Presentato al Festival di Berlino di quest’anno, vincitore del premio Alfred Bauer e dell’Orso d’Argento alla migliore attrice protagonista (Ana Brun), Le Ereditiere (Las Herederas) arriva nelle sale italiane il 18 ottobre distribuito da Lucky Red. Elogiato dalla critica internazionale, il primo lungometraggio del regista paraguaiano Marcelo Martinessi è un ritratto intimo della condizione politica e sociale in cui versa il paese dell’America meridionale visto con gli occhi della splendida protagonista Chela (Ana Brun), ereditiera non solo di un cospicuo patrimonio ma di uno stile di vita che caratterizzava la borghesia dei “colonnelli”, al potere per oltre sessant’anni.
UNA BORGHESE DECADUTA DECIDE DI CAMBIARE VITA
La trama, lineare ma ottimamente contestualizzata, racconta la tranquilla vita di Chela, una donna in età da pensione che vive con il lascito ereditato da suo padre: una grande casa coloniale, arredi di pregio, quadri d’autore e una vecchia berlina di lusso. Chela non ha mai lavorato ed è abituata ad uno stile di vita che, con la recessione e il caro vita, non può più permettersi; per questo motivo è costretta a mettere in vendita gran parte della sua eredità, rinunciando anche ai beni che le sono più cari.
L’ostentata tranquillità della protagonista si interrompe quando la sua più cara amica e coinquilina Chiquita (Margarita Irun) viene arrestata per alcuni debiti insoluti, lasciandola ad affrontare da sola la quotidianità. Inizialmente spaventata da un mondo che non riconosce e in cui non riesce ad identificarsi, Chela recupera la forza per andare avanti trovando un insolito lavoro ed una nuova e giovane amica, Angy (Ana Ivanova), che la conduce verso la strada dell’emancipazione da Chiquita e da un mondo antico e superato in cui si è confinata per tutta la sua vita. Appassionata di pittura, colta e raffinata, Chela si riappropria di se stessa e della sua dignità imparando a guardare con occhio critico l’alta società di cui faceva parte e in cui non si identifica più, sullo sfondo di un Paraguay ricco di contraddizioni.
I MILLE VOLTI DI UN PAESE POCO CONOSCIUTO
Il talentuoso Marcelo Martinessi filma un ritratto non convenzionale di un paese poco conosciuto, in bilico da quasi un secolo tra dittatura e democrazia, dominato per lunghissimo tempo da una élite ultraconservatrice che non ha lasciato spazio espressivo alle nuove generazioni. Questa è la forza più grande di un’opera come Le Ereditiere, che a discapito di una trama poco incisiva fa leva sulla critica sociale prendendo come punto di vista un’osservatrice che ne è protagonista ma anche inconsapevole narratrice.
I dialoghi, molto ben scritti, rappresentano il cuore del lungometraggio, l’analisi di una piccola parte della popolazione paraguaiana capace di raccontare attraverso i gesti, gli sguardi, l’abbigliamento e le lussureggianti abitazioni cosa è stato e cosa vuole diventare questo piccolo Stato dell’America Latina. Il regista decide di raccontare la vita delle donne escludendo completamente gli uomini che appaiono soltanto nei racconti delle donne più anziane, un punto di vista alternativo che riesce però ad andare molto a fondo nell’intimità delle relazioni.
Sono cinque le protagoniste femminili che raccontano allo spettatore le proprie vite: Chela con tutte le sue paure e il bisogno di trovare se stessa, Chiquita ereditiera risoluta e dal carattere forte, la giovane e spregiudicata Angy (figlia di un imprenditore appartenente alla nuova generazione), la cameriera Pati orfana e analfabeta ma dal carattere mite e la pettegola Pituca, ricca e altolocata ereditiera ultraottantenne anch’essa donna single e indipendente, seppur legata ad uno stile di vita anacronistico. Ognuna con il suo passato e con il presente ancora da costruire sulle macerie di un paese che ha la necessità di cambiare.
Martinessi ne Le Ereditiere lavora molto su questo punto lasciando al pubblico le conclusioni e non intromettendosi nella sceneggiatura con il suo esplicito punto di vista, limitandosi a far parlare orecchini e tessuti, vassoi d’argento e tinture per capelli per spingere sulle contraddizioni delle protagoniste ed indagare nel loro intimo. Un film che inizialmente lascia perplessi per un linguaggio che apparentemente sembra essere scarno e semplicistico ma che in realtà lavora sulle connessioni storiche, politiche e sociali che si manifestano nel corso della pellicola.
Lo spettatore difficilmente dimenticherà lo sguardo triste e malinconico di Chela; però arriva anche il messaggio positivo in cui nei momenti più bui, quando si pensa di aver perduto ogni cosa, la resilienza che caratterizza l’essere umano è in grado di rompere gli schemi, spesso nel migliore dei modi. Un messaggio di speranza per la nuova generazione del Paraguay, desiderosa di urlare al mondo le proprie opinioni e di uscire finalmente allo scoperto sia da un punto di vista sociale che culturale.