Il New York Times, uno dei quotidiani più autorevoli al mondo, ha definito la serie HBO I Soprano come “la più grande opera della cultura pop dell’ultimo quarto di secolo”. Una cosa è certa: senza Tony Soprano non avrebbero mai visto la luce Mad Men, Breaking Bad, Game Of Thrones e gran parte degli splendidi show che da anni intrattengono il pubblico di tutto il mondo. Il 10 gennaio del 1999 faceva il suo esordio il prodotto che, assieme a Twin Peaks, ha cambiato per sempre il volto del piccolo schermo, preparando la strada ad una delle rivoluzioni culturali più rilevanti del XXI secolo.
LA GENESI DI UN CAPOLAVORO
Il creatore e showrunner David Chase, esperto sceneggiatore attivo fin dagli anni Settanta, prima di concepire I Soprano era sul punto di lasciare la televisione per avvicinarsi al cinema perchè il mezzo televisivo in quegli anni non offriva concrete possibilità agli autori di esprimersi al meglio. Ci troviamo alla metà degli anni Novanta: nonostante comincino ad affacciarsi sul piccolo schermo cult come X-Files, il panorama americano (ma non solo) era dominato dai canali generalisti e da prodotti poco inclini alla sperimentazione. Tuttavia un network a pagamento, la Home Box Office diretto dal pionieristico presidente Chris Albrecht, nel 1997 aveva scioccato il pubblico USA con lo show carcerario Oz, una serie che rappresentava un microcosmo criminale violentissimo senza alcuna censura; i tempi erano maturi per nuove storie, nuovi personaggi ma soprattutto un nuovo approccio al medium.
Quando Chase incontrò Albrecht, dopo aver proposto invano ad alcune emittenti il progetto preliminare di una serie su una famiglia mafiosa, riuscì ad imporre il suo punto di vista vincendo la prima di tante battaglie (come quella di dirigere in prima persona il pilot). Quando il primo episodio de I Soprano fece il suo debutto fu subito ben accolto ma nessuno avrebbe mai previsto che quello sarebbe stato l’inizio di un fenomeno che avrebbe rivoluzionato per sempre la TV. I numeri parlano chiaro: con le sue 21 vittorie su 111 nomination agli Emmy (senza contare inoltre i Golden Globe e altri prestigiosi riconoscimenti), la creatura di David Chase è una delle serie più premiate di tutti i tempi e, prima del successo planetario di Game Of Thrones, è stato lo show più seguito della storia di HBO (nella quarta stagione viaggiava ad una media di quasi 11 milioni di spettatori ad episodio con punte di 13 milioni, un risultato incredibile per una rete premium cable).
I SEGRETI DEL SUCCESSO DI UNA SERIE CULT
Ma cosa ha reso I Soprano un punto di riferimento imprescindibile per la televisione moderna? Innanzitutto la sua capacità nell’anticipare i tempi andando incontro ad un pubblico che, a fine anni Novanta, era alla ricerca di storie più mature e realistiche. Chase, prendendo come ispirazione Quei Bravi Ragazzi (non è un caso che molti attori della serie abbiano recitato nel film di Martin Scorsese del 1990), mette al centro della scena non il classico mafioso italo-americano stereotipato e grottesco ma un personaggio che, a prima vista, sembra essere un uomo normalissimo del New Jersey con problemi comuni. Attenzione però, Tony Soprano non è un eroe: la grande novità era che, per la prima volta, lo spettatore si trovava nella scomoda posizione di tifare per un pericoloso criminale pluriomicida; I Soprano, in questo modo, sdoganarono definitivamente la figura dell’antieroe in TV (diventata poi col tempo una figura centrale della nuova Golden Age televisiva). Nella scelta dell’attore protagonista Chase optò verso James Gandolfini perché l’altro candidato, il più brillante Michael Rispoli, non trasmetteva la giusta dose di cupezza. Mai scelta fu più azzeccata: il compianto Gandolfini (morto a Roma nel 2013), con il suo fisico imponente e il suo straordinario talento, ha contribuito in maniera decisiva a rendere indimenticabile Tony Soprano (per la sua interpretazione vinse un Golden Globe e ben tre Emmy come Miglior Attore in una serie drammatica).
Oltre ad essere il miglior family drama mai prodotto sul piccolo schermo (grazie anche al contributo di un grande cast composto da Edie Falco, Michael Imperioli, Steven Van Zandt e Tony Sirico, solo per citarne alcuni), I Soprano ha analizzato come pochi altri show la natura umana in tutta la sua complessità, soprattutto nel rapporto tra il boss e la psicologa Jennifer Melfi (interpretata splendidamente da Lorraine Bracco). Le sessioni di psicoterapia tra Tony e la dottoressa Melfi rappresentano uno dei punti più alti toccati dalla televisione, in grado non solo di delineare perfettamente due incredibili personaggi ma anche di raccontare in maniera profonda i vizi e le paure dell’uomo moderno.
David Chase, con il suo team di autori, nel corso di sei lunghissime stagioni procede dritto per la sua strada con totale libertà artistica fino all’ultimo episodio, regalando ai telespettatori uno dei finali più discussi della storia. Sul series finale è stato detto di tutto (lo stesso Chase, in un’intervista (spoilerosa) alla Directors Guild Of America, cerca di spiegarlo), dividendo come non mai pubblico e critica, ma non possiamo non sottolineare ancora una volta la coerenza e il coraggio di un filmmaker visionario.
L’IMPATTO DI UN’OPERA RIVOLUZIONARIA SULLA CULTURA POPOLARE
Il grande successo de I Soprano spinse la HBO a produrre nuovi show che avessero una forte impronta autoriale e che mettessero in scena storie originali che non sarebbero mai andate in onda nei canali generalisti. Da qui in poi la rivoluzione: con Six Feet Under, The Wire, Carnivàle e Deadwood la HBO traccia la via per la Golden Age della televisione, spingendo non solo gli altri network via cavo a proporre prodotti più adulti (come The Shield e Dexter, ma la lista è lunghissima) ma anche stimolando la TV mainstream ad osare di più (senza I Soprano, Hannibal non sarebbe mai nata). Inoltre la serie è stata la palestra per grandi autori che hanno poi avuto un ruolo di primo piano nel panorama americano: Matthew Weiner (il creatore di Mad Men) e Terence Winter (showrunner di Boardwalk Empire e Vinyl, nonché sceneggiatore di The Wolf Of Wall Street) sono cresciuti professionalmente nella writer’s room di David Chase.
Nel marzo del 2018 è stato annunciato un film prequel, basato sulle vicende della famiglia Soprano, ambientato negli anni Sessanta: la pellicola, scritta da Chase e diretta da Alan Taylor (storico regista dello show), parlerà delle sommosse di Newark e del rapporto conflittuale tra gli italo-americani e la comunità black (il titolo infatti sarà The Many Saints Of Newark) nel periodo in cui Tony Soprano era un bambino. Analizzare il passato della famiglia mafiosa più popolare della serialità potrebbe essere la maniera migliore per arricchire ulteriormente il background di un personaggio leggendario: un regalo del genere ai fan, nell’anno del ventennale, sarebbe la ciliegina sulla torta.
Definire I Soprano un capolavoro è quasi riduttivo: il nostro consiglio è quello di recuperare assolutamente un vero e proprio caposaldo della cultura contemporanea, capace di sovvertire le regole di un’intera industria.