Dopo Il Conformista e Ultimo Tango a Parigi, nel 1976 Bertolucci torna nelle sale con Novecento, distribuito in Italia in due atti e con il quale raggiunge una poetica precisa e multiforme tanto da riuscire a riassumere in sé le più importanti esperienze cinematografiche dell’era post-bellica.
Novecento, presentato ora in versione restaurata nella sezione Venezia Classici della 74. Mostra internazionale dell’Arte Cinematografica di Venezia, racconta la storia di tre generazioni diverse, che nascono e crescono sotto l’ombra del fascismo italiano prima, e della successiva lotta operaia dopo, attraverso le vicende e la strana amicizia tra due bambini nati lo stesso giorno: Olmo (Gérard Depardieu), figlio di padre ignoto e nipote del capocontadino Leo Dalcò ( Sterling Hayden), e Alfredo (Robert De Niro), futuro erede e nipote del ricco proprietario terriero Berlinghieri (Burt Lancaster) per cui la stessa famiglia Dalcò lavora. Mezzo secolo di storia italiana si dispiega naturalmente tra le righe della vita privata dei numerosi protagonisti, dall’infanzia di Alfredo e Olmo, alla morte dei vecchio Berlinghieri che lascia tutto in eredità al figlio e al nipote, ormai sposato e divenuto un tiranno nei confronti dei braccianti, proprio quando il fascismo è ormai giunto in quell’Emilia che per vent’anni cercherà di liberarsi dei padroni: ci riuscirà solo nel 1945, quando il film si apre, e quando proprio Olmo, che in giovinezza se ne era andato dalla tenuta Berlinghieri per sfuggire alle guardie fasciste, tornerà per guidare i contadini nella rivolta contro la famiglia del vecchio amico.
Questa grande vicenda epica che riflette sul ruolo della Storia e del suo stretto rapporto con il Cinema, è impossibile da leggere indipendentemente dal suo contesto produttivo e dagli elementi extrafilmici che ne pongono le basi. Nel decennio precedente l’uscita del film, il grande cinema italiano aveva perso i suoi grandi registi- Rossellini, Visconti, De Sica, Fellini- lasciando la cinematografia nostrana senza alcun riferimento. Cosi il cinema di Bertolucci tout court si ritrova ad essere un grande e infinito viaggio alla ricerca dell’identificazione con una figura paterna, in parallelo ai grandi temi sociali del tempo, alla luce di una chiarissima e mai nascosta presa di posizione da parte del regista: il post fascismo, le lotte operaie, il comunismo, il ruolo della Storia, la psicoanalisi, l’imporsi del Dio Denaro e del suo spreco. Il Conformista, Strategia del Ragno, Ultimo Tango a Parigi e Novecento, rientrano tutti in un’analisi filmica che riflette, col mezzo cinematografico, il ruolo dell’Edipo paterno e della Macro Storia sugli individui singoli.
È proprio nel caso specifico di Novecento che il rapporto padre-figlio è dispiegato in quello più ampio tra vecchie e nuove generazioni. Non a caso tutte le sequenze sono affreschi, ritratti di famiglia, e non a caso i due grandi padri del film hanno una forte valenza simbolica: Burt Lancaster e Sterling Hayden sono anche il rimando paterno al grande cinema hollywoodiano a cui Bertolucci guarda nel momento in cui vengono a mancare i grandi esempi del cinema italiano (lo stesso Pasolini, amico del padre e autore della sceneggiatura del suo primo film La Comare Secca, viene a mancare, ucciso proprio durante la lavorazione del film).
L’altro grande modello è certamente la Nouvelle Vague , in un continuo alternarsi tra grammatica provocatoria tipica del cinema francese e grammatica classica del cinema americano. In questo modo Bertolucci è il filo che lega il cinema di Hollywood alla Nouvelle Vague, fino ad arrivare al Nuovo Cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta: epici piani sequenza si sposano perfettamente alle panoramiche, ai carrelli, ai dolly e alla macchina a mano, fondendo i grandi movimenti cinematografici internazionali e creando un film autoriale che sia allo stesso tempo di genere, e, soprattutto, portando a termine un grande progetto estetico e insieme ideologico che la Nouvelle Vague, come anche il Neorealismo, ha sempre inseguito.
Bertolucci riesce con questo film, probabilmente grazie solo al suo carisma, a riunire un cast internazionali di livello talmente alto che mai nella storia del cinema italiano si è riusciti, anche e soprattutto per una questione di budget, a riproporre: Burt Lancaster, Sterling Hayden, Gérard Depardieu, Robert De Niro, Donald Sutherland, Dominique Sanda, Stefania Sandrelli, Alida Valli, Laura Betti, Francesca Bertini, avevano tutti, probabilmente, già compreso l’importanza di Bertolucci e di questo film da non lasciarsi sfuggire un’occasione del genere.
E se Novecento sembra per le sue tematiche un film tutto italiano, in realtà ci rendiamo conto che quella di Bertolucci è anche la storia di un riscatto ideologico nei confronti delle ingiustizie sociali di qualsiasi genere, in un alternarsi continuo tra prosa e poesia che rendono questo film dal linguaggio cinematografico di rara ricercatezza, una vera Opera che racchiude in sé Cinema, Filosofia, Psicoanalisi, Antropologia, Pittura, Musica, in un modo che in Italia, non è stato ancora ripetuto.