Quando si pensa a Steven Spielberg non si può non volgere la mente a quella sua poetica intessuta di meraviglia e avventura che ha dato forma al cinema degli anni ’80 e, da lì, a tutto ciò che è venuto dopo. Se però è facile individuare in Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta (1981) e in E.T. L’extra-terrestre (1982) un primo passo verso quel cinema per ragazzi (o meglio per famiglie) che avrebbe proliferato nel decennio seguente, non bisogna scordare che è circa un lustro prima che il regista di Cincinnati inizia a definire la propria visione.
FIRELIGHT: LO ZOO ALIENO DELLO SPIELBERG DICIASSETTENNE
Dopo l’esordio cinematografico con la storia vera di Sugarland Express (1974) e il seminale horror sui generis di Lo Squalo (1975), è infatti con Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo (1977) che Spielberg fa conoscere al mondo il suo talento di narratore dei fiabe moderne. Il film, che lo scorso anno ha celebrato il suo quarantennale, ripropone il topos del primo incontro tra umani e alieni, rileggendolo in un’inedita chiave ottimistica.
A ben vedere però non era la prima volta che Spielberg si cimentava con il tema: prima del debutto sul grande schermo, e prima ancora delle numerose esperienze per la TV (tra le quali Duel, che è considerato il suo primo vero film), il regista appena diciassettenne aveva girato con un budget di appena 500$ Firelight, uno sci-fi che raccontava dell’avvistamento di strane luci nel cielo e della contestuale sparizione di persone, animali e oggetti.
Il lungometraggio, che venne proiettato una sola volta il 24 marzo 1964 al Phoenix Little Theatre davanti a 500 spettatori (costo del biglietto 1$), si concludeva con un colpo di scena non troppo confortante: un gruppo di alieni stava prelevando pezzo dopo pezzo una cittadina terrestre per farne uno zoo sul proprio mondo. Nonostante la sua natura evidentemente amatoriale, conteneva già in nuce alcuni elementi del linguaggio spielberghiano: dalle ‘spielberg face’ che l’avrebbero reso celebre all’inserimento di dinamiche familiari in un contesto di genere, passando per quel senso di avventura che avrebbe caratterizzato la produzione adulta. Purtroppo Firelight è andato perso, e ne rimangono solo poco meno di quattro minuti di metraggio – che vi proponiamo qui sotto.
SPIELBERG E GLI INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO CON IL PROPRIO PASSATO
È proprio a quella folle produzione di un ragazzino appena trasferitosi con la famiglia in Arizona che si rifà la terza pellicola cinematografica di Spielberg, ed è proprio lo sguardo di quel teenager che il regista recupera nel far evolvere il tono del soggetto. In Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo la storia si costruisce come un puzzle davanti agli occhi dello spettatore, che deve ricollegare tra loro una serie di fenomeni inspiegabili che iniziano a manifestarsi dapprima in America, e poi nel mondo. Una pattuglia aerea scomparsa che viene ritrovata nel deserto, i giocattoli di un bambino che si accendono inspiegabilmente, delle luci che compaiono nel cielo interferendo con gli apparecchi elettrici, e ancora un inspiegabile richiamo di alcuni verso una misteriosa montagna, il rapimento alieno di un bambino, e cinque toni musicali ricorrenti, dal significato inizialmente oscuro. Sul finale saranno l’atterraggio della nave madre e l’incontro con le entità biologiche extraterrestri che trasporta a chiarire l’intenzione di Spielberg, che dopo un continuo altalenare tra paura e meraviglia regalerà una parabola di fratellanza tra interlocutori apparentemente lontanissimi – distanziandosi qui nettamente dal suddetto Firelight.
LA SPIEBERG FACE: UN’INQUADRATURA ICONICA AL SUO MEGLIO
Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo è disseminato di elementi sospesi tra l’affascinante e il perturbante, che rapiscono l’interesse di uno spettatore che cerca di interpretare, comprendere, osservare. Steven Spielberg – che ricordiamo era solo al suo terzo film per il cinema ma aveva già una solida esperienza televisiva – costruisce l’attesa come un maestro consumato e, per stimolare l’immaginario degli spettatori verso le misteriose entità che si nascondono dietro quelle luci nel cielo, fa ampio ricorso a quell’inquadratura che diventerà il suo marchio di fabbrica con il nome di ‘Spielberg Face’: lente carrellate verso il viso stupefatto degli attori per costruire un climax emotivo prima ancora di mostrare l’oggetto di tale meraviglia. Un movimento di macchina vecchio come il cinema stesso, e che però il regista da Cincinnati ha saputo fare suo elevandone l’efficacia all’ennesima potenza.
LA COLONNA SONORA, ‘GEMELLA’ DI QUELLA DI STAR WARS
Uno dei punti di forza della pellicola è sicuramente il talento degli attori, e se quello di Richard Dreyfuss rimarrà forse il ruolo più iconico della sua carriera, sarà la presenza di François Truffaut nei panni dello scienziato Claude Lacombe a colpire i cinefili più appassionati. Nonostante l’incredibile regia di Spielberg e le performance degli interpreti, il film non godrebbe però della stessa atmosfera magica senza la straordinaria colonna sonora di John Williams, che fu candidata agli Oscar ma non vinse solo perché Williams batté se stesso conquistando l’ambita statuetta con le musiche a matrice più spiccatamente lirica del primo Star Wars. La colonna sonora del primo Guerre Stellari e quella di Close Encounters of the Third Kind vennero composte in contemporanea da Williams, e riascoltandole con attenzione sono evidenti le molte somiglianze in termini di arrangiamento – e a tratti di melodia – tra le partiture dei due film.
«IL MIGLIOR FILM DI SEMPRE»
A differenza di altri film la cui fortuna è cambiata col tempo, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo fu uno straordinario successo già dalla sua uscita in sala (fu il maggior titolo dell’epoca per la Columbia Pictures), e divenne presto un classico per la sua capacità di condizionare l’immaginario creativo di un’epoca, influenzando una moltitudine di registi, tra i quali quel Ron Howard che con Cocoon nel 1985 omaggiò direttamente la pellicola del ’77. Incontri Ravvicinati impattò inoltre con forza sulla cultura pop, contribuendo in modo decisivo a solleticare l’interesse e la fantasia dell’opinione pubblica sulla tematica della vita extraterrestre.
Soprattutto, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo rappresentò forse il momento di snodo più importante nella carriera di Spielberg, che aveva sì già riscosso un successo unanime con Lo Squalo, ma che proprio con questo film affinò la vocazione spettacolare, sognante e ‘favolistica’ del proprio cinema. Una vocazione che qui rimane rivolta a un pubblico prevalentemente adulto, ma che negli anni a venire si amplierà a una platea di ogni età regalandoci lo Spielberg più iconico. Una vera pietra miliare nella storia del cinema, e forse il momento più importante nel percorso artistico di Spielberg. Secondo il maestro della letteratura Ray Bradbury, autore del celeberrimo Fahrenheit 451, «il miglior film del suo tipo di sempre».