Un quarto di secolo. Tanto è passato dall’uscita in sala di Jurassic Park, il primo leggendario capitolo della saga che trasudava l’idea di settima arte di Steven Spielberg in ogni inquadratura. Quel film, così voluto dal regista di E.T. che lo opzionò ancora prima dell’uscita del libro e iniziò a portarlo su storyboard ancor prima che ci fosse una sceneggiatura (firmata dallo stesso scrittore Michael Chricton insieme a David Koepp), è diventato un paradigma per il cinema di intrattenimento moderno, una pietra miliare che segna un prima e un dopo.
Approfittando delle nuove straordinarie versioni home video distribuite da Universal Pictures Home Entertainment (imperdibile quella in 4K HDR, ricca di una moltitudine di contenuti speciali che da soli varrebbero l’acquisto della release), abbiamo deciso di riflettere su 5 tra i numerosissimi motivi che fanno di Jurassic Park uno spartiacque.
1. HA DIVULGATO ALLA MASSA I TEMI DELL’INGEGNERIA GENETICA
Ogni opera va sempre collocata nel proprio tempo, e c’è sempre un momento in cui un determinato tema del progresso scientifico esce dagli ambienti accademici o dalle cerchie più ristrette per arrivare a colpire l’immaginario collettivo.
Se l’ingegneria genetica non era certo una novità nei primi anni ’90 (se ne parlava già da due decenni), è stato proprio con Jurassic Park che la questione è arrivata prepotentemente nel dibattito pubblico, grazie alla geniale intuizione di andare oltre l’immaginario un po’ consunto dei cloni umani e di proporre l’idea della ‘resurrezione’ di ‘mostri’ estinti da 65 milioni di anni.
La componente scientifica applicata a creature tanto iconiche come i dinosauri fu alla base del mix che rese il film di Spielberg un caso ancor prima della sua uscita in sala, portando persone comuni a farsi un’opinione (non necessariamente troppo motivata) sulle etiche delle bioscienze.
2. HA CAMBIATO LA STORIA DEGLI EFFETTI SPECIALI INDICANDO UN MIX PERFETTO
Non è una novità che la CGI di Jurassic Park sia stata rivoluzionaria. Non era la prima volta che la computer grafica fotorealistica appariva sul grande schermo (aveva avuto un ruolo importantissimo già in Abyss del 1989 e in Terminator 2 del 1991, per citare un paio di titoli), ma era la prima volta che aveva un ruolo tanto preponderante nella realizzazione di un film.
Spielberg decise di optare per intere scene completamente create al computer quando il team della Industrial Light & Magic capitanato da Dennis Muren gli presentò dei test di dinosauri che si muovevano in pieno giorno: a convincere il regista non fu tanto la ricchezza di dettagli e texture – che si sarebbe potuta anche più facilmente ottenere ricorrendo agli effetti speciali tradizionali – quanto l’incredibile realismo dei movimenti, impossibile da ottenere altrimenti.
Alla CGI Spielberg accostò poi in molte inquadrature il ricordo a ‘effetti pratici’, individuando un mix perfetto di virtuale e analogico che, a lungo abbandonato dalle successive mega-produzioni che avrebbero fatto un eccessivo ricorso a una computer grafica ancora acerba, tornò a diventare un punto di riferimento più tardi, tanto da venire preferito ancora oggi.
3. HA COSTITUITO IL PERFETTO MODELLO PER I BLOCKBUSTER MODERNI
L’idea di blockbuster ha due padri nobili: George Lucas, che con il suo Star Wars intuì le potenzialità di un’epica moderna (anche in termini di merchandising), e Steven Spielberg, che fece delle potenzialità spettacolari della settima arte una poetica al servizio delle emozioni. Se l’impatto creativo ed economico della saga di Guerre Stellari è ancora lapalissiano nell’industria moderna, potrebbe essere meno evidente l’irremeabile influenza di Spielberg sui film di oggi.
