Dynit e Nexo Digital, da sempre attenti all’animazione giapponese, hanno portato in sala il 21, 22 e 23 gennaio Voglio Mangiare Il Tuo Pancreas, adattamento dell’omonimo bestseller scritto da Yoru Sumino nel 2014, chiudendo così la stagione anime aperta con Mirai di Mamoru Hosoda e Penguin Highway di Hiroyasu Ishida. Il film è scritto e diretto da Shinichiro Ushijima, mentre l’animazione è stata affidata allo Studio VOLN.
L’INTENSO RAPPORTO TRA DUE LICEALI
Haruki è un liceale scontroso e chiuso in sé stesso. I suoi unici compagni sono i suoi libri di letteratura ed è convinto che il contatto con il prossimo non possa in alcun modo portargli felicità o benefici. La sua vita cambia dopo che, in maniera del tutto casuale, Haruki trova e legge il diario di Sakura, una sua allegra ed energica compagna di classe, scoprendo il suo segreto. Sakura infatti è affetta da una grave ed incurabile malattia al pancreas, che la porterà inevitabilmente a morire giovanissima. I due cominciano a frequentarsi e a diventare amici sempre più intimi, cambiando totalmente le proprie vite e facendo nuove esperienze che faranno capire ad entrambi il vero valore dell’amore, dell’amicizia e della vita stessa.
UN’OPERA CHE DELUDE PER L’ECCESSO DI SENTIMENTALISMO
Voglio Mangiare Il Tuo Pancreas va a chiudere la stagione anime di Nexo Digital, rendendo ancora più evidente quanto profondo sia stato il solco lasciato da Your Name di Makoto Shinkai nel mercato dell’animazione in Giappone e nel mondo (non a caso è già stata annunciata la distribuzione in sala di 5cm Al Secondo, opera del 2007 dello stesso Shinkai passata quasi sotto silenzio al di fuori del Giappone). Il pubblico sembra infatti ormai orientato in maniera decisa verso produzioni più intime e sentimentali rispetto al classico trend che vedeva torreggiare – almeno al cinema – storie dai toni spiccatamente fantasy o fantascientifici.
Non è quindi sbagliato dire che Nexo Digital e Dynit abbiano deciso di adottare una politica di distribuzione che vada ad assecondare questa nuova fase dell’animazione del Sol Levante; il problema è la qualità altalenante dei titoli proposti in sala. Eccezion fatta per lo splendido Penguin Highway di Ishida, sia Mirai di Hosoda (che non può certo essere definito un brutto film ma che non regge il confronto con la filmografia del regista) che Voglio Mangiare Il Tuo Pancreas si attestano su livelli non eccelsi.
Quella di Ushijima è un’opera che presenta molti difetti: passi la poca originalità del soggetto, che sostanzialmente non va a distaccarsi da tutte le storie legate ai drammi sulla malattia terminale, ma non si può soprassedere su un animazione di scarso livello, poco fluida e che, più di una volta, lascia intendere che il budget destinato al comparto grafico non sia stato enorme. Non si può neanche lasciar correre la cura pressochè inesistente per la realizzazione delle ambientazioni e dei fondali (che risultano scarni e realizzati con troppa superficialità) e, soprattutto, la scrittura mediocre che condiziona tutto il film.
Nonostante la mancanza di innovazione, ci si aspetta da un’opera del genere una narrazione che, quantomeno, possa rendere la storia più interessante. Purtroppo lo script di Voglio Mangiare Il Tuo Pancreas è un ricettacolo di luoghi comuni, e i due personaggi hanno personalità agli antipodi ma sono tratteggiati in maniera banale, poco credibile e spesso fastidiosa. Tutto ciò genera un certo distacco nei confronti della vicenda narrata, quando in realtà lo sforzo maggiore compiuto dalla sceneggiatura è stato quello di imporre allo spettatore una commozione quasi condizionata, mancando completamente l’obiettivo principale di tutto il lungometraggio.
Il ritmo rimane piuttosto basso per tutta la durata, salvo un plot twist piuttosto inaspettato verso la fine che però non riesce realmente a far decollare la pellicola dal momento che Ushijima insiste su un forzato sentimentalismo. A dispetto dell’alto livello qualitativo a cui ci ha abituato negli anni l’animazione giapponese, Voglio Mangiare Il Tuo Pancreas delude le alte aspettative della vigilia.