Sono passati 78 anni dall’uscita di Dumbo, un classico della Disney che ha fatto riflettere e commuovere bambini e adulti di molte generazioni. Quel piccolo pachiderma dalle orecchie enormi e dagli occhioni tristi, strappato alla madre con ferocia e alla mercé di un pubblico ostile, nascondeva dentro di sé una forza interiore così potente e magica da riuscire a realizzare i suoi desideri e far sognare gli spettatori. Dotato di grande forza visiva, nonostante le risorse economiche a disposizione (ebbe un budget molto inferiore rispetto ad opere come Fantasia e Pinocchio), Dumbo è diventato un classico proprio per la sua schiettezza e semplicità.
I tempi oggi sono cambiati e il colosso Disney, che da qualche anno a questa parte sta riproponendo i classici animati nella formula live action, regala al grande pubblico il Dumbo del XXI secolo rivisto da Tim Burton (il film esce nelle sale italiane il 28 marzo). Grazie ai progressi tecnologici ciò che prima si poteva soltanto immaginare oggi è realtà e solo il visionario padre di tanti freak del cinema (rappresentati in capolavori come La Sposa Cadavere, Edward Mani di Forbice, Frankenweenie e molti altri) poteva riportare in vita il piccolo elefante sul grande schermo in una veste totalmente nuova.
UN NUOVO UNIVERSO NARRATIVO PER IL PICCOLO ELEFANTE VOLANTE
Max Medici (Danny DeVito) è il proprietario di un circo che ha visto tempi migliori. La guerra è appena terminata e la febbre ha colpito alcuni dei circensi più famosi tra cui la moglie di Holt Ferrier (Colin Farrell), una star delle esibizioni a cavallo. Tornato dal fronte senza un braccio, Holt si trova a dover affrontare la perdita della moglie e del suo ruolo artistico, costretto ad occuparsi da solo dei figli Joe e Millie. Medici così gli affida il compito di educare un elefantino appena nato, il piccolo Jumbo, dotato di due enormi orecchie ma anche di grande empatia con gli umani.
Le sue prime esibizioni suscitano l’ilarità del pubblico, che inizia a chiamarlo Dumbo (provocando le ire dell’elefantessa madre che viene allontanata dal circo). Insieme ai suoi piccoli amici Dumbo impara a volare, diventando una star, ma il suo obiettivo è quello di rintracciare la mamma e scappare via dalla gabbia in cui gli umani lo hanno recluso. Costretto dalle esigenze economiche, Medici accetta la proposta dell’arrivista Vandemere (Michael Keaton), proprietario di un grande parco divertimenti, di vendergli le quote del piccolo circo per sfruttare le incredibili capacità di Dumbo, accompagnato dalla trapezista Colette Marchant (Eva Green). Presto però si scopriranno le vere intenzioni dell’imprenditore e tutta la famiglia di circensi cercherà di aiutare il piccolo elefante prodigio a trovare il suo posto nel mondo.
BURTON REALIZZA UN FILM TROPPO ANCORATO ALLA REALTÀ
Tim Burton sceglie di raccontare la favola di Dumbo allontanandosi dall’originale per introdurre personaggi inediti e ampliare notevolmente la sceneggiatura (scritta da Ehren Kruger), che si distacca dal mondo animale e predilige la chiave di lettura del rapporto tra uomo e natura. Questa interpretazione riesce a dare forma con coerenza ad un lungometraggio che si adatta ai tempi cinematografici odierni e, allo stesso tempo, si distacca in modo originale dalla mera riproduzione in veste umana di un cartone animato Disney. Da questo punto di vista è apprezzabile il lavoro di Burton e Kruger, finalizzato a dar vita a qualcosa di completamente diverso pur mantenendo un’impostazione adatta ai bambini.
La narrazione avviene su due piani che si intersecano ovvero il mondo di Dumbo e degli animali selvatici e quello umano, due realtà parallele che si aiutano a vicenda, ognuna con le sue caratteristiche. Il messaggio che Burton vuole comunicare è molto chiaro, la natura animale va rispettata e, come uomini, abbiamo il dovere di esserne custodi. Altra tematica, che si avvicina di più a quella dell’originale, è quella legata alla ricerca interiore della chiave per “volare”, cioè realizzare i propri sogni con la forza di volontà e l’impegno, rispettando le peculiarità tipiche di ogni essere vivente.
A discapito di un messaggio così limpido c’è tuttavia una carenza di immaginazione, che sinceramente non ci si aspettava da un cineasta visionario come Tim Burton. Forse frenato dall’obiettivo di realizzare un film per tutti, non spinge sulla estremizzazione (positiva o negativa che sia) delle peculiarità umane, non approfondendo visivamente le emozioni dei protagonisti. I bambini restano quasi impassibili alle meraviglie che riescono a realizzare con il loro amico a quattro zampe, in modo tale che il disastro economico e psicologico che mina il lavoro dei circensi è talmente poco enfatizzato da renderlo quasi inesistente. Il rischio è che le emozioni che lo spettatore prova durante la visione di Dumbo siano legate sostanzialmente alle percezioni dell’immaginario creato dal film originale, che fa leva sui sentimenti più reconditi come la compassione e l’empatia.
Dal punto di vista visivo il regista riprende il suo immaginario cinematografico proponendo una scenografia satura e molto pop, molto simile al lavoro fatto sui villain in Batman e Batman Returns dove era molto forte la presenza concettuale del circo e dei suoi freaks. Non a caso in Dumbo sono presenti sia Danny DeVito che Michael Keaton (due ottime interpretazioni le loro), che inevitabilmente ci fanno ricordare che, nonostante il sentimentalismo di casa Disney, c’è sempre Tim Burton dietro alla macchina da presa, il maestro di un cinema talmente distintivo da non poter essere banalmente classificato.
In conclusione, il live action di Dumbo non stupisce quanto dovrebbe pur essendo un ottimo film, ben scritto e splendidamente girato. Proprio per la sua natura onirica (indimenticabile il balletto degli elefanti rosa) il cartoon di casa Disney si prestava ad abbracciare lo spirito visionario di Tim Burton ma il lungometraggio è troppo ancorato alla realtà. Alla fine però Dumbo rimane sempre il piccolo elefante volante dagli occhi dolci, capace di far commuovere al primo sguardo e, seppur con qualche criticità, l’opera di Burton colpisce per la sua sincerità, proprio come fece il cartone animato moltissimi fa.