«The hate u give little infants fucks everybody» (cioè «l’odio con cui crescete i bambini fotte tutti quanti», abbreviato con l’acronimo t.h.u.g. l.i.f.e.): si può tradurre così la frase da cui Angie Thomas ha tratto ispirazione per scrivere il romanzo per ragazzi, The Hate U Give, Best Seller negli USA e oggi lungometraggio diretto da George Tillman Jr, presentato in concorso alla 13 Festa del Cinema di Roma e in arrivo nelle nostre sale con il titolo Il Coraggio della Verità dal 14 marzo con Fox.
T.H.U.G. è anche il movimento creato da Tupac Shakur, attivista e rapper assassinato nel 1996 da una gang rivale, che rappresenta il filo conduttore della narrazione. Un messaggio di pace ma anche una feroce critica della società americana, scritto, diretto e interpretato con passione e dedizione, un film con una protagonista forte, un’eroina contemporanea, capace di emozionare e indurre un’attenta riflessione sulla questione afroamericana, che è tutt’altro che conclusa.
La storia ruota intorno alla vita della sedicenne Starr Carter (Amandla Stenberg) che vive con la famiglia a Garden Heighst, un quartiere a maggioranza afroamericana, piazza di spaccio per le gang, ma abitato per la maggior parte dalla classe operaia. Sua madre Lisa (Regina Hall), un’infermiera, ha scelto per la figlia la migliore scuola privata della città, frequentata in maggioranza da studenti bianchi e tendenzialmente ricchi. Mentre lei è decisa a lasciare il quartiere, suo padre Maverick (Russel Hornsby), titolare del supermercato di zona, preme per rimanere a Garden Heights, circondati da amici (ma anche nemici) e dalla comunità cui sentono di appartenere.
Starr, vive sulla sua pelle una dualità che la destabilizza: per evitare le discriminazioni a scuola deve comportarsi come una ragazza bianca, non parlando in slang e senza “atteggiamenti” afro, mentre nel suo quartiere le viene chiesto di assumere proprio quei comportamenti che cerca di evitare. Difficile capire chi si è veramente se già da piccoli si cresce in una società di contrasti, dove esprimere se stessi può diventare complicato. Abituata a questo stile di vita la protagonista viene sconvolta da una tragedia che avviene sotto i suoi occhi e che le farà prendere coscienza su se stessa, le sue origini, i suoi diritti di cittadina. Al rientro da una festa Starr e il suo migliore amico Khalil (Algee Smith), si imbattono in una pattuglia della polizia, che li ferma senza un apparente motivo. Il ragazzo, con la tranquillità di chi crede di essere al sicuro, per prendere un oggetto in macchina sfugge allo sguardo del poliziotto che lo colpisce a morte, sotto gli occhi spaventati e inorriditi di Starr, che si troverà non soltanto ad affrontare il lutto e la tragedia ma anche a dover testimoniare, rischiando di essere minacciata da razzisti e facinorosi, nonché dalla stessa polizia che ha ucciso un giovane innocente senza motivo.
Rabbia e voglia di giustizia prendono il sopravvento sulla giovanissima protagonista, che sceglie di affrontare di petto la situazione, con il supporto del padre e del suo ragazzo (bianco) Chris. I momenti di paura e tristezza si alternano alle emozioni positive e alla lotta per la giustizia e libertà che Starr decide di intraprendere, sullo sfondo della sua vita da figlia e studentessa come tante.
La narrazione si concentra sul punto di vista della protagonista Starr e della sua famiglia ma in corso d’opera si sposta su altri piani narrativi, risultando sempre dinamica, intervallata da momenti comici, che spezzano la tensione e seguita da una colonna sonora significativa, che arriva con forza, scandendone i momenti salienti.
George Tillman Jr, che ha diretto lungometraggi di vario genere (da Men of Honor a La Risposta è nelle Stelle) riesce a rendere appieno, con il linguaggio cinematografico, quella che è l’essenza del libro, vivere nell’America contemporanea, fatta di contraddizioni, ma sempre con la forza e il coraggio infusi dalle radici da cui si proviene. Spostandosi su vari piani narrativi il regista non sceglie di raccontare la storia di Starr con un unico genere, ma spazia dal teen movie, al socio-politico, fino ad arrivare al procedural, ricco di tensione, colpi di scena ed esposizione mediatica.
Quello che si percepisce, dal tatto con cui l’argomento viene affrontato, è una profonda conoscenza del tessuto sociale che caratterizza ogni cittadina americana, fatto di comunità più o meno ghettizzate, in base alla provenienza e alla posizione lavorativa. Una nazione duale e contraddittoria, dove ancora sono vivi focolai di estremismo razziale e ultradestra conservatrice, dove si permette alle forze dell’ordine di esercitare il potere su alcune categorie e dove è ancora presente la pena di morte.
Allo stesso tempo il multiculturalismo è la forza di questa grande nazione federale, costruita in poche centinaia di anni da donne e uomini provenienti prevalentemente da Europa ed Africa. Starr è la prova vivente che a governare sugli uomini dovrebbe essere la giustizia e non il colore della pelle, che lottare per i propri diritti, perseguendo dei valori è un messaggio positivo, che tutti dovrebbero seguire.
The Hate U Give, pur presentando nel titolo la parola “odio”, è in realtà un film sull’amore, la necessità che le nuove generazioni costruiscano un mondo dove l’odio razziale sia solo uno spiacevole e lontano ricordo e dove non ci siano più disparità di trattamento tra categorie.
Un mondo che sembra utopico ma che in realtà dipende dalle scelte educative che si compiono con i propri figli, come cantava Tupac e come Tillman ci mostra in una delle scene più toccanti del film. Destinato a far parlare di sé The Hate U Give conferma le voci che lo considerano come possibile candidato agli Oscar per la potenza del messaggio che veicola alle nuove generazioni e non solo.