Luciano Pavarotti, morto nel 2007 all’età di 72 anni, è uno degli italiani più famosi di sempre: il grande tenore modenese, oltre ad essere l’artista di maggior successo a livello internazionale del nostro paese (vendendo oltre 100 milioni di copie), è diventato una vera e propria star idolatrata in Italia ma soprattutto al di fuori dei confini nazionali. Il premio Oscar Ron Howard, per omaggiare la figura di un personaggio così amato, ha girato un documentario che mette a nudo la personalità di un’icona del Novecento: Pavarotti, film inserito nella selezione ufficiale della 14. edizione della Festa del Cinema di Roma e distribuito in sala dal 28 al 30 ottobre 2019 da Nexo Digital.
IL PAVAROTTI UOMO E ARTISTA COME NON L’AVETE MAI VISTO
Attraverso immagini e filmati inediti e non, accompagnati dalle interviste alle persone che più gli sono state vicine negli anni (tra cui grandi artisti come Bono Vox degli U2), Howard mostra al pubblico la storia di Pavarotti dalla giovinezza fino ad arrivare al successo planetario non tralasciando la vita privata del tenore, con un focus particolare sui suoi due matrimoni (il primo con Adua Veroni e il secondo, molto più chiacchierato a livello mediatico, con Nicoletta Mantovani).
RON HOWARD CONFEZIONA UN DOCUMENTARIO CANONICO CAPACE DI EMOZIONARE
Pavarotti, dal punto di vista della realizzazione, è un film tutt’altro che innovativo: il taglio del documentario infatti è molto canonico per dare maggior spazio alla parabola incredibile di un uomo che ha reso la musica lirica un fenomeno di portata globale. Quello che emoziona della pellicola è la personalità di Luciano Pavarotti, il suo immenso talento unito ad un’umanità straordinaria; all’interno dei filmati che ci vengono mostrati nel corso del lungometraggio (oltre ai video mai visti ci sono alcuni momenti fondamentali della carriera del tenore, come il concerto con Placido Domingo e José Carreras alle Terme di Caracalla del 1990) esce fuori non solo il carisma di Big Luciano ma anche l’influenza positiva che riusciva ad esercitare nei confronti di chi lo circondava.
Oltre ai successi riscossi, il documentario si focalizza sul Pavarotti privato nonostante sfiori superficialmente gli aspetti più discussi della sua vita: oltre a non trattare sufficientemente la questione delle polemiche scaturite dal rapporto sentimentale con la Mantovani, di 34 anni più giovane (bersaglio di una gogna mediatica senza precedenti), Howard avrebbe potuto concentrarsi maggiormente sulle feroci critiche che l’ambiente lirico pose nei confronti del tenore, colpevole di strizzare troppo l’occhio alla musica commerciale.
Al netto di una narrazione eccessivamente agiografica in alcuni punti, Pavarotti è il giusto tributo di un bravissimo regista ad un simbolo di italianità che ha rappresentato al meglio il nostro paese nel mondo, peculiarità sempre più rara ai nostri giorni.