L’Animale è un oggetto curioso: secondo film dell’austriaca Katharina Mückstein (disponibile in streaming sul portale dell’ArteKino Festival), sembra a colpo d’occhio il solito coming of age con tutto il bagaglio di problemi adolescenziali cui siamo abituati. A ben guardare però si capisce che c’è di più. Molto di più. L’attenzione non è soltanto posta su una protagonista femminile lontana dai canoni stantii di quella femminilità che una società un po’ troppo ingessata vuole farci credere insindacabili ma anche sul ventaglio di analisi e crescita emotiva, che in questo genere di opere è solitamente riservato ai più giovani, capace di abbracciare anche gli adulti.
LA CRESCITA PERSONALE DI UNA PROTAGONISTA ANTICONFORMISTA
Fin dalla prima scena vediamo che la consueta immagine di femminilità che vuole tutte le donne con capelli fluenti, vestiti leziosi in colori pastello, belle scarpe abbinate e un reggiseno che metta in evidenza il seno non può essere riservata a chiunque. Mati (Sophie Stockinger) si guarda allo specchio e si vede ridicola. Non importa quanto la madre cerchi di convincerla di quanto stia bene vestita in quel modo o quanto i suoi compagni siano impeccabili per la cerimonia di consegna del diploma: Mati continuerà a sentirsi da schifo, stretta in un vestito rosa che non la rappresenta. Sono le innumerevoli polo e t-shirt, i pantaloni boyfriend, l’undercut e l’onnipresente top-knot, le giacche e la sua moto sportiva gli elementi che la contraddistinguono. E se questo la fa sentire parte integrante della gang con cui si ritrova per scorrazzare ogni pomeriggio nella cava, allo stesso tempo sono tutti accessori che la separano nettamente dalle ragazze della sua classe tutte capelli curati, trucco e vestiti attillati.
L’ANIMALE RACCONTA LA SESSUALITÀ E LA RICERCA INTERIORE
Negli ultimi tempi di film che hanno indagato l’adolescenza e la scoperta della propria sessualità se ne sono visti molti: basti ricordare, tra i più famosi, Chiamami Col Tuo Nome, Tuo, Simon, La Diseducazione Di Cameron Post o anche Boy Erased. Se però gli ultimi due spostano l’attenzione sui campi di conversione disseminati in tutta America riuscendo, con successo, a evidenziare le falle e a portare a galla le ipocrisie, pellicole come quelle di Guadagnino mettono sotto la lente d’ingrandimento sia i momenti di introspezione che il bagaglio di insicurezze, dolori e speranze con cui ci imbarchiamo nei primi amori. Tutto questo lo ritroviamo anche in L’Animale quando Mati incontra Carla, una delle poche ragazze capace di tenere testa ai suoi amici strafottenti. All’inizio è difficile trovare un punto di contatto, la parola giusta, il modo più veloce per spostare un po’ la maschera e far vedere all’altra che sotto c’è una persona che sa e vuole essere diversa. Basta un attimo per capire che quello di Mati è un risveglio sessuale, una fascinazione il cui unico risultato sarà elevare quell’amicizia ad una serie di momenti più intimi e, per questo motivo, più preziosi.
Ma L’Animale non è interessato solamente alla storia di Mati. Mückstein ci regala infatti uno spaccato realistico di giovani che tante volte abbiamo sentito definire “problematici”, che preferiscono iniziare una rissa dopo aver palpeggiato troppo una ragazza per poi sfogare le proprie pulsioni in sella a una moto. Spacconi in gruppo ma fragili quando da soli devono fare i conti con sentimenti e rifiuti, cullati dal pulsare ritmico della musica in discoteca (in alcune delle scene più riuscite del film) con i loro movimenti frenetici, gli occhi chiusi e la necessità di fuggire per qualche ora da loro stessi. La scoperta di se stessi e il venire a patti con una parte di noi che abbiamo sempre minimizzato non è però qualcosa che interessa solo Mati e i suoi amici ma anche il padre della ragazza, un uomo ormai lontano dalla sua adolescenza ma ancora incapace di fare i conti con la propria sessualità. Il suo è forse il percorso più doloroso: se Mati ha dalla sua la forza di perseverare nelle proprie scelte e quella sicurezza un po’ ingenua di quando siamo giovani, il padre è ormai perfettamente imbrigliato dalla società e preferisce vivere una vita di sotterfugi piuttosto che abbracciare in pieno il suo vero io.
Intrecciando e portando avanti le storie dei suoi vari personaggi, L’Animale segue con delicatezza e sicurezza la propria rotta fino a convergere in un punto di svolta tanto emozionante per quanto inaspettato nella sua esecuzione, un punto in cui il titolo del lungometraggio assume ancora più significato e la coralità raggiunge letteralmente il suo apice. Nonostante un finale leggermente debole che lascia troppe cose inesplorate, complessivamente questa seconda opera di Mückstein è un prodotto ben realizzato che si inserisce nel filone di film sulle difficoltà dei giovani nell’adeguarsi ad un mondo che fa di tutto per mettergli addosso vestiti troppo stretti.