Presentato in concorso alla 13 Festa del Cinema di Roma e al TIFF18 A Private War, in sala dal 22 novembre con Notorius Pictures, ripercorre gli ultimi anni di Marie Colvin, giornalista americana, naturalizzata britannica, caporedattore esteri al Sunday Times, impegnata dal 1985 al 2012 a raccontare al mondo le terribili conseguenze della guerra sui civili.
Il documentarista Matthew Heineman, candidato all’Oscar nel 2016 per Cartel Land, sceglie Rosamund Pike (Gone Girl – L’Amore Bugiardo), di circa vent’anni più giovane, per interpretare la coraggiosa reporter uccisa nel 2012 dalle bombe dell’esercito siriano nella sanguinosa battaglia di Homs, dove persero la vita centinaia di innocenti. Al fianco dell’attrice il coprotagonista Jamie Dornan, che interpreta Paul Conroy, fotoreporter e migliore amico della Colvin, sopravvissuto all’attacco che le è costato la vita.
Ispirato dall’articolo scritto da Marie Brenner e pubblicato da Vanity Fair nel 2012 “Marie Colvin’s Private War” il primo lungometraggio di Heineman ripercorre 10 anni di storia del giornalismo internazionale con il giusto approccio che privilegia la sensibilità dell’animo umano e la dedizione al lavoro, a discapito di una narrazione storico-sociale del conflitto.
L’attenzione è puntata soprattutto sulla personalità di Marie Colvin, donna dall’animo estremamente sensibile e dalla penna sincera ma tanto assuefatta al lavoro sui campi di battaglia da esserne diventata dipendente. Al Sunday Times dal 1985 Marie Colvin è una donna di quasi cinquant’anni, votata completamente alla sua professione, su cui ha costruito una carriera brillante, sfidando con coraggio leader e dittatori sul terreno delle guerre più sanguinose.
Pur sapendo di correre grandi rischi decide di partire per lo Sri-Lanka, dove si sta combattendo una guerra civile tra le Tigri Tamil e l’esercito singalese, di cui nessun media si occupa. Armata di taccuino e penna racconta al mondo una realtà spaventosa, in cui migliaia di donne e bambini soccombono alla fame e alle malattie, diventando la prima giornalista straniera ad entrare nel paese occupato. Purtroppo il prezzo da pagare è altissimo e Marie Colvin perde un occhio al fronte, dopo essere stata colpita da una scheggia. Nonostante le conseguenze fisiche e psicologiche dell’attacco siano devastanti la giornalista, d’accordo con il direttore Sean Ryan (Tom Hollander) decide di continuare il suo lavoro sul campo documentando gli orrori di Saddam Hussein in Iraq. Fino a un tragico epilogo.
Sempre lucida nel raccontare la guerra dalla parte di chi la subisce, ascoltando e riportando i sentimenti dei civili, a livello personale Marie Colvin era una donna profondamente segnata dagli orrori visti in trent’anni di lavoro, depressa, ma allo stesso tempo volenterosa di portare avanti la sua vocazione, a tutti i costi. Dopo aver conosciuto il suo nuovo compagno Tony Show (Stanley Tucci) per la Colvin si aprì la possibilità di poter avere una vita più stabile, lontana dal campi di battaglia, ma la reporter ritenne più importante tornare in Medio Oriente per raccontare la guerra civile siriana, che dal 2011 ancora oggi continua a mietere vittime. Poco prima di essere uccisa Marie Colvin lanciò in diretta un messaggio molto chiaro alla comunità internazionale: la sua ultima testimonianza è un appello alla fine di un attacco definito “disgustoso” contro 28.000 persone infreddolite e impaurite. Quasi un testamento, che Heineman inserisce con esperienza nel racconto.
A Private War è un bel lungometraggio, che con le tecniche del reportage, indaga sulla vita e sull’anima di una giornalista che è riuscita a raccontare la vita delle persone sotto assedio, perseverando in un lavoro che comporta rischi altissimi. Tuttavia Marie Colvin non era una santa da venerare, ma una donna piena di debolezze, con una vita privata a pezzi e una psiche distrutta dai troppi orrori vissuti sulla sua pelle. Incosciente per dedizione ma allo stesso tempo donna dallo stile inconfondibile, anche con una benda da pirata su un occhio, la Colvin incarna un ideale di giornalismo che si sta perdendo a favore di un approccio sempre meno profondo.
Quello che risulta più interessante del lavoro di Heineman è la volontà di portare sul grande schermo un esempio di quello che è il mestiere del giornalista, raccontare una verità che si può indagare soltanto andando sui luoghi dove avvengono i fatti, allontanandosi dalla scrivania e riportando le notizie attraverso le voci di chi sta vivendo quello specifico momento.
Molto buona l’interpretazione di Rosamund Pike, soprattutto per il modo in cui riesce a riprodurre la voce originale della protagonista, una fumatrice accanita dal timbro profondo e con un accento anglo-americano peculiare. A Private War non delude le aspettative, mantenendo il giusto equilibrio tra narrazione del reale e tempi cinematografici, rispettando la figura della Colvin ma aggiungendo gli elementi di finzione che servono a legare un lungometraggio.