Con i primi fondamentali passi nel favolistico per adulti con Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, e poi con le storie per tutta la famiglia come E.T. L’extra-terreste, Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta e Hook – Capitan Uncino, Spielberg seppe plasmare un moderno cinema d’avventura per tutti che, incorporando elementi fantastici e spettacolari, definì un modello riconoscibilissimo.
È pero proprio con Jurassic Park che il regista fa un salto in avanti nella propria concezione di cinema, facendo delle possibilità creative offerte dal digitale un elemento fondante della storia, e al contempo introducendo maggiori elementi di violenza in una storia potenzialmente per bambini, abbattendo così ogni barriera tra genere e generazioni e introducendo nella sua equazione due fattori che ancora definiscono con precisione il mix alla base dei blockbuster contemporanei.
4. È IL TRIONFO DEL SENSO DI MERAVIGLIA SPIELBERGHIANO
C’è un tipo di inquadratura che è tanto caratteristico del cinema di Steven Spielberg da aver preso il suo nome: la Spielberg Face. Affidata a volte a un lento carrello e più raramente a movimenti meno dinamici, viene usata per mostrare qualcosa di stupefacente attraverso l’effetto che ha sui personaggi. Prima di vedere qualcosa di portentoso, estasiante o pauroso, lo intuiamo dall’espressione di stupore stampata sulla faccia degli attori, con i quali creiamo un’empatia destinata ad accrescere l’emozione dell’inquadratura successiva.
Questa geniale scelta di linguaggio la ritroviamo in tutta la filmografia spielberghiana, nei contesti più disparati, ma è proprio in Jurassic Park che tale inquadratura raggiunge le sue vette più alte, assurgendo a metafora di tutta la storia stessa.
La memorabile scena in cui Sam Neill vede per la prima volta un branchiosauro e poi tocca la testa di Laura Dern per mostrarle l’animale preistorico è stampata per sempre nel nostro immaginario, e introduce il primo dinosauro del film con ben 30 secondi di ‘Spielberg Face’, nei quali non viene mostrato altro che l’effetto dello sbalordimento. Nessun momento più di quello racchiude probabilmente la poetica di un’intera carriera, nonché l’idea di magia basata sulle emozioni che è alla base del cinema di Spielberg.
5. IL SOUND DESIGN DEI DINOSAURI HA FATTO SCUOLA
Chiunque sarebbe pronto a citare Jurassic Park tra le pietre miliari della storia degli effetti speciali, eppure c’è un altro terreno nel quale il primo film della saga giurassica ha fatto la storia, ed è quello degli effetti sonori. Ancora una volta, per tale voce dobbiamo ricorrere al paragone con la saga stellare dei cavalieri Jedi, che già alla fine degli anni settanta lasciò il segno con il rivoluzionario lavoro di sonorizzazione delle astronavi.
Quello che Star Wars fece per definire nel nostro immaginario il suono dello spazio, Jurassic Park lo fece nel 1993 creando un precedente ineludibile nella sonorizzazione di creature immaginarie. Sfruttando per la prima volta in modo innovativo le potenzialità offerte dai computer, Gary Rydstorm creò un panorama sonoro del tutto inedito e di straordinaria unicità e definizione, da cui nessun film fantastico poté più prescindere.
Al netto di alterazioni di timbo, spettro e velocità, seppe costruire una miscela di sonorità rivoluzionaria, ottenendo ad esempio il verso del t-rex dalla miscela dei suoni di una tigre, un alligatore, un cucciolo di elefante, un cane e un pinguino, o il verso del Dilofosauro che attacca Dennis Nedry unendo le grida di scimmie urlatrici allo strido di un falco, al sibilo di un serpente a sonagli e al richiamo d’amore di un cigno. Ci spiace dirvelo, ma una delle componenti principali del richiamo dei velociraptor erano le urla di tartarughe che si accoppiavano.
Questi sono solo cinque degli infiniti motivi che hanno reso Jurassic Park uno dei titoli più influenti e importanti della cinematografia moderna, e se potremmo stare ancora molto a filosofeggiare a riguardo, in realtà vi invitiamo semplicemente a tornare bambini e a lasciarvi travolgere dal senso di stupore di uno dei tanti capolavori di Steven Spielberg.