Quando si parla di animazione in stop-motion, c’è un titolo più di ogni altro che viene alla mente; un film la cui magia fatta di un’estetica ipnotica e di musiche sublimi ha segnato per sempre la storia del Cinema, e i cui protagonisti rappresentano iconicamente il momento più alto nella carriera di un regista che solo dopo qualche anno sarebbe stato riconosciuto come di culto.
Pur proponendo una storia grottesca e ambientazioni gotiche, Nightmare Before Christmas, tra i tanti film ‘di Natale’, è forse quello che più di ogni altro suscita sentimenti di amore incondizionato nei nati dagli anni ’80 in poi, e che più radicalmente ha plasmato l’immaginario (non solo natalizio) della modernità.
Nonostante spesso si sottolinei come la regia di questo capolavoro del 1993 non sia di Tim Burton ma di Henry Selick (qui al suo debutto dietro la macchina da presa), di fatto Nightmare Before Christmas è a tutti gli effetti un film di Burton: è lui che ha scritto il soggetto e la sceneggiatura, che ha disegnato i personaggi, che ha contribuito a scolpirli, che ha prodotto il film e che ha stabilito il tono d’insieme e guidato ogni decisione creativa. Se è toccato a Selick – cui ovviamente riconosciamo gli indiscutibili meriti – l’onere e l’onore della regia è solo perché Selick più di Burton aveva esperienza con l’animazione a passo uno, e perché a causa di problemi di agenda Tim Burton durante la realizzazione di Nightmare Before Christmas doveva seguire anche il set di Batman Returns.
L’ASSOLATA CALIFORNIA, LE CONFUSE DECORAZIONI DEI NEGOZI E L’ANTI-GRINCH
Non è certo un mistero che la carriera di Tim Burton sia iniziata come animatore per la Disney, ma quello che forse non tutti sanno è che Nightmare Before Christmas è l’adattamento sul grande schermo di una poesia che il regista scrisse proprio nei suoi giorni come cartoonist per la multinazionale di Topolino.
L’idea per la poesia gli venne ancora prima, per via del fatto che nella sua città natale, la californiana Burbank, non c’era un gran cambiamento climatico tra autunno e inverno, e così il tempo era scandito dalle decorazioni dei negozi, che cercavano di ottimizzare le vendite esponendo addobbi delle festività stagionali con largo anticipo. È proprio in quei giorni nei quali alcune vetrine avevano ancora decorazioni di Halloween, altre erano già a tema natalizio ed altre ancora mostravano in contemporanea ornamenti di entrambe le feste, che Tim Burton pensò per la prima volta di mettere in versi un’intrusione del mondo dei morti nella terra del Natale.
Il personaggio di Jack Skeletron, nello specifico, fu poi ispirato dalle storie del Dr. Seuss e prese forma come una sorta di Grinch al contrario: un mostro che non solo non odia il Natale, ma addirittura se ne innamora.
LA POESIA DA CUI INIZIÒ TUTTO, E LE PORTE SBATTUTE IN FACCIA
Il componimento, il cui titolo rimanda alla celebre The Night Before Christmas di Clement Clarke Moore, era incentrato su soli tre personaggi: Jack Skeletron (Skellington, nell’originale), il suo cagnolino Zero e Santa Claus, dei quali Burton mise per la prima volta nero su bianco l’iconico concept grafico in contemporanea alla stesura dei versi.
Da quella poesia di acqua sotto i ponti ne passò tantissima, e Burton si vide sbattere tante porte in faccia. A nulla valsero i suoi numerosi tentativi di proporre la storia come uno speciale di Natale in stop motion sullo stile delle produzioni televisive di Rankin/Bass o come un libro per bambini, e passarono quasi 17 anni fino al momento in cui pensò di trasformare la storia in un lungometraggio, ricevendo finalmente il via libera dalla Disney.
L’idea arrivò nelle sale americane sotto forma di film solo nel 1993, ma nel 1988 la testa di Jack comparve per la prima volta sul grande schermo come un dettaglio in cima al cappello-giostra in una scena di Beetlejuice, mentre la suddetta poesia godette di una seconda vita un lustro dopo, quando venne trasformata dal suo creatore in un libro illustrato per bambini.
LA DISNEY SI VERGOGNAVA DI ASSOCIARE IL PROPRIO NOME A NIGHTMARE BEFORE CHRISTMAS
Se la Disney finanziò Nightmare Before Christmas, non se la sentì però di associare il proprio marchio per famiglie a un film d’animazione che rischiava di essere troppo dark per il brand di Mickey Mouse: la pellicola di Selick venne infatti distribuita con il logo della Touchstone Pictures per evitare eventuali ripercussioni negative. Questo non impedì però ai dirigenti Disney di fare forti pressioni per riportare Burton su binari tradizionali, insistendo ad esempio in modo più che deciso – fortunatamente senza successo – affinché Jack Skeletron avesse dei più tradizionali bulbi oculari. Quelle orbite nere invece sono diventate essenziali nell’iconografia del personaggio, dimostrando che un grande artista sa creare un legame tra il proprio protagonista e il pubblico anche senza ricorrere a occhioni da cerbiatto.
LE CANZONI? A TEMPO DI RECORD, ANCOR PRIMA CHE ESISTESSE UNO SCRIPT
Non v’è dubbio che le canzoni di The Nightmare Before Christmas, che segnano probabilmente il momento più alto del felicissimo sodalizio tra Burton e il compositore e paroliere Danny Elfman, abbiano contribuito in modo decisivo a rendere il film un’esperienza indimenticabile. Un fatto curioso è però che queste si collochino a loro modo tra la poesia iniziale e il film stesso: Elfman infatti le ha composte quando ancora nemmeno esisteva uno script, dopo aver ricevuto giusto la sommaria descrizione di qualche scena.
