The Perfect Candidate, film in concorso alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è il nuovo lungometraggio della regista saudita Haifaa Al-Mansour divenuta famosa per La Bicicletta Verde, opera del 2012 che, attraverso gli occhi della protagonista adolescente, mette in discussione il potere patriarcale e religioso in Arabia Saudita. Dopo una breve parentesi nel cinema occidentale, con il dimenticabile Mary Shelley, la cineasta torna nel suo paese d’origine per portare all’attenzione del mondo le tante voci femminili che, nonostante una cultura oppressiva, vogliono farsi sentire.
UN FILM AL FEMMINILE PER HAIFAA AL-MANSOUR
Primo dei due film diretti da registe donne in concorso a Venezia quest’anno, The Perfect Candidate è un lavoro di indubbio interesse che presenta però una visione troppo lineare della condizione femminile in Arabia Saudita, raccontando una storia già rivista nonostante un punto di vista accurato della cultura araba che la cineasta offre allo spettatore.
Viziata dall’eccessiva formalità visiva, la pellicola della Al-Mansour non riesce a sfondare i muri eretti dalla cultura e religione saudita e il grido di ribellione della protagonista non è abbastanza forte da destare sufficiente attenzione. L’autrice non riesce a trovare la chiave di lettura corretta per esercitare quel transfert emotivo necessario al pubblico per immedesimarsi in un mondo diversissimo e di difficile comprensione per i nostri occhi occidentali.
LA DIVISA DELLA COMBATTENTE MARYAM È UN NIQAB INDOSSATO SUL CAMICE
La storia si snoda intorno alla vita di Maryam (Mila Alzahrani), una giovane dottoressa di provincia che, per caso, si ritrova ad essere candidata alle elezioni comunali. Nonostante sia un medico qualificato e nutra un forte senso civico, Maryam viene messa in disparte dai suoi colleghi uomini, non è rispettata da alcuni pazienti ed è costretta ogni giorno ad indossare in pubblico l’abaya (abito nero), che le copre tutto il corpo, e il niqab per nascondere il volto. La recente apertura della monarchia saudita verso i diritti delle donne le consente di guidare l’auto ma non di viaggiare senza l’autorizzazione di un parente di sesso maschile; nel caso di Maryam è il padre, un musicista tradizionale troppo impegnato con la sua tournée da poter firmare il visto che le consentirebbe di intraprendere un viaggio di lavoro a Dubai. La mancata partenza innesca una serie di conseguenze che porteranno la giovane e grintosa dottoressa a candidarsi alle elezioni comunali per migliorare la qualità della vita dei suoi concittadini. Ad aiutare Maryam nella raccolta fondi necessaria per condurre la campagna elettorale saranno le donne della città, guidate dalla sorella Selma (interpretata dall’influencer Dhay).
UN PICCOLO IMPORTANTE PASSO PER L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE IN ARABIA SAUDITA
The Perfect Candidate è un film che presenta numerose criticità sia nella sceneggiatura che nella regia ma riesce a portare sul grande schermo un argomento complesso quanto poco conosciuto, che potrebbe rappresentare un altro piccolo passo per l’emancipazione femminile in Arabia Saudita. La regista propone infatti numerosi temi che permettono alla protagonista di prendersi lo spazio che merita ma non riesce a dare al lungometraggio il giusto ritmo, che tende a calare vertiginosamente in molti frangenti non riuscendo mai a raggiungere il climax e non apportando l’intensità drammatica necessaria per essere incisivo. Bisogna lodare, nonostante la tecnica non esemplare, l’impegno delle due attrici protagoniste che riescono a dare il meglio quando si trovano insieme, mostrandoci la forza della sorellanza nel mondo arabo e ricordando che in Arabia Saudita i cinema sono stati riaperti soltanto un anno fa, dopo 35 anni di divieti.
Haifaa Al-Mansour è certamente una privilegiata ma grazie a The Perfect Candidate porta con sé la speranza che in un futuro, si spera non troppo lontano, anche una ragazza saudita di provincia con poche risorse economiche possa fare la regista e mostrare al mondo la sua cultura, tanto ricca e millenaria quanto osteggiata dal fondamentalismo religioso.