedibile già dalle primissime scene del film, che introducono senza apparente ragione un gruppo di nazionalisti dai modi violenti, il talento per le uccisioni di Veijo finirà per essere esercitato contro quelli che già dall’inizio identifichiamo come gli antagonisti e – come è ancora più scontato – sarà proprio la loro violenza gratuita da parte loro su un animale inerme ad accendere la scintilla che chiamerà il protagonista all’azione.
Il trattamento degli animali nell’ambito della storia è probabilmente il problema principale del titolo: se il tropo del cane costretto a subire violenze è una delle soluzioni più banali, pigre e onnipresenti nella storia della sceneggiatura cinematografica, Euthanizer non solo non si sottrae al paradigma, ma ne abusa oltre ogni misura. Teemu Nikki infatti dapprima mostra una serie di esecuzioni di bestiole innocenti (facendole soffocare con i gas di scarico di una macchina, sul sottofondo di una musica rilassante, o facendo sparare loro in testa) con l’esplicito intento di scioccare emotivamente lo spettatore. Una volta che è ovviamente riuscito a suscitare un coinvolgimento emotivo da parte del pubblico, il regista continua a giocare a carte scoperte e ci racconta del rapporto tra il protagonista e un suo nuovo amico a quattro zampe, che ha salvato da un padrone spietato. Tale legame servirà unicamente da pretesto per scatenare la rabbia di Veijo, a scapito nuovamente del cane.
È evidente quanto sia centrale il meccanismo che fa ripetutamente susseguire empatia per l’animale domestico, ‘shock’ per la sua morte e quindi sensazione di disagio, ed è proprio la natura piuttosto banale di questo meccanismo che potrebbe infastidire gli spettatori più smaliziati. Ovviamente però lo Euthanizer non si risolve tutto solo in queste iterazioni, e Nikki arricchisce l’ossatura della storia con la presenza di un anziano malato nel proprio letto d’ospedale (che si ricollega tanto al tema della dolce morte quanto a quello della vendetta) e con una storia d’amore piuttosto improbabile e forzata, nonché fondamentale nella dipanazione della trama ma incapace di contribuire con efficacia a una resa tridimensionale del personaggio di Onnismaa.
I toni del film sono relativamente inusuali e molto ben centrati, tanto che è la forma più che la sostanza a dare un’identità precisa alla pellicola, ma alla fine di questa saga di compassione e vendetta, si ha l’impressione che tutto si sviluppi con il pilota automatico e che non si riesca mai veramente a scalfire la superficie dei personaggi. Anche in termini di ritmo, si sarebbe potuto fare qualcosa di più in termini di scelte di montaggio e movimenti di macchina.