Fatta salva qualche riuscita pellicola di genere e rarissimi capolavori autoriali, in Italia sembra si producano più o meno sempre le stesse tipologie di film. E poi ci sono le eccezioni, preziosissime voci fuori dal coro che cercano un approccio non comune alla settima arte. È in questa categoria che rientra Likemeback, secondo sorprendente lavoro di Leonardo Guerra Seràgnoli presentato nella sezione Cineasti del Presente a Locarno e in sala 28 marzo con Nightswim e Altri Sguardi.
Della retorica Seràgnoli – fortunatamente – non sa proprio cosa farsene, tanto che gli 80 minuti della sua pellicola propongono uno sguardo registico tanto formalmente acritico da diventare quasi uno spaccato documentaristico che delega allo spettatore ogni giudizio su quanto rappresentato. Giudizio che è indispensabile per leggere tra le righe, dato che è proprio nelle pieghe della trama che il regista e sceneggiatore nasconde una riflessione tutt’altro che banale sul sesso e sull’autorappresentazione.
DA RAGAZZINE RASSICURANTI A LOLITE IRREQUIETE
Protagoniste (quasi uniche) della pellicola sono tre ragazzine che hanno appena finito le scuole superiori e si ritrovano da sole a godersi il sole e le acque cristalline di un viaggio in barca a vela regalato dalla madre di una di loro. In un’età nella quale ancora si cerca di decidere come proiettarsi sul mondo e legate da un rapporto fragile e inconsistente, le protagoniste passeranno il viaggio cercando di affermare la propria identità attraverso la sessualizzazione di ogni comportamento, rivaleggiando continuamente per affermarsi e facendo di tutto per dare attraverso i social un’immagine di successo e malizia. Un viaggio in cui non si va da nessuna parte e dominato da una solitudine disarmante, mentre i like e i follower diventano l’unica misura del proprio peso specifico nel mondo.
Seràgnoli fa una scelta vincente già dal casting delle generosissime giovani protagoniste, che con straordinaria naturalezza, talento e devozione al ruolo, diventano un’incarnazione perfetta di una generazione (o di una sua componente importante). È così che tre (eccezionali) attrici assurte alla fama per ruoli diversissimi da quelli di Likemeback (Angela Fontana per Indivisibili, Blu Yoshimi per Piuma e Denise Tantucci per la fiction Braccialetti Rossi) decidono con il regista di scardinare le consuetudini di un cinema italiano generalmente piuttosto dabbene e di costruire i ruoli anche attraverso frequentissimi nudi e allusioni sessuali.
IL SESSO COME FULCRO DEL NULLA E DEL CAMBIAMENTO
Potrebbe sembrare che siano i social la spina dorsale del film, e con essi l’ossessione malata del divenire popolari sul web, ma in realtà lo sguardo dell’autore è più ampio e ambizioso, e mira a ritrarre più in generale il bisogno di autonarrazione. Una costruzione dell’identità che passa attraverso il sesso, vero fulcro della pellicola, e che è inquadrata in quella fase in cui una sessualità stereotipica, non vissuta, di facciata, finisce per trasformarsi in un momento naturale e non più teorico della vita reale.
La grande intuizione di Seràgnoli, un po’ come già fatto da Tsangari e Filippou in Chevalier (con cui Likemeback ha molti punti in comune), è quella di sfruttare la solitudine offerta dal pretesto narrativo della barca per creare un micro-sistema sociale isolato dall’esterno e pronto a esplodere nella competizione, e al contempo per raccontare simbolicamente un disagio generazionale che trova uno sfogo nella ricerca disperata di approvazione.
Uno spaccato di quotidianità di piccole donne abbandonate a se stesse da adulti immaturi che compensano la propria assenza col denaro; tre ragazzine ancora incapaci di gestire e capire la complessità del mondo che ostentano una sicurezza che non hanno, dopo esser cresciute nell’Italia delle veline del Bunga Bunga. Per certe tematiche, anime affini alla Mena Suvari di American Beauty ma all’epoca di Instagram, in cui si aggirano come fantasmi illuminati dalla luce blu degli schermi dei cellulari e anziché esprimersi attraverso i consumi vocazionali si raccontano per emulazione attraverso la malizia. Un lavoro coraggioso e diverso, che per le numerose scene di nudo difficilmente avrà un’ampia distribuzione in sala, ma che merita tutta la nostra attenzione.