Nel 1989, anno di nascita del regista iraniano Saeed Roustaee, la rivoluzione islamica era avvenuta già da oltre dieci anni. A quarant’anni dall’abbattimento della monarchia e a trent’anni di età, nel suo nuovo film Sei Milioni e Mezzo (titolo internazionale Just 6.5), disponibile in streaming su Festival Scope fino al 19 settembre, il cineasta sembra chiedersi attraverso il ricorso al genere squisitamente poliziesco cosa ne sia stato e cosa sia rimasto di quella rivoluzione.
IN SEI MILIONI E MEZZO UNA TEHERAN FUNESTATA DAL NARCOTRAFFICO
La polizia di Teheran è impegnata in una dura battaglia contro i narcotrafficanti e la sezione narcotici opera incessantemente in tutta la città, dove la droga si è diffusa in interi quartieri affollati di persone che ne fanno uso, degradando così il territorio e le strutture cittadine, oltre che naturalmente firmando la loro condanna a morte. Una lotta senza quartiere in cui lo stato impiega grandi quantità di uomini e di mezzi. Ma la situazione è ormai fuori controllo. La rete di spaccio è capillare e soprattutto si è allargata, coinvolgendo intere famiglie umili e insospettabili che aderiscono a questa attività criminale semplicemente per tirare a campare.
In questo quadro la polizia decide di alzare il livello e di investigare e colpire i grossi narcotrafficanti nel tentativo di ridurre significativamente l’offerta di droga sul mercato interno. Samad, capo della sezione narcotici, si mette quindi sulle tracce di Nasser, uno dei pesci grossi. Dopo aver smantellato la sua rete ramificata, lo scova in un appartamento di gran lusso. Nasser percorrerà tutto l’iter giudiziario fino alla pena di morte, mentre gli uomini della squadra narcotici, parallelamente, dovranno confrontarsi con le contraddizioni personali, le loro passioni, le loro tentazioni, con le strutture, gli ordinamenti e le regole della società islamica.
JUST 6.5 NON È TANTO UN FILM POLITICO QUANTO UN VERO POLIZIESCO
Sei Milioni e Mezzo (Metri Shesho Nim il titolo originale) non è un film politico ma un vero film poliziesco. Il tentativo di Roustaee, semmai si volesse fare una sorta di piccola forzatura, è quello di indagare, almeno nel metodo, su quali siano gli sviluppi a distanza di una rivoluzione a prescindere dall’aggettivo che segue. Il regista si focalizza su quella islamica. E per capire il perché bastano pochi dati. Roustaee infatti ci farà sapere che in Iran, il suo paese, si consumano dieci tonnellate di droga al giorno e che i tossicodipendenti, nonostante la pena di morte e una legislazione molto severa e repressiva, sono passati da un milione a sei milioni e mezzo (da qui il titolo del film).
Il lavoro, presentato alla 76° Mostra internazionale del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, è l’altra faccia del genere che in Italia è rinato pochi anni fa con Gomorra. Nella serie italiana la macchina da presa segue i piccoli e grandi boss, le loro gesta e le loro dinamiche gerarchiche. In Sei Milioni e Mezzo, al contrario, l’obiettivo è puntato su chi lotta contro il crimine nelle trincee quotidiane. Nel film iraniano il “lavoro sporco” non lo fanno i gregari dei boss e gli scugnizzi ma gli agenti di polizia in una città caotica, dentro prigioni affollate, con esseri umani simili a zombie e dentro strutture familiari disgregate e rette solo dall’istinto di sopravvivenza che vede nel piccolo spaccio spesso l’unica speranza.
Il film è costellato di scene molto potenti anche se nelle oltre due ore di pellicola la parte centrale è un po’ ridondante. I dialoghi per lo più sono girati con il sonoro in presa diretta, un effetto di piacevole realismo e di “naturalezza” nello scorrere della vita. In particolare la prima e l’ultima scena mettono in evidenza l’originalità, l’abilità e in un paio di occasioni la genialità di un regista giunto appena alla sua opera seconda. Il cinema iraniano che fino ad ora ci aveva fatto vedere film “politici” estremamente interessanti, con Sei Milioni e Mezzo dimostra una crescita significativa anche con l’approccio ai generi.