Un giovane californiano, benestante ed omosessuale, a spasso con un operaio messicano etero di mezz’età: decisamente una coppia singolare quella protagonista di Papi Chulo, pellicola presentata al 36. Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile che si è rivelata una piacevole sorpresa nel corso della prima giornata della rassegna.
UN LEGAME BORDERLINE
L’incipit narrativo è di sé per sé originale: Sean (Matt Bomer) è un trentenne gay, fa il presentatore meteo per una stazione televisiva di Los Angeles ed è in crisi per una relazione terminata di recente. Dopo una crisi di pianto in diretta TV, viene costretto dalla direzione dell’emittente a prendersi dei giorni di vacanza e, con il pretesto di dover ridipingere il parquet del suo balcone di casa, arruola Ernesto (Alejandro Patino), manovale messicano di mezza età sposato e con figli. Da qui inizia un rapporto d’amicizia alquanto improbabile tra i due: mentre Sean è bianco, benestante e integrato (usa le app di dating e legge le recensioni di Yelp), Ernesto è un immigrato povero e servile spaesato dal comportamento di Sean, sempre più morbosamente attratto dal tuttofare messicano. Tra gite in barca, passeggiate in collina e feste a casa di amici, Sean ed Ernesto si ritrovano coinvolti in un legame eccentrico e curioso, che definire borderline sarebbe riduttivo.
PAPI CHULO È UNA DIVERTENTE DRAMEDY SUL BISOGNO DI ANDARE AVANTI
La dramedy del regista irlandese John Butler (Handsome Devil, The Stag – Se Sopravvivo Mi Sposo), che con Papi Chulo dirige il suo primo film americano, gioca quasi tutto sul contrasto irresistibile fra due personaggi talmente diversi tra loro da rendere ogni campo-controcampo tre i due qualcosa di strambo, improbabile eppure delizioso. Dopotutto l’anti-simbiosi dei due protagonisti del lungometraggio di fatto scavalca ogni steccato etnico, sociale ed economico, mentre la barriera linguistica (Sean non parla spagnolo ed Ernesto non capisce l’inglese) restituisce un ulteriore spunto di ilarità e di nonsense durante i dialoghi tra la coppia. Ma nel loro incontro/scontro Sean e Ernesto destrutturano in qualche modo anche i loro rispettivi mondi. Se infatti da una parte Papi Chulo prende un po’ in giro il lifestyle californiano modaiolo, dall’altra però, soprattutto nella seconda parte, prende a picconate il mito del macho latino, rimescolando le carte in una Los Angeles multietnica. L’opera, partendo con le premesse di una normale commedia, lentamente si trasforma in un discorso, nemmeno troppo banale, sulla società odierna.
LA PROVA DI MATT BOMER È STREPITOSA
L’interpretazione di Matt Bomer (White Collar, Magic Mike) è il centro nevralgico attorno al quale il film diventa a tratti straripante e strepitoso, sia nelle scene più dinamiche e compulsive che in quelle dove l’attore esprime una profondità sorprendente. Dall’altra parte anche Alejandro Patino, che per buona parte di Papi Chulo si esprime solo con il movimento delle sua grandi sopracciglia, è una spalla perfetta di Bomer nel suo placido e un po’ disorientato minimalismo. Tra i due c’è una sinergia attoriale inusuale e rarissima, capace di colpire fin dal primo momento e generare un universo a sé tanto bizzarro quanto unico. Anche nei frangenti in cui l’allusione sessuale al tabù della gerontofilia potrebbe far storcere il naso, Bomer e Patino fanno viaggiare il film con una leggerezza dissacrante senza sfiorare minimamente la volgarità.
In fondo è proprio ciò che rende Papi Chulo una pellicola interessante: con il suo impianto narrativo sarebbe potuto diventare in ogni momento un film sciocco o, peggio ancora, intriso di una retorica un po’ sentimentalista. Eppure Butler tiene la barra a dritta, evitando ogni insidia demenziale o buonista concedendoci perfino un finale umile e tutt’altro che consolatorio. Papi Chulo, visto così, può apparire un’opera semplice ma si tratta di quella semplicità difficile da realizzare, preziosa ed inattesa.