L’incontenibile riverbero dell’immaginario anni ’80 sulla narrativa cinetelevisiva contemporanea è ormai evidente a chiunque: da Stranger Things a Ready Player One passando per IT, è in corso un’ondata di nostalgia che mira a recuperare e celebrare quell’immaginario largamente spielberghiano che tanto ha condizionato la generazione degli attuali trentenni e quarantenni. C’è però un altro cinema di quel lontano decennio che non viene spesso ricordato; un cinema che nasce dal recupero delle commedie Disney degli anni ’60 e che ha segnato il filone più leggero e spensierato della filmografia per famiglie, evolvendosi direttamente nei grandi campioni d’incassi degli anni ’90. È proprio da quei film che sembra prendere ispirazione diretta Ant Man and the Wasp, nuovo cinecomic di casa Marvel che arriva nelle nostre sale il 14 agosto e che si lascia alle spalle l’epica luttuosa di Infinity War per pescare a piene mani dalla fantacommedia eighties Tesoro Mi Si Sono Ristretti i Ragazzi di Joe Johnston (non a caso poi diventato regista di Captain America: Il Primo Vendicatore).
LE COMMEDIE ANNI ’80, AMERICAN DAD! E LE MICRO MACHINES
Gli spunti e l’umorismo di questo nuovo capitolo, che cronologicamente si colloca appena prima dello scontro ‘finale’ tra gli Avenger e Thanos, sono ovviamente gli stessi che hanno caratterizzato il film del 2015 di Peyton Reed (in cui traspariva in ogni scena la mano di Edgar Wright, inizialmente associato al progetto). Reed torna dietro la macchina da presa anche per questo installment, ma a fare la parte da leone nella writers’ room stavolta è Chris McKenna, già sceneggiatore di Spider-Man: Homecoming (e di American Dad!, soprattutto).
La storia si colloca in continuità con Civil War e ci fa ritrovare Scott Lang (Paul Rudd) che sconta i domiciliari, approfittandone per dedicare tutte le sue attenzioni alle visite dell’adorata figlia Cassie. Quando Janet Van Dyne (Michelle Pfeiffer), l’originale Wasp scomparsa da decenni nel mondo quantico, apparirà in una strana visione a Scott, il marito Hank Pym (Michael Douglas) e la figlia Hope (Evangeline Lilly) trascineranno il protagonista in una missione subatomica per provare a ritrovare la donna che credevano ormai defunta. Hope, con il suo nuovo super-costume da Wasp, affiancherà Ant Man nelle nuove avventure, ma a mettere loro i bastoni tra le ruote ci penserà la misteriosa antagonista Ghost (Hannah John-Kamen), interessata a impossessarsi dei loro macchinari per sconfiggere il dolore cronico che la affligge da quando un esperimento andato storto l’ha condannata a vivere sospesa tra le dimensioni.
Gli ingredienti per una action comedy spettacolare ci sono tutti, e in effetti il risultato non soltanto non delude, ma supera anche il pur riuscito primo capitolo. Forte pure di sfumature da buddy movie e da commedia romantica, Ant Man and the Wasp è uno straordinario prodotto di intrattenimento per famiglie che coglie ogni possibile spunto legato all’high concept di partenza. Tutto può essere ingrandito e rimpicciolito, in ogni scala, e così a garantire un vertiginoso divertimento ci sono saliere di due metri, palazzi-trolley, fughe da ‘giganteschi’ tardigradi e inseguimenti a bordo di hot-wheels a grandezza naturale (altra influenza anni ’80/’90, insieme a molte idee legate al mondo delle allora celebri Micro Machines). È proprio l’originalità del suddetto inseguimento a regalare uno dei migliori momenti di sempre del MCU, mentre poteri come il volo e la smaterializzazione diventano ulteriori colori sulla tavolozza di un cinecomic che fa degli ottimi personaggi femminili la sua forza.
UN CORAGGIOSO E IMPORTANTISSIMO MESSAGGIO SOCIALE
Che si tratti della comprimaria di grandissimo carattere Hope, di una Janet Van Dyne non più giovanissima (ma non per questo meno raggiante) o della villan Ghost (che deve molto al carisma delle origini nigeriano-norvegesi della sua interprete), le donne sono le colonne portanti in un mondo narrativo mai così inclusivo. Donne non necessariamente giovanissime, che finalmente ci trascinano via dalla secca degli young adult, e che però vengono affiancate dalla figlia di dieci anni del protagonista, che dai fumetti sappiamo destinata a seguire le impronte del padre col nome di Statue (e a diventare quindi la più giovane supereroina del MCU).
La dinamica narrativa (come nel precedente episodio) ricalca il paradigma dell’heist movie, tanto da potersi permettere l’assenza di un ‘cattivo’ vero e proprio. Proprio come nei caper, infatti, le forze antagoniste sono rappresentate da qualcuno il cui scopo non è tanto attaccare i protagonisti quanto ostacolarne i piani, ed è così che il personaggio di Ghost diventa un’eccezionale possibilità con cui la Marvel riesce nell’impossibile: introdurre in uno spensierato film per famiglie la tematica del dolore cronico. Una scelta di sceneggiatura geniale che conferma lo straordinario ruolo anche sociale di una Disney capace di far sentire rappresentati da un supereroe tutti quei bambini costretti anzitempo a fare i conti con gravi problematiche di salute, in modo analogo a quanto già fatto per i bambini autistici col personaggio del Drax di Guardiani della Galassia.
Ant Man and the Wasp non è né vuole essere una delle pietre miliari nel filone epico dell’universo cinematografico della Casa delle Idee, ma proprio per questo riesce ad essere una divagazione parallela incredibilmente intelligente e divertente; l’incarnazione di quanto di meglio il cinema per famiglie possa offrire nel 2018. E pensare che c’è chi continua a snobbare i cinecomic, senza rendersi conto dell’impatto che possono avere sull’immaginario collettivo, soprattutto delle nuove generazioni.