La variopinta ricchezza semantica della lingua italiana ci offre una moltitudine di sfumature con cui potremmo provare a definire il protagonista di Venom: testardo, inetto, sprovveduto, imbranato, immaturo, avventato, stupido, avvenente, dinoccolato e sudicio. La verità però è che nessuna di queste scelte linguistiche, né l’immagine mentale che deriva dalla loro unione, corrisponde a quell’unica e singola parola che con più probabilità vi verrà in mente guardando il film, e cioè “coglione” – sì, concedetecelo: coglione.
Infatti per come è concepito, per come è scritto e per come è interpretato, l’Eddie Brock/Venom portato sullo schermo da Tom Hardy (grandissimo attore qui alla sua peggiore performance, per colpa del copione) è semplicemente il più grande coglione nella storia dei cinecomic. Un individuo dalla condotta e dai modi talmente idioti che risulta assolutamente impossibile ritenerlo credibile sia come giornalista d’inchiesta (anche se al massimo potrebbe ambire a fare l’inviato di Striscia La Notizia) che come antieroe.
VENOM È UN FILM BRUTTO CAPACE DI FAR SEMBRARE TONTO ANCHE IL MOSTRO
Intendiamoci: anche il mostro alieno che si impossessa di lui non è da meno (ed era difficile far risultare babbeo un mostro sanguinario), ma l’idiozia del protagonista è tale da poter essere superata solo da quella di chi ha deciso di plasmare uno script tanto disastroso, in cui ogni azione appare casuale o forzata, i dialoghi e le caratterizzazioni risultano privi del minimo senso, non esistono motivazioni praticamente per nessuna delle scelte dei personaggi e si arriva a ritenere che tra le primissime parole proferite da una feroce e primordiale creatura aliena venuta dallo spazio ci possa essere l’insensatissima battuta «così facciamo brutta figura!» – che inoltre non strappa nemmeno mezza risata, come praticamente ogni altro sketch della pellicola.
Per la Sony era difficile sbagliare con un personaggio tanto affascinante quanto il title character, e di certo da un punto di vista economico era l’ultimo degli scenari da prendere in considerazione; eppure Venom è semplicemente un film brutto; che intrattiene con onestà, ma brutto.
Storico avversario di Spider-Man nonché antieroe titolare anche di una propria testata, Venom è solo l’ultimo dei grandi personaggi dei fumetti Marvel a raggiungere il grande schermo, nella nuova pellicola omonima di casa Sony (niente a che vedere, quindi, con il MCU dei Marvel Studios/The Walt Disney Company). Si tratta di un ritorno, in realtà, dato che il personaggio l’avevamo già visto al cinema nell’adattamento pietoso presente nell’infelice Spider-Man 3 di Sam Raimi. Questa però è la prima volta che la CGI riesce in qualche misura a rendere giustizia all’iconografia del personaggio: una stazza enorme, una montagna di muscoli e delle smisurate fauci irte di denti, dalle quali pende una lunghissima lingua bavosa. Quasi la quintessenza dello stile del suo creatore Todd McFarlane, fumettista padre dell’universo oscuro e tormentato della testata Spawn.
UN LAVORO PREVEDIBILE, SENZA FASCINO E SENZA EMOZIONI
Venom è un simbionte proveniente dallo spazio, che finisce per ‘impossessarsi’ del giornalista Eddie Brock (Tom Hardy), e per stabilire col suo ospite un rapporto di complicata convivenza per il quale la fame sanguinaria dell’alieno viene saziata a spese dei soli ‘colpevoli’, secondo un codice etico discutibile ma interessante. L’incontro a dir poco problematico tra i due e la costruzione di questa strana interdipendenza è (o vorrebbe essere) il cuore pulsante del film, con una dinamica alla Dr Jekyll e Mr Hide nella quale la presenza dell’alieno si manifesta prima come una semplice voce nella testa di Brock, per poi reificarsi in tutta la potenza di un blob nero capace di assumere le sembianze di un mostro. Non mancherà al mix anche uno ‘scienziato pazzo’ (Riz Ahmed), un simbionte antagonista che è la copia carbone dell’eroe e l’interesse sentimentale di turno (Michelle Williams).
Senza infierire oltre sulla caratterizzazione del protagonista, e sorvolando sulla piattezza di idee e sugli stereotipi su cui è costruita una storia dall’approccio quasi dilettantistico, sono molti – moltissimi – altri i fattori del film che lasciano sconcertati, a partire dal suo essere sostanzialmente un modesto blockbuster uscito direttamente dagli anni ’90. Come se la straordinaria evoluzione narrativa che ha visto protagonista il genere del cinecomic negli ultimi dieci/quindici anni non avesse avuto niente da insegnare, l’affollatissima writers’ room di Venom (composta da Scott Rosenberg, Jeff Pinker, Kelly Marcel e Will Beall) si impegna il minimo sindacale e scrive un titolo tanto banale quanto dimenticabile, in cui lo spettatore non si imbatte neanche per sbaglio in un benché minimo sussulto di emozione.
DALLO SPACE HORROR DI LIFE ALLE BATTUTINE ALLA SPIDER-MAN
Che la Sony, dopo lo scandalo legato all’attacco hacker nordcoreano, abbia visto la propria divisione cinema salvata dall’accordo con i Marvel Studios per lo sfruttamento condiviso di Spider-Man è cosa nota; ma visto il successo rated-r di Logan in casa Fox, in molti erano pronti a scommettere che Venom avrebbe rappresentato una perfetta opportunità per replicare quel modello a Culver City (come confermavano inizialmente gli stessi produttori). E invece no. I piani sono cambiati e quindi, con la necessità di provare ad avviare un proprio spider-verse, alla Sony si sono trovati a dover ammorbidire i toni di quello che nasceva come un horror per adulti, trasformandolo in un action infarcito di comicità e dal tono mai troppo oscuro, adatto per un eventuale incontro futuro con il lancia-ragnatele. La premessa perfetta per una Caporetto, ovviamente, e non a caso il regista Ruben Fleischer sembra voler fare di tutto per fallire clamorosamente.
E pensare che all’inizio la Sony si stava muovendo magistralmente e pare volesse introdurre il simbionte con un prequel non dichiarato, ovvero il riuscito space horror con Jake Gyllenhaal Life. Ora di quel Life ci sono tracce ovunque, a partire da un inizio che sembra in diretta continuità con la conclusione della pellicola del 2017, eppure al contempo cambiano abbastanza fattori da rendere la storia del tutto incompatibile con quella del titolo precedente. Un cerchiobottismo furbo e sofisticato, avranno pensato alla Sony, ma in realtà il risultato di questa citazione e sconfessione contemporanea del legame con Life potrebbe ricordare più le pessime scelte di chi ha ecceduto con l’alcol.
Mentre Tom Hardy, la cui performance è sepolta da un doppiaggio indecoroso, ripete per tutto il film quanto sia «una ficata» essere posseduti da una creatura aliena, e mentre Venom parla del suo mostro avversario come di «un team leader» (sì, lo fa sul serio), quello che rimane allo spettatore è soltanto la voglia di godersi in pace un po’ di azione e di effetti speciali, con la speranza vana che tutti gli sforzi degli autori di rendere cool e ammiccante la storia la smettano di rubare la scena a ogni altra cosa. La triste verità però è che Venom, nonostante grandissimi attori come Hardy, la Williams e Ahmed, è uno dei cinecomic con la peggiore sceneggiatura degli ultimi anni, e non c’è eroe o antieroe capace di salvare lo spettatore da tale spaventosa consapevolezza.