Guardando la filmografia dei fratelli Farrelly (Scemo & Più Scemo, Tutti Pazzi per Mary, Io me e Irene) difficilmente si potrebbe immaginare uno dei due autori e registi dietro la macchina da presa di una pellicola capace di poter dire la sua agli Oscar, eppure Green Book, girato da Peter Farrelly e presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma e nelle nostre sale dal 31 gennaio con Eagle Pictures e Leone Film Group, è un lavoro di straordinaria solidità, capace di mettere d’accordo quasi unanimemente pubblico e critica e degnissimo contendente per le prestigiose statuette losangeline.
LA STRANA COPPIA: IL BUTTAFUORI E IL PIANISTA
Siamo negli anni ’60. Viggo Mortensen interpreta Tony “Lip” Vallalonga, un buttafuori italoamericano dai modi a dir poco spicci che accetta di fare da autista e guardia del corpo a Don Shirley (Mahershala Ali, premio Oscar per Moonlight nonché volto di Remy Denton in House of Cards), un afroamericano virtuoso del pianoforte e dai modi signorili.
Don, troppo acculturato e benestante per essere accettato dagli afroamericani e ‘troppo nero’ per essere accettato dai bianchi, decide di affrontare una pericolosa tournée sfidando il razzismo che funesta il profondo sud degli USA – motivo per cui ha bisogno dei servigi di un tipo come Tony. Tony, dal canto suo, non ha certo la vocazione dello chauffeur né è di vedute progressiste, ma avendo bisogno di soldi accetta il lavoro, pur sapendo che dovrà lasciare da sola per due lunghi mesi l’amata moglie Dolores (la Linda Cardellini di Bloodline, Mad Men e Avengers: Age of Ultron). Tra i due uomini agli antipodi non mancheranno i motivi di frizione (più o meno seriosi), ma questa strana coppia saprà arricchirsi a vicenda nel corso di un viaggio che diventerà prima di tutto un percorso umano.
UNA STORIA VERA ESILARANTE E TOCCANTE
Sin dalle prime battute del film è facile supporre come gli sceneggiatori abbiano potuto pitchare lo script (ricorrendo a quei paragoni che tanto funzionano nei vari mercati dell’audiovisivo): sembra trattarsi in fin dei conti solo di una moderna versione di A Spasso Con Daisy (1989) a parti invertite, nelle quali al posto dell’autista nero dai modi gentili c’è un bianco attaccabrighe e al posto della burbera donna bianca c’è un gentile signore di colore. La realtà è che questa supposizione, per quanto ragionevole, potrebbe rivelarsi a dir poco fallace: Green Book racconta infatti una storia vera, e a firmare lo script insieme a Farrelly e Bria Hayes Currie c’è Nick Vallalonga, figlio del vero Tony Lip.
Gli ingredienti per un film rassicurante e nazionalpopolare ci sono tutti: il percorso di crescita, la creazione di un ponte tra mondi distanti, i buoni sentimenti e, soprattutto, le risate. Perché i momenti comici sono molti, riusciti, e spesso esilaranti. Eppure guai a considerare Green Book solo un prodotto appetibile per un pubblico senza particolari esigenze: la pellicola con Mortensen e Ali è infatti una dramedy pressoché perfetta in termini di scrittura, confezione e interpretazioni.
QUEGLI ANNI ’60 CHE SEMBRANO COSÌ ATTUALI
La difficile operazione in cui è riuscito con grandissimo successo Farrelly è quella di girare un lavoro che pur muovendosi nel solco delle pellicole più propriamente Hollywoodiane, rappresenta una lezione di grande cinema in cui è difficile pensare di cambiare qualcosa. Alla pungente ironia insita nella meccanica della “strana coppia” corrisponde un discorso tutt’altro che superficiale e quantomai attuale sulla discriminazione razziale, e quell’America del Sud in cui i neri erano considerati indegni degli stessi diritti dei caucasici ricorda da vicino le più preoccupanti implicazioni del revanscismo suprematista degli USA di Trump.
Anche se molti degli sviluppi della trama (che pur regala qualche sorpresa) risultano prevedibili allo spettatore più smaliziato, la pellicola non solo non risulterà mai noiosa o scontata, ma sarà anche capace di regalare emozione e commozione.
I BUONI SENTIMENTI SONO DAVVERO SCONTATI?
Il film di Farrelly potrebbe sembrare in fondo una divertente buddy comedy agrodolce che mira a rassicurarci; ma considerato che il Green Book del titolo è una guida d’epoca (la Negro Motorist Green Book) in cui venivano segnalati i motel che accettavano clienti di colore, e che oggi persistono e prosperano nel moderno Occidente ampie sacche di intolleranza verso minoranze di varia natura, forse non abbiamo realmente motivo di sentirci rassicurati. Forte di interpretazioni semplicemente maiuscole, con un Viggo Mortensen fisicamente trasformato e un Mahershala Ali capace di trasfigurarsi attraverso il solo uso della prossemica, Green Book sarà nei cinema italiani dal 7 febbraio su distribuzione Eagle Pictures.