Come ha dichiarato il musicista: «Tim mi mostrò bozzetti e disegni, mi accennò la storia e mi descrisse qualche scena a grandi linee. Io dissi Va bene, capito. Tre giorni dopo avevamo la prima canzone».
UNA MOLE DI LAVORO SENZA PRECEDENTI
Se bastarono 3 giorni per il primo brano della colonna sonora, ci vollero in realtà 3 anni e mezzo per realizzare il film, e le prime riprese iniziarono quando ancora mancavano molte pagine del copione, con l’iconica scena di Cos’è.
Nightmare Before Christmas fu infatti uno sforzo pionieristico, capace di portare l’animazione a passo uno a dei livelli tecnici e creativi senza precedenti. Per allestire e girare le scene servirono ‘solo’ 18 mesi, dei quali 4 dedicati ai pochissimi fotogrammi nei quali il Bau Bau appare ‘senza pelle’, come una massa di insetti. Prima delle riprese però ci fu un interminabile lavoro di pre-produzione per creare gli storyboard di ogni singola inquadratura e per la scultura dei personaggi.
Per dare vita a questo capolavoro dello stop motion ci volle un team di ben 120 persone, delle quali da 13 a 17 erano animatori. I 4 scultori, per il solo personaggio di Jack Skeletron, dovettero realizzare ben 400 teste, ognuna con un’espressione o una posizione della bocca diversa. Il lavoro più impegnativo fu però quello di chi dovette realizzare i 19 giganteschi e dettagliatissimi set, che dovevano essere perfettamente scomponibili e ricomponibili per garantire un comodo lavoro agli animatori, ospitare botole segrete per l’accesso alle aree più scomode ed essere riprodotti in una versione preliminare 1:4 per permettere al regista di provare tutti i movimenti di macchina e le inquadrature prima di dare l’ok per la costruzione finale.
LO STILE DI TIM BURTON È TUTTA FARINA DEL SUO SACCO?
Le forme irregolari, le prospettive esasperate, le silhouette archetipicamente ostili e l’impianto prettamente teatrale degli allestimenti sono tutti elementi che caratterizzano i set di Nightmare Before Christmas e che vengono attinti a piene mani dall’opera di Hermann Warm, seminale scenografo e regista tedesco che ha contribuito più di ogni altro a definire l’estetica del cinema espressionista degli anni ’20. L’opera di Warm si riverbera in modo così esplicito nei fotogrammi di quella di Selick e Burton da portare un occhio ben allenato a interpretarla come un vero e proprio omaggio a un genio della settima arte.
I suddetti set, oltre a riproporre il codice visivo dell’espressionismo cinematografico, sono anche caratterizzati da un complesso uso di texture e graffi il cui scopo è riproporre in chiave tridimensionale tanto le esasperate pennellate dei pittori espressionisti quanto – e soprattutto – i tratti di china del macabro illustratore statunitense Edward Gorey, i cui disegni sono stati di fondamentale importanza nell’ispirare il look del film. La stessa trama di sottili linee che percorre molte delle superfici dei set la ritroviamo anche nel completo gessato che indossa il protagonista Jack; ma a dispetto di quanto si possa pensare l’idea non è di Tim Burton (pur notoriamente ossessionato dalle trame a righe) bensì del regista: infatti il vestito tutto nero del personaggio principale sin dai primi screen test si confondeva troppo con lo sfondo, e allora Henry Selick propose quella semplice ma fondamentale modifica al design del costume.
Se infine Edward Gorey ha avuto un ruolo fondamentale nell’ispirare Burton, c’è anche un altro illustratore cui il regista di Edward Mani di Forbice si è ispirato quasi senza ritegno: parliamo del disegnatore satirico britannico Ronald Searle, la cui opera condiziona il design della maggior parte dei personaggi, che sembrano essere usciti direttamente dalle sue tavole.
La grandezza creativa del primo Tim Burton non è certo messa in discussione, ma è innegabile quanto il suo immaginario sia stato incredibilmente debitore (ai limiti del furto) verso l’iconografia di alcuni suoi notevolissimi predecessori.
COSA CI RIMANE DI NIGHTMARE BEFORE CHRISTMAS
A un quarto di secolo di distanza dal debutto in sala di Nightmare Before Christmas abbiamo tutta la serenità per fare un bilancio sul retaggio del capolavoro di Tim Burton (diretto da Selick), e possiamo concludere che le avventure di Jack Skeletron abbiano segnato in modo indelebile non solo la storia del cinema ma anche l’immaginario contemporaneo.
Nightmare Before Christmas rappresenta l’apice di un percorso, nonché il punto d’arrivo di un’ideale pentalogia dei freak che si è sviluppata in precedenza attraverso Beetlejuice (1988), Batman (1990), Edward Mani di Forbice (1990) e Batman Returns (1992). Burton confeziona una vera e propria favola con tanto di morale, nella quale con un linguaggio adatto anche ai più piccoli si veicola un messaggio di accettazione e valorizzazione della diversità (altrui e propria) e di integrazione.
Nel farlo Burton ricorre ad atmosfere quantomai cupe e grottesche – il vero valore aggiunto rispetto alle suddette influenze artistiche – e semina un germe che nel corso dei decenni successivi riaffiorerà più volte nella cultura popolare, condizionando enormemente la fascinazione verso suggestioni romantiche macabre e gotiche. Una visione poetica, onirica, decadente e senza compromessi che proteggeremo per sempre in un angolo del nostro cuore di bambini.