Dopo essere passato al Sundance Film Festival, Love, Antosha è stato presentato in anteprima italiana al Biografilm di Bologna. Il documentario, diretto da Garrett Price (montatore di Hollywood all’esordio nella regia), racconta la vita dell’attore americano di origini russe Anton Yelchin (divenuto famoso per il ruolo di Pavel Chekov in Star Trek), morto tragicamente a causa del malfunzionamento della sua auto nel giugno del 2016.
LOVE, ANTOSHA, UN RITORNO AL DOCUMENTARIO “CLASSICO”
In un periodo in cui il genere del documentario si sta evolvendo, facendosi contaminare da altri generi e dando vita a opere uniche, Love, Antosha potrebbe sembrare un lavoro troppo semplice. Quello di Price è infatti un documentario classico, che racconta cronologicamente la vita di Yelchin tramite immagini di repertorio e interviste agli amici e alla famiglia dell’attore. Fortunatamente, però, Garret Price non ha costruito un impianto da “tearjerker”, ovvero da film strappalacrime a tutti i costi. Nel documentario non si parla mai in modo commovente o triste di Yelchin, al contrario.
UN SFORZO COLLETTIVO PER UN’OPERA STRUGGENTE MA NON STRAPPALACRIME
La sensazione che si prova vedendo l’opera di Price è che essa sia stava fortemente voluta dagli amici di Yelchin (alcuni sconosciuti, altri famosi come Zachary Quinto e Jennifer Lawrence) e soprattutto dai suoi genitori, i quali stanno “accompagnando” il film nelle sale di tutto il mondo. Erano presenti a Bologna e lo saranno alle prossime proiezioni in giro per l’Europa.
Antosha (come era soprannominato dalla mamma) era molto di più di un semplice attore “prodigio”. Era un ragazzo che ha combattuto tutta la vita con la fibrosi cistica, malattia che lo costringeva a fare diverse ore di esercizi respiratori ogni giorno, per poi recarsi sul set per lavorare. Nessuno ne era a conoscenza, se non i suoi più cari amici e la sua famiglia.
Yelchin era un artista pieno di vita, dotato di una energia creativa incredibile. Scopriamo con Love, Antosha che il protagonista di Like Crazy era un ottimo bassista e che suonava la domenica nei locali di Los Angeles con gli amici di infanzia, mentre le notti le passava in giro per i locali e i bassifondi di L.A. a fotografare prostitute, strip club e piazze di spaccio.
LA CARRIERA E LA MORTE DI ANTON YELCHIN
Sin dalla tenera età, Yelchin si scopre ossessionato dal cinema, dalla letteratura e dalla musica. Egli era solito appuntarsi su un diario tutto quello che pensava di una qualunque opera e, stando a quanto dice Chris Pine, durante la lavorazione di Star Trek si divertiva a tradurre Dostoevskij dal russo all’inglese. Secondo la testimonianza dei genitori, Antosha non si fermava mai. Nonostante il suo manager gli sconsigliasse di accettare certi ruoli, egli era determinato a lavorare sempre e comunque, prendendo parte a qualunque tipo di prodotto. Un atteggiamento analogo a quello di Marcello Mastroianni, il quale non ha mai rifiutato una parte.
Dal 2000 al 2016, Anton Yelchin ha recitato in ben 69 prodotti audiovisivi, fra cui film e serie televisive. Dopo una gavetta di sedici anni, Antosha era finalmente pronto a girare il suo primo film da regista, un’opera ispirata alla pellicola che gli ha cambiato al vita: Taxy Driver. Poi il 19 giugno 2016 è arrivato il terribile incidente che lo ha ucciso a 27 anni, quando un malfunzionamento al freno a mano della sua vettura ha fatto sì che si l’auto si muovesse da sola e, complice la forte pendenza del vialetto in cui era parcheggiata, lo schiacciasse contro un muretto. Quando i genitori lo ritrovarono senza vita, il motore era ancora acceso e il cambio in folle.
Love, Antosha racconta di un artista che avrebbe potuto dare tantissimo al cinema. Anton Yelchin se ne è andato in modo diverso da Heath Ledger o James Dean. Non era un ribelle o una personalità complicata, al contrario. I suoi amici e la famiglia lo ricordano come un giovane incredibilmente affettuoso, energico e innamorato della vita.