Non è un segreto che la prima stagione di Iron Fist sia stata considerata come uno dei punti più bassi dell’intero MCU, a causa prevalentemente di un protagonista più simile ad un bambino viziato in fissa con il new age che ad un eroe maestro delle arti mistiche. Mentre insuccessi come Inhumans (che rimane il fallimento più cocente tra le iterazioni televisive della Marvel) sono rimasti nel loro compartimento stagno, incapaci di nuocere gli altri prodotti televisivi Marvel, Iron Fist ha trascinato con sé l’intero universo dei Defenders, crossover già indebolito dai flop dei precedenti show (in particolare un Luke Cage brillante solo a metà ed una seconda stagione di Daredevil deludente nel suo finale). Daredevil in particolare, dopo un inizio esplosivo, è riuscito ad avvelenare il proprio universo con un world building noioso e generico, creato proprio per l’arrivo della deludente prima stagione di Iron Fist. Se Jessica Jones ha tenuto il passo facendo vedere quanto di buono aveva fatto nel suo debutto e Luke Cage è riuscito nell’impresa di risollevarsi con un’ottima seconda stagione, per Iron Fist serviva un vero e proprio miracolo che si è realizzato però solo a metà.
L’EVOLUZIONE DI DANNY RAND
Ancora scosso dagli avvenimenti di The Defenders, Danny Rand (Finn Jones) decide di riempire il vuoto lasciato dalla scomparsa di Daredevil lottando di notte fra le strade di una Chinatown in subbuglio per l’ascesa di clan mafiosi fino ad allora dormienti. Parallelamente alla sua attività di vigilante, Danny persegue uno stile di vita sobrio e dedito al lavoro manuale utilizzando le sue finanze solo per aiutare il prossimo; tuttavia, l’apparente tranquillità della sua vita con Colleen (Jessica Henwick) viene presto sconvolta dall’arrivo di Davos (Sacha Dhawan), suo compagno di addestramento che lo accusa di non aver difeso K’un-Lun. Ferito dalla negligenza di quello che un tempo chiamava “fratello”, Davos fa di tutto per strappargli l’Iron Fist, alleandosi anche con membri della mafia cinese e con persone molto vicine a Danny.
I MIGLIORAMENTI DI UNA SERIE ANCORA PIENA DI DIFETTI
Fin da subito, ciò che appare lampante è un enorme passo in avanti nella regia, nella fotografia e nelle coreografie, che passano dal livello di una pessima stagione dei Power Rangers ad essere più in linea con i canoni stabiliti dal primo Daredevil, riuscendo anche a sorprendere e a mostrare virtuosismi visivi nei combattimenti e nell’uso dell’iron fist (che neanche The Defenders era riuscito a valorizzare). Oltre a questi progressi tecnici anche la scrittura migliora, tanto che in alcuni momenti Iron Fist funziona bene (anche se non sempre è convincente).
I personaggi non sono più stereotipati come nella scadente caratterizzazione della prima stagione, Danny e Colleen in particolare risultano fortificati e cresciuti grazie al loro passaggio in The Defenders e nella seconda stagione di Luke Cage: l’Iron Fist si avvicina lentamente all’eroe umano e saggio che Danny dovrebbe essere, mentre la sua compagna riesce finalmente a distanziarsi dal ruolo di semplice love interest della prima annata. Anche alcuni dei personaggi secondari, vecchi e nuovi, dimostrano un certo spessore, sempre senza esagerare.
Anche la sottotrama riguardante il rapporto fra Danny e Davos si potrebbe definire parzialmente riuscita però la storia si inceppa più volte fra momenti morti e semplificazioni infantili soprattutto nelle sequenze in cui si mette in scena la guerra fra gang rivali, inizialmente interessante e non priva di introspezione ma che con il tempo viene abbandonata a se stessa. Lasciati al caso sono anche molti elementi narrativi e personaggi riusciti che tuttavia vengono utilizzati solo nel finale per scuotere lo spettatore (che conferma un canovaccio che purtroppo sta diventando un vero e proprio marchio di fabbrica nelle serie Marvel targate Netflix).
In conclusione, la seconda stagione di Iron Fist, pur avendo fatto degli enormi passi avanti, cade in errori banali che una produzione del genere non si può permettere, risentendo inoltre di una certa incapacità di osare.