Presentatosi all’inizio come una storia di sopravvivenza nella Danimarca rurale di fine ottocento, Before the Frost si trasforma rapidamente nella narrazione di una scalata sociale in cui ambizione, necessità e ricchezza si fondono. Seppure con i suoi difetti di coerenza, il film è un grande affresco storico sulle inclinazioni dell’animo umano, e sulle sue segrete e inconfessabili ambizioni. Dopo il debutto internazionale al Festival di Toronto, la pellicola di Michael Noer è stata presentata in anteprima italiana alla 13° Festa del Cinema di Roma ma ancora non ha avuto una distribuzione ufficiale nel nostro paese.
La vita della famiglia di Jens (Jesper Christensen), anziano agricoltore, dipende dai capricci di una terra avara: in un paesino rurale del XIX secolo è sufficiente una pioggia imprevista per distruggere un intero raccolto. Già afflitta dalle difficoltà economiche, la famiglia è sul punto di cadere in disgrazia, e accanto all’umiliazione sociale sorge lo spettro della fame. Jens deve trovare un modo per mantenere la propria dignità, e garantire la sopravvivenza dei suoi due nipoti e della figlia. In una società agricola e patriarcale, l’unica strada percorribile è il matrimonio di quest’ultima con un agiato possidente svedese. La biondissima Signe (Clara Rosager), però, ha bisogno di una dote adeguata, e per comporla l’anziano padre dovrà piegare il sentimentalismo alla necessità. Le conseguenze ipotetiche delle azioni di Jens dovrebbero essere semplici e certe, ma un incidente innesca una reazione a catena che rischia di diventare incontrollabile.
Nelle distese paludose della Daminarca, Jens dimentica i morti per proteggere i vivi, e si disegna come un personaggio inizialmente semplice, ma che diventa poi sempre più ricco di chiaroscuri, fin quando lo spettatore non sa più se sia codardo o banalmente razionale. Già conosciuto per il suo ruolo in Melancholia di Lars Von Trier, Jesper Christensen ci regala un’ottima performance e riesce ad armonizzare le contraddittorie reazioni del suo personaggio in un processo psicologico che, seppur non proprio lineare, risulta almeno comprensibile.
Before the Frost bilancia costantemente tra peccato e assoluzione, tra colpa e giustificazione. Dai fili della trama emerge però chiara la denuncia della corrosività del denaro, e una concezione pessimistica dell’animo umano: in condizioni di pericolo o necessità, la persona scompare per lasciar emergere l’animale, e l’amore diventa poca cosa davanti alla garanzia di sopravvivenza. Una visione che illumina la pochezza dell’uomo, ma che sceglie di manifestarsi in una trama ambigua: l’estrema povertà è, ancor prima di un animo malvagio, la causa della corruzione, e tuttavia si può chiamare tale la reificazione del desiderio di sopravvivere? Nell’opera di Noer ci si sposa per convenienza, e la ricchezza, più del sincero affetto, apre le porte all’amore, o a un suo imprecisato surrogato. L’integrità è per i ricchi, oppure per i morti, e i compromessi assumono termini apparentemente insostenibili, che devono essere però accettati.
Nelle inquadrature, oltre ai colori gelidi e fangosi, è il senso di ineluttabilità ad emergere: pochissime sono le scelte compiute secondo un vero libero arbitrio, e tutte sbagliate. La natura è la causa prima della catena di complicazioni che costituisce l’origine della trama, ma è quando l’uomo sceglie di trasformare la lotta per la sopravvivenza in una scalata sociale che gli eventi degenerano.